Questa pellicola di Stanley Kubrick risalente al 1964, nel mezzo della cosiddetta “Guerra fredda”, rappresenta una spietata e geniale analisi delle pulsioni autodistruttive dell’uomo, incarnate dalla figura del generale Jack D. Ripper, senza dimenticare la decisiva funzione data dalla colonna sonora di Laurie Johnson, che ha il merito di evidenziare e mettere alla berlina i comportamenti assurdi dell’essere umano
Quando si nomina Stanley Kubrick, le indelebili immagini delle pellicole che il regista ha scolpito nella memoria collettiva universale si affollano alla mente; una su tutte Arancia Meccanica (1971). Come dimenticare la celeberrima sequenza in cui il protagonista, Alex, viene costretto alla visione ininterrotta di immagini di “ultraviolenza” accompagnate dal quarto tempo della Sinfonia n. 9 del “Ludovico Van”? Sarà proprio l’affiancamento di questa colonna sonora a scene disturbanti, a venire giudicato da Alex come “un delitto”. Il linguaggio visivo è dunque impotente senza quello sonoro, in quanto è quest’ultimo a conferirgli forza e significato; se ci si concentra su questo concetto, si può afferrare il capo del filo di Arianna, da seguire per approcciarsi al pensiero di Stanley Kubrick.
Per il visionario artista, infatti, è la musica preesistente, creata dai grandi del passato, a contribuire a rendere immortali le immagini che scorrono sul grande schermo. Per questo motivo raramente fece ricorso a musiche originali, forse anche a causa di una sorta di imprinting avuto in giovane età con le musiche composte da Sergej Sergeevič Prokof’ev per il film Aleksandr Nevskij (1938) di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn, come racconta il suo amico d'infanzia e collaboratore Alex Singer. In questa pietra miliare del cinema, il climax, rappresentato dall'epica battaglia sul ghiaccio del 1242 combattuta dai contadini e soldati russi contro i Cavalieri teutonici, viene accompagnato dall'intramontabile composizione del musicista russo; questa pagina musicale colpì così profondamente Kubrick che, compratone il disco, ne ascoltò i passaggi orchestrali maniacalmente, a tal punto che la sorella, esasperata, dovette distruggerlo.
Ripercorrendo la filmografia del cineasta statunitense, si può notare come Arancia Meccanica non rappresenti certo il primo caso di musica preesistente nella sua produzione; già Il dottor Stranamore - Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba (1964) e 2001: Odissea nello spazio (1968) infatti, erano entrati nella storia del cinema anche grazie alla colonna sonora, che includeva brani di musica popolare e del repertorio classico. Nel nostro caso è interessante soffermarsi sulla pellicola meno discussa tra le due, Il dottor Stranamore, un film prodotto e sceneggiato dallo stesso Kubrick, tratto dal romanzo Red Alert (1958) di Peter George. Come tutti gli artisti, anche Kubrick avvertì il bisogno di esprimere, attraverso la cinepresa, le angosce, le incertezze e gli avvenimenti del proprio tempo.
Quelli, indubbiamente, furono anni difficili: nel 1961 fu innalzato il muro di Berlino, nel 1963 Martin Luther King marciò su Washington e John Fitzgerald Kennedy venne assassinato proprio quel 22 novembre in cui si sarebbe dovuta svolgere l’anteprima stampa del film. Così, il regista si fece interprete delle paure più o meno recondite dell’essere umano, fagocitandole nell'arte del cinema, per poi restituirle sullo schermo mascherate dall'ironia.
La trama della pellicola è nota: il generale psicologicamente instabile Jack Ripper ordina ai bombardieri B-52 di attuare il piano “R” contro l’Unione Sovietica, consistente nella deflagrazione di un ordigno nucleare come risposta a un attacco nemico. Questa azione però porterebbe all'innesco dell’“ordigno fine del mondo”, ossia una catena di esplosioni nucleari che porrebbe termine alla vita sul pianeta Terra. Nella War Room del Pentagono si susseguono così una serie di macchiette tragicomiche che evidenziano l’incapacità dei potenti della terra di evitare la catastrofe, condannando quindi l’umanità all'estinzione e il pianeta alla distruzione (un argomento, questo, ancora oggi molto attuale).
