Claudio Rigon, assistendo a un concerto di studenti del Liceo Musicale Pigafetta di Vicenza, ha voluto esternare, come docente, dubbi e punti interrogativi più che leciti che riguardano il futuro di quei giovani, destinati un giorno ad essere dei musicisti in un mondo che non sa più apprezzare la bellezza dell’arte. Lo ha fatto ricordando però un aneddoto che vide protagonista Arturo Toscanini, incarnazione di una speranza che vuole diventare realtà

Mi sono chiesto molte volte dopo tanti anni di insegnamento, quale sarà il futuro dei giovani che intraprendono la strada della musica per farne una professione. In tempi come questi poi, dove non si capisce bene cosa ci riserva il domani, dove il posto fisso sembra un’utopia, dove a volte per un lavoro si fanno scelte diverse da quello che si è studiato. Da sempre la musica che ha a che fare con i sentimenti, ci porta a una dimensione onirica della vita, al punto che, dando credito a un annoso luogo comune, si crede che gli artisti e i musicisti siano persone che vivono in un altro mondo.

Ricordo ancora, quando dissi ai miei genitori che avrei voluto continuare i miei studi musicali, l’espressione di delusione di mio padre e che cosa mi disse: «Come farai a mantenere una famiglia?», consapevole del fatto che intraprendere il mestiere del musicista non poteva essere un lavoro redditizio. Sono passati molti anni e oggi una frase del genere sembrerebbe più che mai attuale. Poi ti capita di assistere a un concerto, dove ti trovi di fronte un’orchestra di ottanta elementi, un coro di centosessanta giovani e viene spontaneo chiedersi: e dopo che cosa faranno?

Questi giovani, che fanno parte di due sezioni del Liceo Pigafetta di Vicenza, hanno dato vita a un concerto meraviglioso, nel Duomo di Carmignano di Brenta, vicino a Padova, suscitando tra i presenti un’emozione palpabile e una commozione tangibile. Ammirando la disinvoltura di questi giovani, che aveva il sapore dell’innocenza per come hanno affrontato con determinazione e sicurezza autori come Bach, Beethoven, Rossini e Holst, il futuro sembra proprio che non li preoccupi. La musica, arte fra tutte la più sublime, per una sera ha lasciato il posto al gusto del bello toccando come si suol dire il cuore dei presenti. Mi vengono in mentre tre cose da sottolineare come docente: la fatica di imparare, un aspetto che in molti casi si è perso, il suonare assieme e quindi l’andare d’accordo, la capacità di cooperare attraverso il mondo dei suoni, e infine la soddisfazione.

Nell’aprile del 1952, Arturo Toscanini, mentre si trovava a Roma, ebbe modo di ascoltare un gruppo di giovanissimi interpreti, che avevano appena iniziato la carriera interpretativa con il nome de I Musici, destinati a diventare negli anni uno dei gruppi strumentali più importanti del mondo. Li ascoltò mentre provavano nella sede della Radio Italiana, poi alla fine dell’esecuzione volle abbracciarli commosso a uno a uno, spendendo parole entusiastiche. Con le lacrime agli occhi, il sommo direttore parmense mormorò: «Bravi, bravissimi! No, la musica non muore!»

Toscanini aveva perfettamente ragione, perché ascoltando quei centottanta studenti del Liceo Pigafetta, mi sono commosso pensando la stessa cosa, convinto che la Musica non muore. E non morirà mai.

Claudio Rigon