Se nella Germania dei primissimi decenni del Settecento avessero chiesto ad alcune persone istruite e amanti della musica quale fosse il musicista tedesco più famoso del tempo, quasi sicuramente tutte avrebbero risposto che non c’erano dubbi che si trattasse di Georg Philipp Telemann. Una risposta, che ai giorni nostri, potrebbe meravigliare sapendo che in realtà la palma di maggiore compositore del Barocco tedesco (e non solo) è un diritto che appartiene al sublime Kantor Johann Sebastian Bach, al quale invece fu riservato all’epoca il privilegio, che oggigiorno suona come una magra consolazione, di essere considerato il più grande organista nel territorio germanico, non considerando il suo corpus compositivo alla stessa altezza e del medesimo valore di quello del collega magdeburghese.
Ma se poi i secoli hanno fatto giustizia in tal senso, allo stesso tempo è anche vero che la stella della fama e della notorietà di Telemann è progressivamente scemata, al punto che oggigiorno di tutto il suo enorme catalogo (si pensi che per ciò che riguarda le sole cantate sacre ne compose più di duemila!), si eseguono in paragone solo poche pagine, a cominciare dalle immancabili opere che appartengono al cosiddetto Tafelmusik, ossia quelle composizioni destinate ad essere ascoltate negli ambienti aristocratici durante i banchetti e i convivi per via della loro piacevolezza. E in un certo senso anche i concerti e le sonate in trio per due, tre e quattro flauti diritti o traversieri con basso continuo che fanno parte di questa registrazione rientrano in tale contesto, al di là del fatto il Trio in re maggiore TWV 42:D5 e il Quartetto in re minore TWV 43.d1 appartengono proprio al Tafelmusik, mentre gli altri lavori, a cominciare dalla stupefacente Introduzione a tre in do maggiore per due flauti e basso continuo, tratta dalla raccolta Der getreue Musik-Meister (ossia “Il fido maestro musicale”) pubblicata ad Amburgo nel 1728, pur non essendo stati scritti per allietare e promuovere l’intrattenimento, quindi scevri da una funzione squisitamente “sociale”, mantengono uno stile e una struttura che era tesa a rendere piacevole il loro ascolto.
Questo, però, non significa che ci troviamo di fronte a prodotti musicali votati alla semplicità e a una subitanea “orecchiabilità” per favorirne appunto la fruibilità, ma che al contrario contengono soluzioni armoniche e compositive capaci di esaltare la tavolozza dei colori e delle mutazioni psicologiche (e qui torniamo all’Introduzione a tre in do maggiore in cui Telemann seppe magistralmente descrivere la personalità, il carattere e le conseguenti emozioni di cinque famose donne dell’antichità, ossia Santippe, la moglie di Socrate, Lucrezia, la consorte del politico romano Lucio Tarquinio Collatino, la poetessa greca Corinna, l’eroina romana Clelia e Didone, la sfortunata regina di Cartagine). Una ricchezza di intenti formali che Telemann seppe plasmare in un’altrettanta ampiezza immaginativa per ciò che riguardò il dipanarsi melodico della struttura nei vari tempi, quasi sempre distribuiti sui quattro movimenti nell’alternanza tra allegri e adagi.
Certo, bisogna fare i conti con un tipo di musica, e quindi collegata al suo ascolto, che appartiene a un contesto creativo che se poteva soddisfare le esigenze del pubblico del tempo non può ambire di farlo facilmente nei confronti di quello odierno, visto che ci troviamo di fronte a più di un’ora di durata con l’esclusiva presenza di flauti diritti e traversieri, unitamente all’accompagnamento di un violoncello e del clavicembalo, ma tale possibile ostacolo, capace di minare un ascolto attivo, ossia teso a valorizzare la preziosità compositiva di queste opere, si smaterializza davanti alla pregnanza interpretativa dell’ensemble Accademia del Ricercare, con Lorenzo Cavasanti, Manuel Staropoli, Luisa Busca e Mattia Laurella ai flauti, Antonio Fantinuoli al violoncello e Claudia Ferrero al clavicembalo, capace di donare un’eloquenza, un’“elettricità” esecutiva (si ascolti sempre la mirabile Introduzione!), un’incontestabile capacità nell’evidenziare quella bellezza creativa che è alla base del comporre telemanniano. Una pregnanza, insomma, che ha il potere di dissolvere la zavorra del tempo e di condurre per mano l’ascoltatore attraverso un sentiero sonoro dal quale, alla fine, farà fatica a uscirne.
Nulla o poco da obiettare di fronte alla presa del suono, effettuata nella chiesa di San Raffaele Arcangelo a San Raffaele Cimena, nei pressi di Torino; la dinamica è più che apprezzabile in fatto di velocità e naturalezza, anche se l’equilibrio tonale e lo spazio sonoro privilegiano la timbrica degli strumenti a fiato, penalizzando leggermente il violoncello e il cembalo, riproposti correttamente dietro i flauti.
Andrea Bedetti
Georg Philipp Telemann – Concertos and Triosonatas for Two, Three and Four Recorders
Accademia del Ricercare
CD Elegia Classics – CD ELEOCLA 18055
Giudizio artistico 5/5
Giudizio tecnico 4/5