Prima ancora di iniziare la disamina della presente registrazione, faccio una premessa in nome di un’onestà intellettuale sulla quale cerco sempre di fare affidamento nel mio ruolo, alquanto scomodo, di recensore, in modo da poter mettere in luce un aspetto soventemente disatteso, che si basa sul concetto del recensire e non su quello del recensire. Chi mi legge, sa perfettamente che non sono un grande ammiratore di quei programmi discografici imbastiti sulla commistione di vari generi musicali, ossia quelli che accomunano brani di musica colta (non fatemela chiamare “classica”, per favore) a quelli di musica di altro genere, che sia pop o quant’altro. Ma mi rendo subito conto, e qui torno a bomba su ciò che ho premesso sopra, che così facendo mi metto nei panni di un recensore, vale a dire di un Catone d’accatto che pondera su ciò che sia giusto o meno. Quindi, ammetto il mio difetto, le mie lacune di accettazione, il mio agire, se volete, con l’ausilio di un paraocchi, che mi obbliga a esternare le mie limitazioni, il che mi obbliga, di conseguenza, a vestire i panni più consoni di colui che recensisce, ossia cercando di oltrepassare, di andare über proprie convinzioni estetiche ed etiche.

La cover del CD Stradivarius con musiche per chitarra di autori classici e popolari.

Quindi, chiarito ciò passo oltre e mi dedico al disco che ho tra le mani, quello pubblicato non recentemente, in quanto risale al 2022, dall’etichetta Stradivarius e che vede quale protagonista la chitarrista Laura Mondiello che ha registrato un CD dal titolo Laura plays Laura, con un programma che vede brani quali Nocturnal after John Dowland di Benjamin Britten e Suite per chitarra e Fantasia per Laura di Giancarlo Facchinetti, ad altri come Laura di David Raksin, Alfonsina y el mar di Ariel Ramírez, Smoke gets in your eyes di Jerome Kern, Amours perdues di Joseph Kosma e The last waltz di Les Reed & Barry Mason, trascritti per chitarra rispettivamente da Laurindo Almeida, Fernando Alonso e Tōru Takemitsu, brani che, per l’appunto, rientrano di diritto nel calderone della cosiddetta musica pop (e da qui, si capisce meglio la mia premessa generale).

Nelle note di accompagnamento al disco, redatte dettagliatamente dalla stessa Laura Mondiello, si può leggere testualmente: «Come un piccolo articolato arcipelago, rispetto alla terra ferma rappresentata dal complesso del brano di Britten e da quelli di Facchinetti, il primo unanimemente storicizzato e i secondi senz’altro sulla via di esserlo, s’inseriscono cinque note canzoni appartenenti alla tradizione della musica pop. Apparentemente isolate, lontane dalla serietà del contesto classico appena descritto, eppur dense di propria originalità poetica, grazie anche all’inventiva dei musicisti che così bene hanno saputo farne arrangiamento per chitarra, le canzoni affiorano come ninfee tra le plumbee atmosfere implicate da Britten e Facchinetti, come un invito a liberare la mente e l’animo dalla meditativa introversione affine tanto al Nocturnal quanto alla Fantasia e alla Suite».

Quindi, tenendo fede a quanto afferma l’artista, vediamo di coniugare musicalmente una “meditativa introversione” con un “invito a liberare la mente e l’animo”, come a dire aggiungere gli ingredienti del sacro e del profano per ottenere una pietanza che abbia gusto e sapore, apprezzando al palato quanto dato simultaneamente dall’uno e dall’altro. Alla luce di questo “patto estetico”, si può anche comprendere meglio il titolo dell’album, Laura plays Laura, che evidenzia la mancanza di una programmaticità sistematica di tale progetto in nome di un viaggio personale fatto, come un Wanderer con la chitarra in mano, attraverso la “terra ferma” e un “piccolo articolato arcipelago”, anche se personalmente, almeno in questo caso, ammetto di preferire la solida terra ferma rispetto agli arcipelaghi nei quali si annidano pozze o peggio dove infradiciarmi le estremità inferiori.

Cominciamo dal “profano”, soffermandoci non tanto sulla “propria originalità poetica” dei cinque brani in sé, cosa della quale si potrebbe discorrere a iosa, quanto sulla caratura finale fornita dalla trascrizione per chitarra classica; va da sé che personaggi musicali, quali il brasiliano Laurindo Almeida e il giapponese Tōru Takemitsu, rappresentano delle garanzie in tal senso in quanto riescono a decodificare per questo strumento qualsiasi punto originale di partenza per giungere ad ottenere, in quello di arrivo, la medesima potenzialità espressiva, ossia salvaguardando la materia originaria applicandola ed esaltandola a beneficio della chitarra stessa (lo stesso non posso affermarlo per Fernando Alonso, che musicalmente non conosco se non per il fatto di comprendere che non si tratta dell’omonimo pilota automobilistico di Formula 1). In tal senso, Laura Mondiello riesce a far trasparire assai bene l’aura di sottile “ingenuità” che impregna questi brani (ingenuità è l’ingrediente indispensabile senza il quale non potrebbero appartenere al genere pop, che si ciba di tale ingrediente per poter trasmettere un carattere eminentemente “generalizzante” con il quale essere musicalmente pervasivo). Dunque, con la chitarra riesce a ricreare processi di spazialità atmosferiche, un’aurea sognante nella quale immergere l’ascoltatore, e ciò traspare soprattutto nel brano Alfonsina y el mar, in cui lo strumento è chiamato a restituire immagini e sensazioni emotive, il cui richiamo è anche e soprattutto extramusicale. Ciò che conta, insomma, è il sapere ri-costituire un respiro totalizzante ed è in dubbio che Laura Mondiello lo sappia fare molto bene.

