Disco del mese di Novembre 2024 

Se è vero che l’immaginazione è un dono speciale di cui l’uomo si serve anche per finalità puramente artistiche attraverso quello straordinario carburante chiamato fantasia, è altrettanto assodato che il concetto stesso dell’immaginazione, permeato dalle visioni generate dalla fantasia non sempre sono state viste e considerate sotto un’ottica positiva. Questo perché se la sfera del “fantastico”, nel senso di immaginato, inventato, non era sorretto e manifestato da un piano logico o da uno scopo preciso non poteva essere considerato conciliabile con le regole imposte da una certa arte antica, soprattutto quella posta sotto l’egida implacabile della religione. D’altronde, la ricerca e la fuga verso i cosiddetti “mondi fantastici” hanno rappresentato spesso risposte e difese contro ciò che era all’opposto eccessivamente ordinato, precostruito, incapace di considerare e di accettare la sfera umana influenzata dagli sbalzi d’umore, dall’irruzione del patologico, da tutto ciò che non vantava  un principio rigorosamente “ortodosso”.

La cover del CD TYXart con brani per organo dedicati al concetto del fantastico in musica.

Tra quei “mondi fantastici” immaginati e concretizzati da uomini controcorrente con le loro opere artistiche, c’è stato nel corso del XVII secolo un particolare stile musicale, denominato Stylus phantasticus, che chiedeva agli artisti di oltrepassare i confini e di infrangere le regole a favore di una maggiore espressività. E, in parte, questo nuovo CD dell’etichetta discografica TYXart, dal titolo Fantastic Worlds. Organ Transformations e che vede l’organista Roman Emilius eseguire brani di dieci autori da Frescobaldi fino a Saint-Saëns, è dedicato proprio a quanto enunciato all’epoca dallo Stylus phantasticus (gli altri compositori presi in esame sono Buxtehude, Bach, Mozart, Chopin, Schumann, Boëly, Reger e Verdi).

Questo Stylus phantasticus, per ciò che riguarda il CD in questione, si riflette in Frescobaldi, soprattutto per ciò che riguarda le sue Toccate e in Buxtehude. Il primo brano della playlist riguarda proprio una pagina del grande musicista ferrarese, la Toccata prima tratto dal suo Secondo libro di toccate, canzone, versi d’hinni, Magnificat, gagliarde, correnti et altre partite d’intavolatura di cembalo et organo, pubblicato a Roma nel 1627. La costruzione formale di questa splendida pagina è un esempio di come il concetto della fantasia possa essere applicato alla musica. Il tutto prende inizio da un accordo di sol minore, per poi assumere gradualmente una maggiore complessità e un’introspettiva profondità attraverso un costrutto che rivela note di malinconia, anche se poi alla fine il brano si trasforma in un tempo Vivace di 12/8, facendo esplodere la sua brillantezza, come un’esplosione di immaginazione che si dispiega liberamente, senza freni e senza imposizioni.

Grazie allo scambio proficuo di informazioni e ai viaggi effettuati da appassionati e musicisti tedeschi in Italia, lo Stylus phantasticus si diffuse anche in Germania, dove fiorì soprattutto nel nord del Paese. E tra coloro che furono affascinati da questo stile compositivo vi fu il grande Dietrich Buxtehude che lo instillò soprattutto nei suoi Preludi, come quello qui presentato da Roman Emilius, il Preludio in sol minore BuxWV148, che sono strutturati in più parti, le quali entrano in contrasto le une con le altre, anche grazie alle maggiori possibilità timbriche presenti negli organi della Germania settentrionale rispetto a quelli italiani dell’epoca. Il Preludio in questione prende avvio in modo improvvisativo, ma in realtà ciò che sembra del tutto spontaneo è al contrario ben pensato e organizzato. Questo incipit così particolare permette ne suo dispiegarsi di dare vita al tema della seconda fuga, mentre il tema della prima fuga sembra sbucare dal nulla. Ma quando il tutto assume un pathos troppo pronunciato, ecco che Buxtehude decide di dissolverlo conferendo al soggetto una veste grottesca, che assumono i contorni dei beffardi doccioni presenti sulle facciate delle cattedrali gotiche. Anche qui, come nella Toccata di Frescobaldi, il preludio di Buxtehude si rivela solo dalla sua fine, con i registri bassi che mettono in risalto con forza una forma di ciaccona.

