Sul finire del Settecento, soprattutto in Germania, con l’irrompere del Romanticismo, poeti, musicisti, scrittori, filosofi, pittori volsero il loro sguardo verso il Sud del continente europeo, concentrando la loro attenzione e la loro sensibilità sulla Grecia e sull’Italia, ossia il Paese dove nacque il classicismo, con lo sviluppo sistematico del concetto di bellezza, fissato dalla scultura, e del pensiero concepito come forma di conoscenza e di approfondimento su ciò che circonda l’uomo, scandito dalla filosofia, e quello dove si concretizzò idealmente, attraverso straordinarie opere pittoriche, scultoree e architettoniche quanto elaborato dalla cultura greca.

Da qui, prese avvio in buona parte dell’Europa del Nord del primo Ottocento una riscoperta sistematica del Sud del continente che riguardò non soltanto l’aspetto culturale ed artistico, ma anche naturalistico, con il desiderio di indagare gli influssi dati da un clima più mite, dove il sole e il caldo dominavano gran parte dell’anno rispetto alle tenebre e al freddo. Questa riscoperta valse anche per gli artisti e per gli uomini di cultura francesi, i quali non guardarono all’Italia solo come la sede di quel Prix de Rome, istituito fin dal 1633 dallo Stato transalpino dapprima premiando i pittori, poi gli scultori e gli architetti e, dal 1803, anche i musicisti, dando loro modo di studiare per un anno presso l’Accademia di Francia a Roma, ma anche come un Paese nel quale trovare nuovi spunti creativi, una terra dalla quale far sorgere idee, immagini, sensazioni. E questo valse per un luogo che si trovava più a sud della stessa Roma, ossia Napoli, la quale ebbe indubbiamente, nel corso dell’Ottocento e per una parte del Novecento, un rapporto privilegiato con i musicisti francesi, come viene testimoniato da questa registrazione a opera del pianista Daniele Adornetto, il quale ha voluto presentare tredici brani, scritti da altrettanti compositori francesi, tutti influenzati dalla città partenopea, dalla sua atmosfera, dalla sua gente e dal suo folklore.

La ragion d’essere di una simile incisione risiede fondamentalmente su due aspetti: il primo è che tra gli autori scelti dal pianista romano vi sono tre autentici “giganti” quali Camille Saint-Saëns, Claude Debussy e Francis Poulenc, contornati da una pletora di altri buoni autori, tra i quali Charles-Valentin Alkan, ma che a livello di sagacia e brillantezza compositiva non possono certo rivaleggiare con i primi tre; questo però non significa che il disco in questione non possa essere considerato musicalmente appetibile da un punto di vista dell’ascolto, visto che l’insieme degli autori presi in esame con le loro pagine pianistiche vuole essere, e qui risiede il secondo aspetto positivo, un documento storico sonoro capace di inquadrare un fenomeno che va ben al di là del valore puramente artistico e che si fissa, invece, su una dimensione che coinvolge necessariamente peculiarità sociologiche e culturali più ampie.

Si è accennato a Saint-Saëns (Chanson Napolitaine op. 72 n. 5), a Debussy (presente con l’immancabile Les Collines d’Anacapri e L’isle Joyeuse), a Poulenc (con il trittico di Napoli, Suite pour le piano, FP40) e anche ad Alkan (Variations quasi Fantaisie sue une Barcarolle napolitaine, op. 16 n. 6), nomi che non hanno certo bisogno di presentazioni, che invece spettano agli altri autori presenti in questo disco, non certo conosciuti dal grande pubblico, a cominciare da Benjamin Godard (1849-1895), di cui Adornetto presenta dalle Scenes Italiennes la Tarantelle op. 126 n. 3, Henri Tomasi (1901-1971) con la sua Tarantelle, Theodore Lack (1846-1921) con il Caprice-Tarantelle op. 190, Cécile Chaminade (1857-1944) con Chanson Napolitaine op. 82, Eugène Nollet (1828-1904) con Les Noces de Polchinelle op. 75, Henri Rosellen (1811-1876) con Santa Lucia, air napolitaine varié, Gabriel Pierné (1863-1937) con la Tarantelle, Souvenir de Naples e, infine, Henri Herz (1803-1888) con il Rondo-Caprice sur la Barcarolle favorite de la Muette de Portici, op. 44.

Se sui due brani debussiani non c’è nulla da dire, tenuto conto dei fiumi di inchiostro che si sono usati per scriverne debitamente, ciò che colpisce all’ascolto è soprattutto la Suite di Poulenc, della quale Daniele Adornetto riesce a evidenziare la brillante distribuzione dissonantica, così come le impervie (marchio di fabbrica) variazioni di Alkan. Per il resto, compresa la Chanson di Saint-Saëns, il livello della qualità compositiva si abbassa notevolmente, quasi a voler marcare, come una cartina al tornasole, le differenze sostanziali che contraddistinguono un grande compositore da uno bravo (l’Aria napoletana sul tema di Santa Lucia di Rosellen, a tale proposito, all’ascolto è quasi imbarazzante per pochezza e prevedibilità). Ma, ripeto, il valore di questa registrazione risiede nella sua ricerca storica, la quale potrà suscitare l’interesse di coloro che ascoltano la musica con un occhio dedicato ai risvolti storici degli autori e dei brani in questione.

Più che corretta la presa del suono, capace di restituire sufficientemente bene il timbro dello Steinway D-278 usato dal pianista romano per ciò che riguarda la dinamica e il palcoscenico sonoro. Nulla da obiettare sull’equilibrio tonale e sul dettaglio.

Andrea Bedetti

La Ville Joyeuse – The City of Naples in French Piano Music

Daniele Adornetto (pianoforte)

CD Da Vinci Classics C00124

Giudizio artistico 3/5

Giudizio tecnico 4/5