Il compositore e direttore d'orchestra bresciano Giancarlo Facchinetti.

A proposito di aneliti totalizzanti, reputo che il merito principale di questo disco risieda nel fatto di aver fatto venire alla luce, purtroppo è così, due frammenti dell’opera del bresciano Giancarlo Facchinetti, che ancora attende quel dovuto apprezzamento da parte di un pubblico più vasto, in quanto la sua ricerca musicale è stata ammirevole nel tentativo di dare istanza a una pletora di stili partendo da una base che possiamo definire di dodecafonia generalizzata, in cui andare a fare germogliare altre peculiarità provenienti dal mondo barocco, dal melodramma, dal jazz e perfino dal prosaico varietà.

Se “Laura suona Laura” è anche per come altri hanno visto e considerato Laura, il brano Fantasia per Laura del compositore, pianista, direttore d’orchestra e didatta bresciano può rappresentare la cifra di questo incedere esistenziale/interpretativo, in quanto questa pagina, risalente al 2010, è stata dedicata proprio da Facchinetti alla nostra chitarrista. Brano nel quale le perigliosità tecniche si vanno continuamente a smorzare, ad addolcire in rotondità timbriche che permettono di fornire l’immagine sensibile di un’interprete attenta sia alla progettualità del fare musica, sia alla sua ultima essenza, quella che resta dopo il fare musica stesso.

Se poi il baricentro passa dall’esecutore al compositore, ecco che il piatto della bilancia pesa oltremodo su quest’ultimo attraverso un brano abissale come Suite per chitarra in quattro tempi scritto nel 2016, ossia un anno prima della morte di Facchinetti, al culmine della sua maturità artistica. Qui, l’interprete si deve tuffare in un mare di asperità dissonantiche, per immedesimarsi in una pescatrice di perle che deve sfidare la pressione per andare a individuare e prendere quelle più inaccessibili, e quindi più belle e pregiate. Le perle in questione sono le (rare) pause rasserenanti, dove non vige la legge dello stridor di denti, che non si annidano nel Preludio iniziale, né nel beffardo e martellante Scherzo che segue, ma semmai nell’Adagio, in cui la diafana tessitura è un letto di chiodi in cui solo un fachiro può trovare comodità e riposo, quindi rassicurante per pochi, grazie a fugaci accordi che trasformano il verticale in orizzontale, dando modo all’ascolto di poter finalmente planare, prima di dover saltellare di qua e di là, incessantemente, a causa della pletora di nervi scoperti offerti dal Finale, conditi da brevi oasi di riflessione timbrica, la cui sostanziale precarietà temporale non permette mai di abbassare la guardia.

Il compositore britannico Benjamin Britten.

Personalmente, considero il Nocturnal di Britten il vertice interpretativo di questo progetto discografico. Non può non colpire come Laura Mondiello affronti con una suprema asciuttezza le variazioni proposte dal compositore britannico, esaltandone l’intero impianto scarnificato, prosciugato, raschiato fino al midollo. In questo modo, la nostra interprete genera non solo nell’ascoltatore, ma in tutta l’architettura nel brano, un senso di estenuante attesa generata dal bisogno di risoluzione del tutto. Una risoluzione tematica, timbrica, affermativa che trova finalmente corpo, piena attuazione nel tema conclusivo di Dowland, con la luce che interrompe bruscamente la forza impattante delle tenebre. Ma, aspetto più importante, tale frattura, elemento chiave di tutta la composizione, non avviene in maniera traumatica, poiché il nodo di Gordio non viene da lei tagliato di netto con la lama di una spada, ma sapientemente sciolto attraverso una perfetta calibrazione agogica tra il prima e il dopo, restituendo così una compiuta unitarietà all’arcata generale del Nocturnal.

La chitarrista Laura Mondiello, protagonista di questa registrazione.

Altro capitolo assai importante di tale disco è la sua presa del suono, effettuata dal collaudato e affidabile Andrea Dandolo al quale va il merito di aver saputo restituire ogni minima sfumatura espressa dalle due meravigliose chitarre utilizzate da Laura Mondiello, una di Francisco Simplicio del 1926 e una di Manuel Ramírez elaborata da quello straordinario liutaio che è stato Santos Hernández. La dinamica è oltremodo precisa e netta, grazie a un coinvolgimento di velocità, energia e trasparenza. Ne trae quindi grande vantaggio il parametro del palcoscenico sonoro, nel quale l’interprete e il suo strumento sono ricostruiti al centro dello spazio acustico, a una discreta profondità, senza peccare in ampiezza e altezza del suono. Altrettanto di pregevole fattura è l’equilibrio tonale in cui il rapporto tra registro medio-grave e acuto risulta essere sempre distinto e percepito grazie a un’ottima focalizzazione delle frequenze emesse. Infine, il dettaglio è potentemente materico, anche nelle più tenui sfumature timbriche, con tanto, tantissimo nero capace di scontornare le due chitarre.

Andrea Bedetti

AA.VV. – Laura plays Laura

Laura Mondiello (chitarra)

CD Stradivarius STR 37238

Giudizio artistico 4,5/5
Giudizio tecnico 5/5

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