Parlare di Mendelssohn vuol dire parlare di uno dei grandi compositori cardine dell’Ottocento. A lui il merito di riportare alla luce la musica di Johann Sebastian Bach, caduta in presunto oblio in quel periodo, in particolare la Passione secondo Matteo (mai più interpretata dalla morte del Kantor), di cui diresse un’esecuzione nel 1829, ottenendo un grande successo che gli valse l’ammirazione e il rispetto della Germania musicale dell’epoca. Felix Mendelssohn ebbe un ruolo determinante anche nella riscoperta dei lavori di Mozart, dal quale subì la maggiore influenza musicale. Esistenza breve la sua, è bene ricordarlo, in quanto morì a soli 38 anni, una scomparsa prematura che comunque non gli impedì di lasciare ai posteri dei grandi capolavori, a cominciare dalle sinfonie, dai concerti, dai trii, dai quartetti, dalla musica pianistica e altro ancora, senza dimenticare il corpus organistico, strumento che suonò dall’età di undici anni sino alla morte.
I Quartetti per archi op. 12, op. 44 n.3 e op. 80, qui recensiti, nella splendida interpretazione del Doric String Quartet, ritenuto giustamente dalla critica internazionale uno dei migliori quartetti per archi della nuova generazione, rappresentano il primo tassello di una nuova registrazione integrale per l’etichetta Chandos. Il Quartetto in mi bemolle maggiore op. 12 venne quasi sicuramente iniziato a Berlino nella primavera del 1829 (dopo l’esecuzione della Passione secondo Matteo) e completato a Londra il 14 settembre dello stesso anno. Questa composizione rispetto al Quartetto dell’Op. 13 (elaborato prima dell’Op. 12), risulta improntato da un clima espressivo più diffusamente lirico e meno ricco di contrasti, che rimandano ai tipici modelli quartettistici del primo Beethoven. L’opera inizia con un Adagio caratterizzato da un ricorrente disegno ritmico-melodico a cui fa seguito un Allegro nell’insolita forma di rondò-sonata che offre all’ascoltatore un’atmosfera cantabile fin dal tema principale, mentre il secondo tema riprende un carattere limpido e sereno. Invece dello Scherzo, il secondo movimento comprende una canzonetta, un Allegretto in sol, dalla melodia per note staccate ombrosa, ma non priva di fascino. L’Andante espressivo offre una melodia sommessa e delicata che sfocia nel conclusivo fortissimo con fuoco Molto allegro e vivace. Interpretazione bella ricca di effetto quella del Doric String Quartet che ci porta a gustare la musica di un Mendelssohn per molti, purtroppo, ancora sconosciuto. I tre quartetti Op. 44 possono essere considerati l’opera della piena maturità del compositore. Dopo un momento di smarrimento per la morte del padre, i grandi successi ottenuti come compositore e interprete contribuirono ad accelerare le sue energie creative, sfociate, tra le altre, in queste mirabili pagine.
L’ultimo di questi tre quartetti, quello in mi bemolle maggiore, iniziato nel 1837 e ultimato nel febbraio dell’anno successivo, dopo il suo matrimonio, è sicuramente quello elaborato con maggior cura da parte del compositore tedesco. Ricorda a tratti il suo celebre Ottetto del quale mantiene non solo la tonalità, ma anche il suo umore generale festoso e di vitalità. Il primo movimento è spudoratamente gioioso, energico e incarna un’affermazione positiva e solare di vita. Il secondo movimento è uno Scherzo basato su tre idee tematiche desunte in particolare dal Sogno di una notte di mezza estate, che lo differenzia nettamente dagli altri suoi Scherzi in chiave cameristica, visto che in questo quartetto, lo Scherzo è leggero, basato su un fitto e sottile lavoro di contrappunto che culmina in un doppio fugato di grande effetto. Il terzo movimento in la bemolle ha la qualità di una confessione amorosa, intima, una pagina di immensa ispirazione poetica ed eleganza costruttiva. Il tema principale, affidato ai due violini, dà luogo a un percorso ricco di contrasti, di soluzioni spesso dissonanti, quasi volesse portare l’ascoltatore attraverso una serie di paesaggi mutevoli, a volte angoscianti, a volte consolanti. Il finale in forma di Rondò sonata è brillante, travolgente nel segno dell’energia e della luminosità; qui l’umore torna a quello del movimento di apertura, in contrasto con il movimento lento, e termina con una coda assai briosa nel segno della più irresistibile vitalità.
Il Quartetto in fa minore Op. 80 fu scritto in memoria dell’amatissima sorella Fanny scomparsa prematuramente nel 1847 e che rappresentò per il compositore un colpo mortale dal quale non si riprese più. Non per nulla, da molti questo quartetto viene considerato una sorta di Requiem per Fanny. La tonalità d’impianto evoca un senso di profonda inquietudine che pervade il primo tempo da cima a fondo. Il secondo movimento (Allegro assai) è uno Scherzo dal carattere non diverso: anch’esso è pervaso da un senso di affanno, di turbamento lontano anni luce dal clima di altre simili pagine del compositore. L’Adagio è un malinconico componimento poetico, il cui mesto canto, suddiviso in due temi dal carattere lirico e assorto, è affidato alternativamente ai quattro strumenti, il cui fraseggio conduce fino a un rassegnato finale. L’atmosfera violenta, esasperata del movimento iniziale riprende anche nell’attacco del Finale (Allegro molto), il quale è contraddistinto da un senso di ribellione e mostra l’autore tormentato dalla disperazione e dalla sua incapacità a reagire di fronte a un evento luttuoso che ha stravolto la sua vita.
La lettura che il Doric String Quartet riesce a dare di questi due ultimi quartetti è davvero impressionante per ciò che riguarda l’espressività e la tavolozza delle sfumature timbriche, che rappresentano la cartina al tornasole dello stato emotivo dell’autore (e questo vale soprattutto per il Quartetto Op. 80). I quattro interpreti ci offrono così una lettura appassionata, intelligente, che va al di là della pura perizia tecnica, brillante e meravigliosamente equilibrata. Da quello che si è potuto ascoltare, si preannuncia quindi un’integrale che potrebbe rappresentare il punto di riferimento tra le esecuzioni mendelssohniane degli ultimi trent’anni.
Anche da un punto di vista tecnico ci troviamo di fronte a una presa del suono, effettuata da Rosanna Fish, di assoluto rilievo. La dinamica è veloce, precisa, energica, mentre il palcoscenico sonoro restituisce i quattro interpreti al centro dello spazio, in una posizione leggermente avanzata (chi ascolta li avverte fisicamente a non più di un paio di metri di distanza). L’equilibrio tonale permette di cogliere le sfumature timbriche di ogni strumento senza che vengano limitate o annullate dagli altri strumenti e il dettaglio è a dir poco materico.
Claudio Rigon
Felix Mendelssohn – String Quartet Vol. 1
Doric String Quartet
CD Chandos CHAN 20122
Giudizio artistico 5/5
Giudizio tecnico 5/5