Alessandro Sbrogiò è un musicista catanese stabilitosi ancora ragazzo nel Veneto, dove si è specializzato in musica antica e barocca (ha suonato un violone a sei corde costruito appositamente per lui dal liutaio Sergio Gistri, uno strumento ispirato a un Gasparo da Salò conservato nella Basilica di San Marco), ed è uno dei fondatori della Venice Baroque Orchestra, collaborando con nomi di primo piano nell’ambito della musica antica. Ora, dopo aver abbandonato l’attività concertistica, prosegue la sua attività di musicista dedicandosi alla composizione. Ma con il romanzo Cadenze d’inganno, pubblicato da Diastema editrice, Alessandro Sbrogiò ha dimostrato indubbiamente di essere anche un interessante e piacevolissimo narratore (tra l’altro, con questo romanzo ha vinto il Premio Lorenzo Da Ponte 2017, indetto dalla stessa casa editrice, e che rappresenta la sua opera narrativa d’esordio).
Questo perché il musicista siciliano ha confezionato una breve, ma densa, opera narrativa nella quale ha saputo dipanare una trama nella quale confluiscono il giallo (i morti assassinati non mancano), la musica e una dimensione esistenziale, relativa al protagonista, il quale più che a un personaggio uscito dai film di Woody Allen, come si legge nel risvolto di copertina, sembra assumere maggiormente i contorni del Marcovaldo di calviniana memoria, ossia un uomo che incarna il par delicatesse j’ai perdu ma vie di Rimbaud. Sauro Parisi, questo il suo nome, sebbene sia un buon violoncellista, arranca e fa fatica a trovare un lavoro stabile (cosa che succede purtroppo anche nella realtà nel nostro Paese), ed è reduce da un’unione con una donna che ama ancora e che non riesce a dimenticare e con una madre carogna che ha l’amabilità di farlo sentire costantemente poco più di un fallito.
La vita quotidiana e quella musicale di Sauro cambiano improvvisamente quando un direttore d’orchestra, Arthur Weller, lo convoca urgentemente a Venezia per prendere il posto di un altro violoncellista nell’Orchestra di Musica Antica della città lagunare, per prendere parte a una tournée internazionale e alla successiva registrazione in studio di opere composte nel Seicento da un erudito gesuita, tale Venanzio Storioni, di cui lo stesso Weller ha ritrovato le rarissime partiture in giro per l’Europa.
Da quel momento, il protagonista viene coinvolto in una serie di avvenimenti che riguardano non solo la sua vita musicale in seno all’orchestra, ma che coinvolgono anche l’amore e il mistero, quest’ultimo scaturito dalla figura del gesuita del XVII secolo del quale Sauro Parisi subisce il fascino attraverso la bellezza conturbante delle sue composizioni, che gli fanno comprendere come Storioni sia un genio di cui si erano perse le tracce. Ma dietro a questo mistero si consumano anche due omicidi, nei quali il protagonista verrà indirettamente coinvolto e qui mi fermo per non togliere al lettore il piacere della lettura e, naturalmente, del finale di questo libro che si legge tutto di un fiato, e non solo per il fatto che consta di appena centosessanta pagine, ma soprattutto perché la scrittura di Alessandro Sbrogiò, oltre a risultare avvincente, riesce a dominare la materia e lo scorrere degli eventi bilanciando sapientemente le vicende personali del protagonista, l’ambiente musicale (che l’autore naturalmente conosce assai bene) e i meccanismi del thriller con la ricostruzione e l’individuazione del colpevole (o dei colpevoli).
A ciò si aggiunga un sapiente tocco di ironia che a volte sfocia in una delicata comicità e che richiama, per le atmosfere e il tatto con cui l’autore tratta le vicende umane che si intrecciano nel corso della trama, quella che Silvio Soldini ha tratteggiato nel suo film Pane e tulipani, ambientato anch’esso per buona parte a Venezia. Gradevolissimo.
Andrea Bedetti
Alessandro Sbrogiò – Cadenze d’inganno
Diastema Editrice, 2018, pagg. 160
Giudizio artistico 4/5