La musica, come altre forme d’arte, è comunicazione, confronto, dibattito, reciproca conoscenza. E ciò assume un’importanza basilare per ciò che riguarda la musica del passato, quando la veicolazione delle idee e delle concezioni artistiche era resa più difficoltosa dalle grandi distanze e dalla scarsità dei mezzi di comunicazione. Così, apprendere e ascoltare la musica dei secoli più remoti significa prendere atto e conoscere i meccanismi geografici e i contatti tra i vari musicisti che permisero al mondo dei suoni di svilupparsi e di articolarsi per come oggi lo raffiguriamo nel corso del nostro ascolto e dei nostri pensieri. Ed è un’esperienza eccitante, straordinariamente feconda, quella di riconoscere nell’ascolto stesso i germi, i semi, le influenze scaturiti da questi contatti, da questi disvelamenti attraverso la veicolazione delle partiture, delle opere stampate, dei viaggi di musicisti fatti in altri Paesi, nei quali fecero attecchire la loro visione e le loro peculiarità artistiche. Ascoltare la musica del passato è come ammirare un albero maestoso le cui radici e le cui fronde sondano altri territori e altri spazi, dove si trovano altri alberi che vengono toccati e influenzati nella crescita e nello sviluppo dalla sua presenza.
Per capire l’importanza, anzi la necessità, di tutto ciò nell’evoluzione dell’arte musicale, nel suo dispiegarsi, nel suo immettersi in altri rivoli e sentieri è sufficiente ascoltare e riflettere la registrazione che il clavicembalista tedesco Tilman Skowroneck ha dedicato a musiche di Johann Jakob Froberger, Louis Couperin e a Jean-Philippe Rameau, ossia a tre musicisti (il primo tedesco e gli altri due francesi) che hanno vissuto e operato tra il XVII e il XVIII secolo. Il punto di partenza, per comprendere ciò, è dato proprio dal fattore geografico, Germania e Francia, e dall’epoca, il passaggio dal Seicento al Settecento. Se Froberger (1616-1667), nato a Stoccarda, fu dapprima a servizio della corte viennese per poi continuare gli studi a Roma sotto Girolamo Frescobaldi, avendo la possibilità di impadronirsi delle tematiche e dell’espressività della scuola italiana, è anche vero che l’approdo finale fu rappresentato da Parigi e dalla scuola francese, nella quale immise le peculiarità della tradizione germanica e di quella italiana, alla quale poi si abbeverarono diversi musicisti francesi, tra cui certamente Louis Couperin, che ebbe modo di conoscere personalmente Froberger a Parigi nel 1652. Tilman Skowroneck che, oltre a essere un valentissimo musicista, è anche un raffinato e lucido musicologo, ha voluto mettere in rilievo questa debita influenza registrando di Froberger, oltre alla Toccata VI in la minore e alla Suite IV in la minore, anche la meravigliosa Lamentation, faite sur la tres douloreuse Mort de Sa Majeste Imperiale, Ferdinand le Troisieme, et se joüe lentement avec discretion, la cui connotazione malinconica e sublimamente riflessiva (la musica come elemento di riflessione impregna buona parte dell’arte clavicembalistica) trova un suo ideale seguito con il mirabile e celeberrimo Tombeau de Mr. De Blancrocher par Mr. Couperin, che il compositore francese scrisse in memoria dello sfortunato liutista, il quale morì, si racconta, tra le braccia dello stesso Froberger, dopo essere caduto rovinosamente dalle scale. Sia Couperin, sia Froberger vollero rendere omaggio al musicista attraverso due Tombeaux (una forma di lamento funebre), con quello scritto dal musicista francese che ricalca maggiormente una riflessione sul concetto della morte e che sembra riaccostarsi idealmente alla Lamentation creata da Froberger per l’imperatore austriaco.
Quando si afferma che l’esecuzione della musica clavicembalistica barocca è votata a un’estrema rigidità, lo si fa in nome di una sovrana ignoranza, in quanto non solo non si tiene conto che il clavicembalismo non è un arido schematismo attraverso il quale i suoni sono resi secondo una prassi meno libera e “interpretativa” rispetto al pianoforte, ma soprattutto non considerando che spesso l’interprete deve fare i conti con uno spartito sul quale l’autore non aveva segnato le indicazioni ritmiche, permettendo quindi all’esecutore una libertà di espressione e di resa timbrica e ritmica che paradossalmente non appartiene all’interpretazione pianistica. Ed è qui che si esprime al massimo la sensibilità e la percezione “storico-esecutiva” dell’interprete, come fa splendidamente Tilman Skowroneck nell’affrontare altri brani dello stesso Couperin, a cominciare dal Preludio in re minore, il quale riprende le celebri e ineludibili interpretazioni dei “Preludi non misurati” (ossia in cui la durata di ciascuna nota è lasciata completamente a discrezione dell’esecutore, sulla base del fatto che questo termine fu comunemente impiegato nel XVII secolo dai compositori di musica per clavicembalo per indicare le loro opere prive di indicazioni sul ritmo e sul metro) da parte del clavicembalista e musicologo americano Alan Curtis. L’interprete tedesco esplora quindi i brani di Couperin da lui scelti con una mirabile espressività (penso alla Sarabande, alla Pastourelle, alla Chaconne), elaborando dalle scansioni dei tempi di danza sfumature, colori, tratti dal meraviglioso clavicembalo a un manuale costruito nel 1981 dal padre Martin Skowroneck, basato su modelli tedeschi posteriori al XVIII secolo; uno strumento capace di incarnare l’energia, la possanza dei clavicembali tedeschi dell’epoca, così come la melodiosità, la raffinatezza del timbro e la cristallinità tipiche dei clavicembali francesi di quel tempo.
Proprio il concetto della “non misurazione” sta alla base della scelta di Rameau e dei suoi brani eseguiti poi dal clavicembalista tedesco, vale a dire la straordinaria Suite in la minore (si noti sempre la tonalità come filo conduttore), che appartiene al Primo libro dei pezzi per clavicembalo, risalente al 1706, e che fa da trait d’union tra lo stile del secolo precedente con quello successivo e il cui Prélude “non misurato” proietta Rameau verso uno stile più compiuto, più maturo, più “scenico” e “teatrale”, tale da condurre la scuola francese a vertici assoluti di espressività e ricchezza tematica.
Se la lettura fatta da Tilman Skowroneck è frutto di una ricerca che, partendo dalla dimensione musicologica, si trasmuta in pura emozione attraverso la resa interpretativa (i settanta minuti di durata sembrano annullarsi data la prodigiosa densità di questa musica), c’è da dire che anche la presa del suono effettuata da Herwin Troje è di livello assoluto, capace di esaltare la meravigliosa interpretazione del clavicembalista tedesco. La dinamica restituisce sia la potenza dello strumento, sia la sua dolcezza, mentre il palcoscenico sonoro scolpisce il clavicembalo a media profondità, evidenziando un equilibrio tonale e un dettaglio di ottima fattura.
Andrea Bedetti
AA.VV. – Harpsichord Works
Tilman Skowroneck (clavicembalo)
CD TYXart TXA15065
Giudizio artistico 5/5
Giudizio tecnico5/5