Quando ci si imbatte nell’espressione “musica per bambini”, e ciò avviene frequentemente nel mondo della musica classica, si crede d’acchito che quella determinata composizione possa attrarre l’attenzione o quantomeno la curiosità dei più piccoli per il semplice fatto che apparentemente è indirizzata a loro. Ma, a pensarci bene, quella che viene composta, che sia un’altissima composizione come il Children’s Corner di Debussy o una canzoncina presentata da un bimbo nel corso di uno Zecchino d’oro, non è musica “pensata” per i bambini, bensì “immaginata” per loro, il che è una cosa assai diversa, poiché il pensare una cosa significa immedesimarsi in essa, ossia entrare dentro di essa, mentre immaginare una cosa è cercare, con la mente e con la fantasia, di avvicinarsi ad essa, ovvero restare al di fuori di essa.

Da ciò possiamo capire come gli adulti siano del tutti avulsi dal poter immedesimarsi in un bambino che ascolta e cerca, possibilmente, di assimilare un messaggio musicale; e questo perché chi compone, ossia l’elemento originario del processo artistico, non è un bambino che si rivolge a dei coetanei, ma una persona adulta che cerca di entrare in contatto con la sfera dell’infanzia attraverso un messaggio fatto di suoni che crede possa incontrare il favore e l’interesse dei più piccoli. Se poi, all’interno di questa riflessione, aggiungiamo anche quelle opere musicali che sono state create da artisti che hanno voluto dare voce al bambino che si celava in loro, come nel caso dei Kinderszenen di Schumann e Lo schiaccianoci di Čajkovskij, o da un punto di vista eminentemente tecnico, come i Mikrokosmos di Bartók, e pedagogico, come la favola musicale Pierino e il lupo di Prokof’ev o The young person’s guide to the orchestra di Britten, allora il tutto si complica tremendamente, perdendo inevitabilmente di vista quella che resta fondamentalmente un obiettivo impossibile da raggiungere: fare musica per bambini, per via di uno sfalsamento comportamentale, emotivo, intellettivo che impedisce all’adulto di poter regredire volontariamente ed efficacemente allo stato infantile e, in tale veste, creare qualcosa di artisticamente pregnante.

Quindi, la cosiddetta “musica per bambini”, canzoncine zuccherose da Mago Zurlì a parte, che nulla hanno a che fare con l’espressione artistica, è destinata a restare un qualcosa che appartiene di diritto al mondo degli adulti ed indirizzata esclusivamente a loro, ben sapendo che ciò che viene descritta è soltanto un modo di vedere e di considerare il mondo dell’infanzia con gli occhi e la mente di chi è ormai adulto.

Ed è così che in fondo dobbiamo considerare e ascoltare il disco che la pianista e compositrice napoletana Maria Gabriella Mariani ha pubblicato con la Da Vinci Classics e che ha voluto dedicare per l’appunto a due capisaldi della cosiddetta letteratura pianistica per bambini, i Kinderszenen di Robert Schumann e il Children’s Corner di Claude Debussy, ai quali ha aggiunto anche una sua composizione, Kinderliana.

La musicista campana rappresenta quasi un unicum nel panorama dell’interpretazione musicale, in quanto, come ha spiegato ella stessa nell’intervista rilasciata tempo fa a MusicVoice, la sua concezione estetica la spinge a confrontarsi non solo con la materia dei suoni, ma anche con quella letteraria e con quella scientifica, in particolar modo con la fisica quantistica. Una peculiarità, questa, che si è già manifestata in occasione dell’uscita del precedente lavoro discografico della Mariani, Pour jouer – Virtuoso Piano Work, sempre per la Da Vinci Classics, quando in concomitanza, quale diretta propagazione del suono che si trasformava in parola, ha pubblicato il suo romanzo Ologramma – Sette vite per non morire (edito da Guida) e che viene adesso ribadita dall’autrice con due altre opere letterarie, La voce di Alin, che rappresenta idealmente un ulteriore segmento, sotto forma narrativa, di quanto è già presente in Kinderliana, e I racconti di Dora e Lucia, che contengono altri racconti che portano gli stessi titoli dei brani contenuti in Kinderliana.

Ma la Mariani è anche e soprattutto interprete e in tale veste si manifesta nella sua lettura delle due celeberrime opere di Schumann e di Debussy nella presente registrazione ed è interessante notare come l’esecuzione che la vede protagonista abbia un denominatore comune dato dal fatto che sia i Kinderszenen, sia il Children’s corner vengano bilanciati, equilibrati dalla presenza di Kinderliana che si pone al centro, tra la pagina schumanniana e quella debussyana; vale a dire un perno dal quale si irradia la concezione dell’artista napoletana non solo come compositrice, ma anche come interprete, andando quindi a riflettere sul tipo di lettura da dare all’opera del compositore tedesco e a quella del musicista francese. La visione che Maria Gabriella Mariani dà ai Kinderszenen è basata soprattutto dall’uso dell’agogica attraverso la quale intende dare una diversa raffigurazione o, per meglio dire, angolazione del capolavoro schumanniano. E questo lo si avverte fin da Von fremden Ländern und Menschen, la “porta d’ingresso” dalla quale si lascia il mondo reale per accedere a quello inconscio-fanciullesco di Schumann, così come l’Alice di Lewis Carroll che entra nel Paese delle meraviglie inseguendo un coniglio bianco cadendo in una buca profonda che fa da spartiacque tra il mondo reale e quello immaginario. Un’agogica che rende il suono sognante, ma anche rappreso, subitaneo come un pensiero che attraversa in un lampo la mente e che trova la sua conferma nell’esecuzione di brani come Am Kamin, Fürchtenmachen e Kind im Einschlummern, tutti contrassegnati da un’impalpabile frenesia interiore che tende a dilatarsi o a restringersi, dove le leggi del tempo si annullano, perché l’obiettivo che si pone Maria Gabriella Mariani con la sua lettura (e questo non riguarda solo i Kinderszenen) è di far assurgere all’eloquio musicale un ulteriore mistero offrendo all’ascoltatore un nuovo modo di concepire la dimensione temporale che si rende liquida nel procedere sonoro, cosa che accade proprio in Kind im Einschlummern che assume un afflato ipnotizzante, avvolgente.