Particolare del dipinto Häusliche Musikszene di Johannes Voorhout, datato 1674, con quello che dovrebbe essere il ritratto di Dietrich Buxtehude.

A volte, la fantasia e l’immaginazione hanno il compito di rappresentare una fase di passaggio, come quella che dalla vita conduce alla morte. Ora, la Fantasia in fa minore per organo meccanico K 594 di Mozart in un certo senso svolse musicalmente questa funzione. Questa Fantasia è la prima di un gruppo di tre brani, gli altri due sono il K 608 e il K 616, che furono composti da Mozart nell’ultimo anno di vita e destinate all’organo meccanico del conte Joseph von Deym von Střítež, un mecenate e ceroplasta boemo, il quale volle con queste tre pagine organistiche commemorare un famoso condottiero austriaco, il feldmaresciallo Ernst Gideon von Laudon. Il sommo salisburghese non amava questo particolare organo, ma come spesso accadde accettò l’incarico per ragioni economiche.

In altre occasioni, la fantasia può unire bambini e adulti, anche se i primi dai secondi possono concepire la forza immaginativa in un modo del tutto diverso, con una innocenza e una ingenuità che fa trasfigurare il tutto. Un esempio di ciò è la comica Bärentanz (ossia Danza dell’orso) di Schumann, tratta dalla raccolta Pezzi per pianoforte per bambini piccoli e grandi op. 85 per pianoforte a quattro mani e che qui l’organista tedesco ha adattato al suo strumento. Qui, l’immagine dell’orso che danza viene resa dal registro di fagotto di sedici piedi dell’organo, che conferisce sia una melodiosità timbrica, sia un effetto grottesco che può essere colto solo da un pubblico adulto. Anche in un altro brano pianistico di Schumann, la Schlummerlied (Ninna nanna), che fa parte dell’Albumblätter op. 124, riappare nella parte centrale l’immagine dell’orso che danza, cosa che viene messa in evidenza dall’arrangiamento fatto dal compositore e organista inglese William Thomas Best e che Roman Emilius presenta nella sua interpretazione.

Alexandre Pierre François Boëly visse in un’epoca, ossia la prima metà dell’Ottocento, in cui la pratica organistica conobbe un momento di stanchezza e di poca diffusione. E di certo non contribuì a favore di questo autore il fatto che fosse musicalmente un acceso conservatore, cosa che gli precluse un maggiore successo presso il pubblico del proprio tempo. Eppure, la sua Fantasia e Fuga in si maggiore che fa parte della raccolta Douze pièces op. 18 pubblicata nel 1856, ossia due anni prima della morte del musicista francese, brilla per una certa originalità, con l’inizio che è molto pianistico, per poi presentare un’ascesa e una discesa di accordi spezzati che conducono a una cadenza in si bemolle minore, la quale dà inizio a una fuga solenne, come a dire che l’immaginazione, la fantasia possono tramutarsi in un’ascesa trionfante.

Il compositore francese Alexandre Pierre François Boëly.

Ma l’immaginazione può funzionare anche quando un brano fissato per uno strumento come il pianoforte viene adattato per l’organo? È proprio quanto fa l’organista tedesco con il Notturno in fa minore op. 55 n. 1 di Fryderyk Chopin, per farci capire che la solennità di una pagina come quella del sommo polacco non decade a una squallida parodia quando l’austerità timbrica organistica affronta la delicata melodia iniziale e quando s’immerge nei toni cupi della parte centrale, senza che nulla possa andare perso in fatto di drammaticità e di mistero.

