Il secondo film di Gabriele Mainetti è un autentico kolossal del cinema italiano e riesce a far coesistere il retaggio del neorealismo con le pellicole dei supereroi Marvel; il tutto viene cementato perfettamente, come ci spiega Beatrice Bassi, dalla musica di Michele Braga con un mix di rock, musica classica ed effetti elettronici

Freaks out è una rivincita del cinema italiano, un omaggio al neorealismo di Rossellini e De Sica ma con la grinta del cinema fantasy statunitense; guardando il film, accomodati sulle poltrone del cinema, non si può fare a meno di pensare che, finalmente, il mondo della cinematografia italiana stia alzando la testa dopo anni di scarsa qualità e inventiva. Tanti sono i rimandi alle origini della fotografia in movimento, da George Méliès a Tod Browning (regista, quest’ultimo non a caso, del leggendario film Freaks del 1932), fino ad arrivare ai grandi western di Sergio Leone.

I cinque "fenomeni da baraccone" protagonisti di Freaks out, l'ultimo film-kolossal di Gabriele Mainetti.

Gabriele Mainetti, dopo Lo chiamavano Jeeg Robot, firma un film che non ha nulla da invidiare alle produzioni hollywoodiane - gli effetti speciali, come lo stesso regista non ha mancato di sottolineare, sono costati la cifra record di 12.847.000 euro; questo grande impegno di post-produzione si coniuga con una complessità di trama, ricca di storie secondarie che si intrecciano tra di loro, e una raffinatezza di scelte di sceneggiatura con cui vengono descritti i personaggi, mai dichiaratamente eroi o antieroi. Non per nulla, Nicola Guaglianone, il padre del soggetto della pellicola, ha dichiarato: «I miei villain sono cattivi per motivi particolari, perché hanno perso qualcosa o perché hanno subito un trauma: non sono solo cattivi». Inoltre, l’italianità è altresì presente per precisa volontà del regista, a causa della cadenza romanesca degli attori e non della discutibile dizione degli interpreti.

La storia segue le difficoltà che quattro personaggi, decisamente fuori dal comune, dovranno superare: Fulvio (Claudio Santamaria), l’uomo-lupo fortissimo e completamente ricoperto da peli, Mario (Giancarlo Martini), il magnete umano, Cencio (Pietro Castellitto), in grado di controllare gli insetti e la protagonista, Matilde (Aurora Giovinazzo), capace di generare elettricità e di fulminare chiunque al più leggero tocco. Questi “fenomeni da baraccone” vivono in una Roma invasa dai nazisti, nel pieno quindi della Seconda guerra mondiale, e si ritroveranno a dover fronteggiare la cattiveria della mente delirante di Franz (Franz Rogowski), il proprietario del famoso Circus Berlin, nonché visionario che, potendo prevedere il futuro e dunque l’imminente disfatta del nazismo, si convincerà di poter fornire a Hitler dei superuomini che, grazie alle loro straordinarie abilità, potranno cambiare le sorti della guerra a favore dei tedeschi.

Il regista Gabriele Mainetti e il compositore Michele Braga, che hanno composto le musiche del film.

La colonna sonora è firmata da Michele Braga, in collaborazione con lo stesso Mainetti, dando così continuità a un sodalizio iniziato nel 2008 con il cortometraggio Basette e continuato ne Lo chiamavano Jeeg Robot del 2015. Il commento musicale coadiuva perfettamente la visione distopica del regista in cui passato e futuro si incontrano; sono infatti presenti molti elementi della musica tradizionale italiana: «Non volevamo scimmiottare il cinema americano», spiega Braga, «ma volevamo rifarci alla nostra tradizione, alle musiche che abbiamo ascoltato nel nostro cinema, e alla musica classica. Come, poi, è sempre stato fatto».

Fanno la loro comparsa strumenti poco conosciuti, affidati ai personaggi, quasi come a caratterizzarli: Matilde, la ragazza “elettrica” si muove sulle note di un theremin- strumento che si avvale proprio della corrente elettrica per emettere il suono - la celesta, che contraddistingue Cencio, il clarinetto per Israel, la tromba per Mario e la chitarra per Fulvio.