Ma il cammino che l’interprete e compositrice campana sceglie, iniziando con Schumann e terminando con Debussy, ha anche una valenza per così dire iniziatica, come lo è quello che Pollicino percorre disseminandolo di sassolini bianchi affinché possa ripercorrerlo sotto una nuova luce, così come possiamo intenderlo nella nostra dimensione adulta. Questa forma di “iniziazione d’ascolto” parte dalle più remote regioni dell’inconscio per tendere a precisarsi nella forma e nella percezione temporale con l’avanzare del cammino stesso. E se i Kinderszenen rappresentano un sorprendente, meraviglioso viaggio nell’inconscio dove l’adulto torna ad essere bambino (o come Alice che nel Paese delle meraviglie scopre finalmente chi è ella stessa), il processo di affioramento avviene con Kinderliana, composizione in undici quadri nei quali Maria Gabriella Mariani non abbandona il linguaggio tonale, portandolo a una maggiore concrezione formale, donando una precisione geometrica al sogno, alle proiezioni infantili, facendo e vedendo crescere il protagonista, l’Io favolistico che alberga nell’uomo (le fiabe, non dimentichiamolo, pedagogicamente hanno la funzione di far crescere attraverso la forza avvincente del racconto, mito che divine storia liofilizzata), e offrendo non solo consonanze, ma anche dissonanze (l’Introduzione di Kinderliana in ciò è paradigmatica, onde permettere a chi ascolta di comprendere che è giunto a una nuova tappa del cammino). Così, storia e sogno, rimpianto e desiderio, proiezione e fugaci squarci di realtà si alternano nei vari quadri che portano titoli “apparentemente” infantili (Il soldatino d’argilla, La bambola animata, Il trenino cappuccino, Il pappagallo Corsu) nei quali dipanare un ininterrotto “flusso di coscienza” prima che cresca, che diventi adulto, un flusso capace di radicarsi in modo particolare nei due quadri finali prima della Conclusione, ossia Il pappagallo Corsu e Alin (quest’ultimo fa appunto da trait d’union con l’opera narrativa di cui si è già accennato). Maria Gabriella Mariani è un’appassionata cultrice della musica francese di fine Ottocento e inizio Novecento e anche a livello compositivo ciò si avverte (il mio pensiero, ascoltando Kinderliana, è andato soprattutto al giovane Ravel, capace di conciliare forma e istanze raffigurative).

L’affioramento, la focalizzazione, la presa di coscienza, un aspetto questo che si ottiene con l’abbandono della fanciullezza, giunge nel cammino di Maria Gabriella Mariani, nelle vesti di un Pollicino adulto, con l’interpretazione di Children’s corner, che di fanciullesco ha fondamentalmente solo il titolo, in quanto, come si è detto all’inizio, Debussy non compone una suite pianistica pensata per i bambini, ma immaginata per loro, fissandolo nella dimensione umana di sua figlia Emma-Claude. Quando si pensa a Debussy e alle sue opere si deve sempre fare un processo di traslazione, di transfert, realizzando che dietro ai titoli, alla dimensione musicale si cela un mondo di immagini, come quelle che popolano la vita dei bambini. E la lettura dell’artista campana è votata a una sottile linea in cui elemento ritmico e mix di sfumature ironiche (Golliwoog’s Cake-Walk) e trasognanti (The snow is dancing) si alternano o si congiungono, per comporre un quadro totalizzante in cui la forma sonora del pianoforte assume un contesto sempre più focalizzato, poiché l’ultimo tassello del cammino polliciniano doveva per forza di cose ultimarsi in una messa a fuoco che dalle forze inquietanti schumanniane dell’inconscio doveva approdare a una manifestazione precisa (dobbiamo forse chiederci per quale motivo Children’s Corner è stato uno dei brani prediletti di Benedetti Michelangeli?), quasi olografica del sogno che è destinato a staccarsi come una crosta per divenire infine realtà.

E tutto ciò Maria Gabriella Mariani lo racconta o, per meglio dire, lo svela con un pianismo che è, osando un ossimoro, frutto di un “ordine anarchico”, ossia mutuato da una lettura nella quale la precisione del gesto, della resa timbrica, dell’uso dei pedali, doveva rendere sia la dimensione di ciò che resta ancora infantile, sia la percezione che dietro a quell’idea di infanzia c’era già il sorgere dell’individuo adulto, di colui che non pensa di essere ancora un bambino, ma immagina di esserlo.

Di buona fattura la presa del suono capace di restituire una dinamica rocciosa del pianoforte, ma anche esaltando i ppp grazie a una microdinamica veloce e a degli armonici veritieri. E se il palcoscenico sonoro ricostruisce lo strumento in modo ravvicinato, ma non fastidioso, l’equilibrio tonale e il dettaglio contribuiscono a rendere fisicamente e timbricamente l’ascolto più coinvolgente.

Andrea Bedetti

Schumann – Mariani – Debussy – Fairy Tales

Maria Gabriella Mariani (pianoforte)

CD Da Vinci Classics C00162

 

Giudizio artistico 5/5

Giudizio tecnico 4/5