Di Reynaldo Hahn mi sono già occupato in occasione della recensione del libro Il vento attraversa le nostre anime che Lorenza Foschini ha dedicato alla storia d’amore e d’amicizia tra il musicista francese e Marcel Proust. Ora, come a ribadire il rinnovato interesse verso questo compositore, confinato per troppo tempo ai margini della critica e del pubblico, il Palazzetto Bru Zane di Venezia ha pubblicato nella raffinata collana Opéra Français il primo lavoro lirico, L’Île du rêve, che ancor prima di compiere diciotto anni prese a scrivere sul finire dell’Ottocento, nel cuore dell’illusoria Belle Époque di cui Parigi rappresentò l’assoluto cuore pulsante.
La genesi di quest’opera si fissa nell’ultimo decennio del secolo, quando i librettisti Georges Hartmann e André Alexandre acquisirono dallo scrittore Pierre Loti, uno dei più celebri del tempo in terra francese, autore di romanzi esotici e fautore di una visione aristocratica e conservatrice in aperto contrasto con il naturalismo e il positivismo, i diritti di adattamento di due opere, Madame Chrysanthème, della quale si servì il “wagneriano” André Messager, e L’Île du rêve, per l’appunto primo lavoro lirico di Reynaldo Hahn il quale, sebbene ancora molto giovane, era già visto come una potenziale stella di prima grandezza nel panorama musicale francese del tempo.
Le vicissitudini che coinvolsero l’opera Madame Chrysanthème risultarono utili per L’Île du rêve, poiché la prima, dopo essere stata rifiutata dal direttore dell’Opéra-Comique, Léon Carvalho, fu dirottata nel 1893 al Théâtre-Lyrique, permettendo così al lavoro di Hahn, che richiese una lunga gestazione, di essere rappresentata cinque anni più tardi nella più prestigiosa Opéra-Comique, della quale nel frattempo aveva assunto la direzione Albert Carré, dotato di vedute ben più ampie rispetto a quelle di Léon Carvalho.
Il libretto dell’opera narra l’amore tra un ufficiale di marina e la tahitiana Mahénu, proponendo un canovaccio, quello che presenta un sentimento tra due persone in un contesto esotico, che sarà poi sfruttato attraverso modelli più consolidati e complessi, come nella Madama Butterfly di Puccini. Certo, anche ne L’Île du rêve l’intreccio pone delle questioni, delle dinamiche che portano alla dissoluzione, alla frattura del legame amoroso e che in questo caso sono generate dalla scelta di Mahénu che decide di non seguire il suo amato Georges de Kerven al suo ritorno in Francia, terrorizzata dalla prospettiva di non essere più accettata e desiderata al di fuori dello scenario esotico dell’isola tahitiana, facendo sì che il sogno incarnato da questo luogo, come recita il titolo dell’opera, venisse frantumato dalla realtà incarnata dal mondo occidentale.
Opera densa di malinconia, che si avverte anche negli scorci più sereni e felici, concentrata nei suoi sviluppi narrativi e musicali in un’ora, questo idylle polynésienne, pur nei suoi limiti stilistici e nelle sue articolazioni rapprese, evidenzia una sapiente continuità melodica, il cui vertice è rappresentato sicuramente dal secondo dei tre atti, contrassegnato fin dall’inizio da un coinvolgente e azzeccato “corale” che esprime e riassume tutto il significato musicale del lavoro. Certo, il giovane Hahn fa inevitabilmente l’occhiolino a strutture e a meccanismi armonici che rimandano a Jules Massenet (che fu suo docente, oltre ad essere il dedicatario dell’opera), ma che allo stesso tempo non cedono alla tentazione di scimmiottare i risultati e le prerogative ottenuti da Léo Delibes e dalla sua “orientaleggiante” Lakmé.
La registrazione da parte della Bru Zane permette di cogliere appieno il fascino e la singolarità de L’Île du rêve e di fissarla idealmente in quell’articolato pantheon culturale che fu la Belle Époque francese dell’epoca; ciò avviene a partire dalle voci, tutte decisamente di spessore, con il soprano canadese Hélène Guilmette, nel ruolo di Mahénu, e il tenore francese Cyrille Dubois in quello di Georges de Kerven, entrambi convincenti nella portata tecnica e drammatica del loro ruolo, così come quelle di contorno, tra le quali spicca il mezzosoprano francese Anaïk Morel nel ruolo della principessa tahitiana Oréna. Hervé Niquet ha saputo dirigere con chiarezza d’intenti gli stratosferici elementi della Münchner Rundfunkorchester, senza contare l’apporto preciso e duttile del Chœur du Concert Spirituel.
Ottima anche la presa del suono, capace di esprimere una dinamica generosa, ma non artefatta ed enfatica, con il palcoscenico sonoro che ricostruisce idealmente lo spazio fisico delle voci e dell’accompagnamento corale e orchestrale. Anche l’equilibrio tonale e il dettaglio sono espressi con buoni risultati.
Andrea Bedetti
Reynaldo Hahn - L’Île du rêve
Hélène Guilmette - Cyrille Dubois - Anaïk Morel - Artavazd Sargsyan - Ludivine Gombert - Thomas Dolié - Chœur du Concert Spirituel - Münchner Rundfunkorchester - Hervé Niquet
CD Bru Zane BZ 1042
Giudizio artistico 4/5
Giudizio tecnico 4/5