Uno dei più grandi compositori che si dedicarono con attenzione e genialità all’organo è stato sicuramente Max Reger, il quale ha applicato le sonorità di questo strumento per indagare generi, come il Notturno, che sono votati allo sfruttamento timbrico dato dal pianoforte. Ne è un esempio il Preludio e fuga in mi minore op. 69 n. 1 & 2, tratto dai Dodici pezzi per organo op. 69, pubblicati nel 1903, che è per l’appunto un Notturno, con il Preludio che ha un carattere di ninna nanna oscura, mentre la Fuga è contraddistinta da leggere figure oniriche. Roman Radius ha spezzato questa pagina inserendo tra i due tempi l’arrangiamento corale Aus tiefer Not schrei ich zu dir (Dalla profonda afflizione grido a te) dai 52 preludi corali op. 67 del 1902, che deve essere interpretato come una preghiera dall’oscurità.

È stato Franz Joseph Haydn a impiegare nel passaggio E la luce fu! nell’oratorio Die Schöpfung il do maggiore come tonalità per simboleggiare l’irradiarsi della luce e da quel momento così è stata usata dai compositori che seguirono. Cosa che fa anche Saint-Saëns nella Terza Fantasia op. 157 per organo, un’opera tarda del 1916, con la luce che si trasforma in colori radiosi. La massima luminosità si dispiega al centro del brano, dove una specie di corale si eleva con potenza nel tutti dell’organo, dando la netta impressione che il regno della fantasia qui sia esotico e pieno del sole del sud.

L'organista tedesco Roman Emilius, protagonista di questa registrazione.

Anche il mondo dell’opera, quando affronta la dimensione della fantasia e del fantastico, può essere trasposto alle molteplici sfumature timbriche dell’organo, come fa l’organista tedesco trascrivendo il minuetto-notturno della scena finale del Falstaff di Verdi. In questo menuetto le “allegre comari di Windsor” organizzano un malizioso “sogno di mezza estate” per Falstaff nel parco di notte. Nella versione originale operistica, questo piccolo pezzo di musica spesso si perde nel trambusto del finale, ma se viene estrapolato da esso, allora riesce a dispiegare il suo effetto incantevole, perché, a questo punto, l’inquietudine notturna creata magnificamente dal compositore di Busseto muta nella delicata chiarezza porcellanata di un delizioso minuetto.

L’ultimo brano di questa registrazione assume i contorni di un vero e proprio bis, con Roman Emilius che esegue la famosa Aria di Bach, nella trasposizione per organo fatta da Gordon Phillips, degna conclusione di un disco che colpisce per la squisita capacità dell’interprete, che ha sfruttato al meglio le magnifiche sonorità dell’organo Ahrend che si trova nella chiesa della Trinità di Ratisbona, noto anche come “organo Bach”.

I manuali dello straordinario organo Ahrend che si trova nella chiesa della Trinità di Ratisbona.

Di assoluta eccellenza è anche la presa del suono effettuata da Andreas Ziegler e riversata in alta risoluzione a 24 Bit/96 kHz. La dinamica è davvero stratosferica, con un’energia e una velocità veramente ragguardevoli. Ciò ha permesso di ricostruire l’organo, per ciò che riguarda il parametro del palcoscenico sonoro, in modo semplicemente ideale, ossia non solo esaltando lo strumento, scolpito al centro dei diffusori e con un’ampiezza e un’altezza del suono che si irradia ben oltre la portata delle casse, ma anche facendo percepire la spazialità della chiesa, permettendo a chi ascolta di essere idealmente presente all’evento musicale. Anche l’equilibrio tonale e il dettaglio sono di ottima fattura, con il primo che riesce a padroneggiare i registri che sono sempre perfettamente percepibili nella loro pulizia e con il secondo che vanta una matericità entusiasticamente encomiabile.

Disco del mese di novembre di MusicVoice.

Andrea Bedetti

 

AA.VV. - Fantastic Worlds. Organ Transformations

Roman Emilius (organo)

CD TYXart TXA19125

Giudizio artistico 5/5
Giudizio tecnico 5/5

 

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