La decisione di completare la descrizione dei protagonisti anche da un punto di vista sonoro, quindi, fa sì che la musica assuma un ruolo fondamentale all’interno della pellicola. Il compositore ha dichiarato: «Ci siamo subito chiesti che tipo di musica poter immaginare per la storia, come declinare i tanti personaggi e la cornice. Il percorso è stato lungo, ma la percezione finale è stata che la musica doveva avere un ruolo principale». Con il procedere del film e l’alternarsi delle vicende, anche la colonna sonora si trasforma e si plasma, perché, come sottolinea Braga, «volevamo seguire l’arco narrativo dei personaggi. E così anche i vari temi, alla fine, tendono a fondersi, a unirsi, a diventare qualcosa di completamente nuovo. La musica deve trovare il suo equilibrio e il suo posto. Gli strumenti dialogano».

La locandina della pellicola, i cui effetti speciali sono costati quasi tredici milioni di euro.

Una vera rivoluzione ci si presenta sulle note del pianoforte di Franz; una grande intuizione quella avuta dal compositore e dal regista, che decidono di affidare a questo strumento la rielaborazione di brani della cultura moderna e della sfera musicale alternativa, come Creep dei Radiohead o Sweet Child O’Mine dei Guns N’ Roses. Il pianista, avendo ascoltato i brani citati durante le sue “incursioni” nel futuro, li ripropone, arrangiati al pianoforte, negli show di apertura delle serate al Circus Berlin, suscitando l’entusiasmo degli spettatori. In effetti, qualche dubbio sorge spontaneo riguardo all’accoglienza che brani così moderni e forse troppo lontani da ciò che gli uomini degli anni ’40 avrebbero potuto ricevere. Noi uomini del 2021 invece non possiamo che amare questa versione virtuosistica di brani rock, facendo quasi venir voglia di poter assistere a interi concerti in questa chiave.

«Il terzo atto è un enorme concerto sinfonico: da una parte c’è la marzialità degli eserciti e dall’altra hai l’individualità dei nostri personaggi», spiega ancora Braga, e ciò è evidente nell’utilizzo degli strumenti musicali, più semplici e legati alla tradizione come l’armonica a bocca e la fisarmonica in Benvenuti al Zirkus Berlin, America e naturalmente nel main theme di Freaks Out, ma con l’avanzare dalla storia anche la strumentazione cresce, avvicinandosi alla classicità di Strauss e Beethoven, come in Nel forno e Mein Herr. In Sul campo di battaglia, Salviamo Israel e Sala Torture è chiaro invece il richiamo a Hans Zimmer e alla sua inconfondibile grandiosità di orchestrazione, con un ritmo incalzante e coinvolgente, cambi repentini di ritmo e con un ricco chiaroscuro orchestrale.

Una scena del film, ambientato nella Roma del 1943, sotto l'occupazione nazista.

Quello della musica in Freaks Out è un percorso variegato, nel quale convivono numerosi mondi che si intersecano fra di loro: l’atmosfera sognante di Nino Rota, la classicità, echi di musica etnica, venature di suoni elettronici, quasi una piccola storia della musica con l’invidiabile idea della sintesi, sostenuta da una costante scansione ritmica.

Una curiosità: l’intera colonna sonora è stata scritta in forma concerto, eseguibile quindi nella sua interezza senza alcuna interruzione, da settanta musicisti e dieci solisti; una vera rarità al giorno d’oggi in cui la partitura è un collage di temi e melodie, uniti solamente in post-produzione.

Edita da Edizioni Curci e Goon Films, orchestrata da Emanuele Bossi ed eseguita dalla Czech National Symphony Orchestra di Praga, questa colonna sonora si è aggiudicata il premio Soundtrack Stars Award 2021 alla 78° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, in perfetta armonia con una pellicola che promette, almeno è ciò che auspichiamo, di essere la prima di una lunga serie di “film della rinascita” del cinema italiano.

Per chiudere con le parole del regista, Freaks out non è altro che «Un film su mostri che agiscono come uomini e uomini che agiscono come mostri». E il potere misterioso della musica ne fa da straordinario collante.

Beatrice Bassi

Freaks out

Anno: 2021

Regia: Gabriele Mainetti

Musiche: Michele Braga