Il Golem - Come venne al mondo (Der Golem, wie er in die Welt kam) - conosciuto in Italia anche con il titolo Bug, l'uomo d'argilla - è uno dei primi capolavori del cinema espressionista tedesco, anche se meno citato e analizzato rispetto ai classici Il gabinetto del dottor Caligari di Robert Wiene (1920), Nosferatu di Friedrich Wilhelm Murnau (1922) o Metropolis di Fritz Lang (1927). Girato nel 1920 da Paul Wegener (regista e interprete del Golem) e da sua moglie Lyda Salmonova (interprete di Miriam, la figlia del rabbino), si tratta del terzo film a tema Golem che avrebbe dovuto fungere da prequel ai due precedenti film Der Golem del 1915 e Der Golem und die Tanzerin del 1917, entrambi purtroppo andati perduti.
Wegener ambientò la storia nella suggestiva Praga del XVI secolo, ispirato dal romanzo dello scrittore viennese Gustav Meyrink, Der Golem, pubblicato nel 1915. Nell'adattamento cinematografico del regista tedesco, il rabbino Löw, padre religioso del ghetto di Praga, crea un Golem, un colosso di creta dalla forma vagamente umana e animato grazie a un rituale magico, che avrà il compito di proteggere il suo popolo, accusato dall'imperatore di praticare riti magici. Sarà proprio il Golem che, salvando l’imperatore dalla morte, lo convincerà a ritornare sui propri passi.
Le atmosfere cupe, accompagnate dalle scenografie realizzate dall’architetto Hans Porlzig e dalla moglie scultrice Marlene, sono opprimenti, caratterizzate da architetture gotiche intricate e antropomorfe, da vicoli stretti e articolati. Le suggestioni visive sono innumerevoli, grazie anche alla fotografia di Karl Freund, il quale collaborerà anche con Murnau e Fritz Lang, e all'illuminazione di Kurt Richter, che contribuirà alla particolare resa scenica e all'accentuazione del pallore dei volti dei personaggi. Tutte queste caratteristiche contribuiscono a formare quasi un “marchio di fabbrica” del lavoro di Wegener che, citato anche dal regista britannico naturalizzato americano James Whale in Frankenstein (1931), diventerà un punto di riferimento per il cinema degli anni successivi.
La musica in questo film è essenziale al fine di restituire allo spettatore le svariate sfaccettature di significato che la pellicola offre e Rossella Spinosa, pianista e compositrice di numerose colonne sonore di film muti, si cimenta in questo non facile compito, suggerendo al pubblico, già dalle prime sequenze del film, l’intero corso della storia, come un sussurro sonoro (il commento musicale vede anche la presenza dell'Orchestra "I Pomeriggi Musicali" di Milano, diretta da Alessandro Calcagnile). Nei titoli di testa l’atmosfera è tetra e malinconica grazie al violino dolente, ma è il pianoforte a dare una connotazione inquietante, quasi sinistra, alla partitura. Si apprende, infatti, dalle scene successive, che il rabbino Löw ha scorto nelle stelle un nefasto presagio per il suo popolo. Ecco, dunque, che gli avvenimenti si susseguono senza sosta, con un commento sonoro che contribuisce a sottolineare l’aspetto più importante della storia, vale a dire l’imminente disgrazia, la condanna alla quale sono destinati gli abitanti del ghetto.
Alcuni dei momenti “chiave” del film sono particolarmente valorizzati dalla partitura musicale, come nella sequenza di un gatto nero che cammina sui tetti; questa, infatti, potrebbe sfuggire o risultare superflua a un occhio inesperto, se non fosse per l’accompagnamento musicale dissonante che ne sottolinea l’importanza. E poi una danza tragica tra il violino e il pianoforte che scandisce il momento topico della firma, da parte dell’imperatore, dell’editto che decreta la cacciata degli ebrei. Il presagio che il rabbino aveva previsto si è dunque materializzato e non è difficile riconoscere nell'atto dell’imperatore un inquietante prodromo di quello che sarebbe successo anni dopo nella Germania nazista, come ricorda acutamente Siegfried Kracauer in un passaggio del suo celeberrimo saggio Da Caligari a Hitler.
Anche la creazione del Golem o il rituale di evocazione del demone Astaroth vengono sottolineati dalla compositrice con passaggi dissonanti, angoscianti e volutamente disturbanti, caratterizzati da scale al pianoforte con note decise e quasi assordanti. L’evocazione di Astaroth, il demone che secondo la mitologia sarebbe in possesso della parola magica necessaria per infondere la vita alla massa di creta, è magistralmente realizzata anche dal punto di vista cinematografico; gli effetti speciali sono magistrali. Lo stesso Carl Boese, co-regista insieme con Wegener, dichiarò che per la riuscita della pellicola si ricorse a innumerevoli trucchi chimici e fisici, necessari per ricreare l’effetto del fuoco, del fumo, ma soprattutto per la figura di Astaroth. Anche per uno spettatore moderno, il viso demoniaco è risultato terrorizzante, molto somigliante a quello del vampiro Nosferatu di Murnau, che vedrà la luce solamente due anni più tardi, nel 1922. Il suo volto è lungo, inespressivo, incredibilmente bianco e dalle orecchie allungate: che abbia funto da ispirazione per il personaggio incarnato dal leggendario Max Schreck?