Kubrick si serve della chiave grottesca per descrivere le assurdità delle azioni umane e la scelta della colonna sonora aiuta in tal senso a veicolare il senso di illogicità e di paradosso. Nella sequenza dei titoli di testa, un KC-135 rifornisce di carburante un B-52; questo è quello che gli occhi ci suggeriscono, la musica però racconta un’altra storia. Non è presente alcun accompagnamento militaresco, come accadeva per esempio nei film e nei documentari d’epoca fascista, in cui il potere militare era esaltato da immagini e colonne sonore in perfetta armonia. Il brano utilizzato da Kubrick, al contrario, è Try a little tenderness - canzone composta da Jimmy Campbell e incisa da Ray Noble e Val Rosing nel 1932. La versione di Laurie Johnson ricorda lo stile musicale dei film degli anni ‘40, caratterizzato da sonorità sognanti, adatte ad accompagnare i film musical di Fred Astaire e Ginger Rogers, così come le rassicuranti commedie “buoniste” incorporate con generose dosi di Happy end. Nel caso del film di Kubrick, Laurie Johnson abbandona il ritmo jazz di Ray Noble e le atmosfere che richiamano alla mente il leggendario Cotton Club e l’orchestra di Duke Ellington, lasciando spazio a temi di ampio respiro melodico, grazie anche alla massiccia presenza degli archi e del flauto, che svetta con la bellissima melodia. Gli altri fiati (corni, trombe, tromboni) delineano il tema con morbidezza, insieme con il suono fluido dell’arpa che conferisce grazia e dolcezza al brano. Quello a cui si sta assistendo dunque “non è quello che sembra” e per poter interpretare Il dottor Stranamore la colonna sonora è come la funzione che ha la Stele di Rosetta, vale a dire trasmutare il significato di ciò che appare, in questo caso il rifornimento tra gli aerei dell’American Air Force, attraverso un impiego della musica che fa immergere questa scena in un contesto a tinte fortemente erotiche, iniziando ad assomigliare sempre più a un accoppiamento, anche grazie ai movimenti di camera oscillanti e alle mirate angolazioni delle riprese.
In tutte le scene girate a bordo del bombardiere B-52 invece risuona la melodia di When Johnny Comes Marching Home, brano composto durante la guerra di Secessione americana, ormai entrato a far parte del repertorio musicale delle Forze Armate statunitensi e impiegato in pellicole cinematografiche di tutto rispetto (basti citare capolavori come Die hard, Il grande dittatore e Via col vento). L’arrangiamento e l’orchestrazione di Johnson sono ammirevoli; il compositore rimane fedele alla forma della marcia militaresca facendo ampio uso di percussioni (rullanti, timpani, grancassa) e ottoni (nei quali il bassotuba ne è un affascinante comprimario musicale), ma senza cadere nella banalità o nella pomposità, poiché una parte delle percussioni sposta l’accento dal battere al levare, creando inevitabilmente un senso di instabilità. Così, il tema si rincorre “a canone” e i mormorii del coro sostituiscono le parole della canzone; inoltre, grazie a piccoli tocchi di orchestrazione, il brano assume sullo spettatore una valenza d’impatto iconico e indimenticabile.
La fine è ormai vicina, il maggiore “King” Kong sgancia la bomba - nella famosissima scena in cui cavalca l’ordigno, a sottolineare ancora una volta il richiamo alla sessualità voluto dal regista - e la musica ritorna a stupire lo spettatore. Questa volta le note sono quelle di We’ll meet again, celeberrimo inno alla speranza cantato divinamente da Vera Lynn, nonché sigla di chiusura del suo programma radiofonico “Sincerely Yours”, popolare negli anni della Seconda guerra mondiale. Johnson non ha dovuto “ritoccare” questa perla della musica popolare (composta da Ross Parker) che stride con le immagini dei funghi nucleari. La voce della cantante inglese, noncurante della catastrofe che le immagini raccontano, inneggia a un futuro idilliaco, in cui ci si potrà ricongiungere con i propri cari in una giornata di sole.
Ecco che Kubrick affida alla dimensione sonora il compito di chiarire, anche al più distratto degli spettatori, il messaggio di fondo dell’intero film: l’essere umano reclama con orgoglio la propria intelligenza e superiorità verso qualsiasi altra forma di vita, eppure, distratto dal richiamo sessuale, uno dei più forti istinti esistenti, corre a briglie sciolte verso la distruzione. Il regista condanna la pochezza di un bambino-uomo che si diletta con giochi troppo grandi anche per lui, che non si rende conto della devastazione che semina perché ancora dominato da istinti primordiali; lo stesso istinto a cui Kubrick si rivolge con la musica, avendo compreso che dietro alle note si cela un linguaggio segreto che parla direttamente alla parte animale dell’uomo e che scatena, ancora una volta, l’istinto primordiale.
Beatrice Bassi
Il dottor Stranamore – Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba
1964, B/N, Columbia Pictures
Regia: Stanley Kubrick
Musiche: Laurie Johnson