Beatrice Bassi analizza la colonna sonora composta da Carter Burwell per Gods and Monsters, film del 1998 che valse al regista Bill Condon l'Oscar per la Migliore sceneggiatura, mettendo in rilievo come la chiave minimalista scelta dal musicista americano non riesca ad aiutare lo spettatore ad entrare nei meccanismi mentali del grande regista inglese, protagonista della pellicola e autore di classici horror come Frankenstein e La moglie di Frankenstein
La vita di James Whale potrebbe essere degna di un film: questo deve essere stato il pensiero di Bill Condon, regista della pellicola Demoni e Dei (Gods and Monsters) del 1998. Una domanda sorge poi spontanea: come riuscire a restituire allo spettatore la pura essenza di un personaggio così complesso e dalla vita così sfaccettata? Sarebbe affascinante poter sentire la sua versione, le sue parole, i pensieri che lo attanagliavano dopo il suo ritiro dai riflettori, dopo aver firmato capolavori del genere horror come Frankenstein (1931) e La moglie di Frankenstein (1935).
Il regista britannico, infatti, ormai considerato il “padre” dei film horror, a causa della sua dichiarata omosessualità, venne deriso e severamente attaccato dagli esponenti della Hollywood degli anni ‘30, conservatrice e bigotta; sono proprio i suoi giorni lontani dalla cinepresa l’oggetto dell’“indagine” di Condon. Servendosi dello stratagemma del racconto in prima persona, egli accompagna lo spettatore attraverso un viaggio nella mente di Whale, ripercorrendo i momenti salienti della sua vita, i successi e le amarezze. Grazie all’immenso talento di Ian McKellen poi, prende vita l’accurato ritratto di un uomo intelligente, eccentrico, ironico e riflessivo, incapace di affrontare la prospettiva di un futuro “pieno di sofferenza e malattia”, identificando nel suicidio la perfetta uscita di scena.
Il film si è aggiudicato nel 1999 l’Oscar per la Migliore sceneggiatura a Bill Condon, regista newyorchese, padre di pellicole dal calibro di Dreamgirls e The Twilight Saga: Breaking Dawn part. I-II; la colonna sonora, invece, è firmata da Carter Burwell ed è stata premiata con il Los Angeles Film Critics Association Award. I due artisti avevano già collaborato per film quali Kinsey (2004), Il quinto potere (2013), L'inganno perfetto (2019) e i già citati Dreamgirls (2006) e The Twilight Saga: Breaking Dawn – Part I-II(2011-2012). Burwell, rinomato a Hollywood per aver firmato tutte le colonne sonore dei lavori dei fratelli Coen, è stato autore di grandi successi come Fargo(1996), Il grande Lebowski (1998), Essere John Malkovich(1999) e Tre manifesti a Ebbing, Missouri (2017).
Come nelle precedenti pellicole, in Demoni e dei, il compositore mostra una grande destrezza nel creare modulazioni originali e nel saper giocare senza alcuna difficoltà con la melodia; lo stesso regista si disse pienamente soddisfatto del lavoro di Burwell: «La musica era proprio come l’avevo sperata - controllata, piena di mistero e, come la musica di Waxman (il compositore della colonna sonora di Frankenstein, NdA), irrisolta».
Dalla prima traccia “Arise, Clay” ci si sorprende di come con semplici note di pianoforte e un abile cromatismo, il compositore riesca a creare tensione e allo stesso tempo malinconia, avvalendosi anche di strumenti come shaker, sonagli e campane. Da questo brano intuiamo l’intero “mood” del film che ci accingiamo a vedere, nonché la complessa architettura mentale di Whale: un groviglio di sensazioni contrastanti, ironia graffiante e tristezza profonda.
Il tema ricorrente fa la sua prima apparizione sonora in “Dripping”, per poi venir rimaneggiato e ampliato in “Frankenwhale”; qui il compositore compie un lavoro di vero e proprio lavoro di adattamento del suono alla trama. Conferisce, infatti, al primo brano la connotazione di un valzer lento, con brevissimi accenni di carillon (celesta) a commento delle immagini della giovinezza del protagonista mostrate sullo schermo e al secondo brano di un valzer tragico, evidentemente ispirato alle colonne sonore dei classici dei film horror- tra cui naturalmente i lavori di Waxman. Qui, le note si uniscono a formare un’unica colonna di suono, sempre più ricca e d’effetto, ma che lentamente si sgretola; una trovata strana, come la definì Condon in un’intervista: «La scena in cui Whale descrive la sua dickensiana infanzia attraverso un rabbioso, amaro monologo è accompagnata da… un valzer. Espressi la mia preoccupazione a Carter, il quale mi suggerì di aspettare e ascoltare le altre tracce. Il tema riemergeva durante il flashback di Whale delle trincee nella Prima Guerra Mondiale e poi ancora nella sequenza-sogno sul set di La sposa di Frankenstein. Gradualmente, il mio lento cervello iniziò a capire cosa intendesse Carter: aveva evitato l’approccio più scontato, avvalendosi di variazioni sui famosi temi di Waxman in Bride, creando un terrificante valzer».
Il tema viene poi ripreso in “Love in the Trenches” e “Barnett on the Wire”, sebbene ammorbidito e ampliato, a commento della triste storia d’amore tra il protagonista e il soldato Barnett durante il primo conflitto mondiale. “Wrestling the Monster” può essere definito un brano di svolta; si è in presenza ancora una volta di un valzer, questa volta lento, triste, elegiaco, caratterizzato da movimenti ponderati, quasi al rallentatore; ognuno di questi però, così come ogni progressione armonica, raggiunge un punto conclusivo, una risoluzione. L’ultima traccia, “Friend?”, è una composizione dall’ampio respiro, al quale Burwell ha affidato il compito di commuovere lo spettatore, con sonorità che ricordano l’immensità dello spazio, così come l’immensità di una mente umana contorta, quella di Whale; un’iniziale domanda-risposta tra note acute e gravi, sembra delineare un tema (Do, re, mi / mi-re-do-la) che però viene subito abbandonato dal compositore, come da sua abitudine.
Nel complesso, la colonna sonora di Gods and Monsters è effettivamente lo specchio del film che scorre sullo schermo; un tentativo - forse vano - di rappresentare la complessità delle emozioni umane, tanto articolate e legate tra loro da non poter essere definite. Così, il regista, insieme con il compositore, finiscono per lasciare nello spettatore un senso di sospensione, di irrisolto. Non è semplice capire quale fosse l’intenzione di Burwell nel creare continuamente accenni di temi senza mai svilupparli; lo stile minimalista è indubbiamente un filo conduttore di questa score- basti notare che la maggioranza delle tracce sono costruite su cinque note o poco più - è il caso di “Refreshments” o “Last Swim”.
Innumerevoli effetti sonori, brevi e incisivi, seppur legati all’idea del tema principale, melodie orientaleggianti, richiami al mondo operistico - è chiaramente presente il fantasma di Puccini - rischiano di confondere l’ascoltatore, impedendogli di focalizzare l’attenzione su un elemento, venendo subito distratto da un altro, apparentemente scollegato dal primo e così via.
Che sia stata volontà del compositore? La risposta può essere soggettiva, ma la domanda appare indubbiamente lecita.
Beatrice Bassi
Demoni e Dei - Gods and Monsters
Anno: 1998
Regia: Bill Condon
Musica: Carter Burwell