Nel momento in cui il Golem prende vita, il violino crea una feroce suspense con note acute e prolungate, mentre poche sequenze più tardi, si evidenzia la scelta della compositrice lombarda di porre l’accento sulla tragicità della storia, sottolineando con la musica il lato angosciante e pessimistico della vicenda. Infatti, mentre il rabbino mostra la sua creatura all'imperatore, il cavaliere Florian corre di nascosto dall'amata Miriam e anche in questa occasione il commento sonoro non si perde in romanticismi smielati, ma crea tensioni armoniche, suggerendo allo spettatore che una melodia delicata sarebbe inappropriata, perché il destino dei due innamorati sarà tutt'altro che felice. Il pianoforte conduce il tema principale mentre gli archi contrappuntano con “pennellate” dissonanti. Questa spigolosità del suono, sulla quale fa affidamento la compositrice, si addice particolarmente a un film datato 1920, poiché proprio tre anni più tardi Arnold Schönberg esporrà la sua idea di musica seriale in un articolo.
Si riscontrano, inoltre, alcuni temi di costante iterazione, che riportano alla mente lo stile compositivo di Erik Satie presente nel film di René Clair Entr’acte(1924); un esempio su tutti è rappresentato dalla scena in cui il cavaliere Florian giunge alle porte del ghetto, dove la musica, a mezzo del punto di valore, conferisce un particolare movimento all’azione, riprendendo il moto del cavallo e del cavaliere, in una sorta di “trotto” sonoro.
Sarà la gelosia del servo del rabbino, Famulus, nei confronti di Miriam a decretare l’inizio del precipitare degli eventi. Il rabbino aveva infatti privato il Golem del medaglione con la parola magica, dopo aver salvato l’imperatore e di conseguenza averlo convinto a non perseguitare il popolo del ghetto. Il servo però, accecato dall'ira, lo riporta in vita e gli comanda di uccidere l’intruso. Il Golem, anch'esso innamorato della figlia del rabbino, è ormai fuori controllo e l’orchestrazione, volutamente scarna con un tema al pianoforte che si ripete e si rincorre, riesce a mettere in risalto la crudezza degli accadimenti. Il Golem riesce a fuggire dal ghetto ed è come assistere a una metafora di liberazione, quasi un’anticipazione dei film di fantascienza in cui l’automa, non più inanimato, si ribella al suo creatore e fugge verso la libertà, riprendendo il tema caro già anticipato e descritto da Mary Shelley nel suo Frankenstein o il moderno Prometeo. Il “mostro di creta” non è poi troppo diverso da noi uomini; infatti, la parola Golem significa “materiale grezzo”, termine che in un salmo viene addirittura usato per descrivere Adamo nei primi giorni dopo la sua creazione. Secondo la qabbaláh, infatti, egli venne plasmato da un cumulo di terra in cui Dio poi inspirò la vita. Infine, quando il Golem ormai libero, prenderà in braccio una bambina, questa gli toglierà l’amuleto dal collo e lui tornerà a essere solo un cumulo di creta, allegoria che solo l’innocenza, la purezza possono esorcizzare la cieca violenza.
Il film oltre a rappresentare un titolo irrinunciabile della storia cinematografica, è anche un punto di riferimento per ciò che riguarda l’importanza della musica alleata dell’immagine, poiché la carica psicologica e spettacolare della pellicola si arricchisce di un “quid” propulsivo e di grande impatto emozionale.
Beatrice Bassi
Paul Wegener, Carl Boese - Il Golem. Come venne al mondo
Germania, 1920
Muto, pellicola 16 mm, b/n
Griggs Moviedrome
Produzione: Union UFA
Sceneggiatura: Henrik Galeen e Paul Wegener
Direttore fotografia: Karl Freund
Scenografia: Hans Porlzig e Kurt Richter
Cast: Paul Wegener, Albert Steinrück, Lyda Salmonova, Ernst Deutsch, Hans Stürm
Musiche originali di Rossella Spinosa
Orchestra "I Pomeriggi Musicali" di Milano
Pianoforte: Rossella Spinosa
Direttore: Alessandro Calcagnile
Registrazione: settembre 2018, Milano, Teatro Dal Verme
Società Umanitaria Cineteca Sarda
Giudizio artistico 4/5
Giudizio tecnico 5/5