Il direttore d’orchestra e violinista triestino da anni studia, dirige e registra (il recentissimo CD dedicato ad alcune composizioni sacre è la sua ultima fatica) la musica del grande ma ancora sconosciuto compositore veneto. In questa intervista ci spiega i motivi di questo interesse e il suo obiettivo di far conoscere meglio le opere del musicista di Motta di Livenza

Maestro Belli, la figura di Andrea Luchesi è avvolta da un’aura per certi versi misteriosa. Un’aura che risente inevitabilmente degli scritti e delle tesi che il musicologo Giorgio Taboga gli ha dedicato e nei quali si ipotizza, addirittura, che il compositore di Motta di Livenza sia il vero autore di alcune sinfonie attribuite erroneamente a Mozart, a cominciare dalla geniale Jupiter, e di alcune opere di Haydn (tra cui tre messe), oltre ad avvalorare la tesi di un altro musicologo, Luigi Della Croce, il quale ha sostenuto che Luchesi è stato insegnante del giovane Beethoven a Bonn. Ora, al di là di queste ipotesi, che devono essere ancora concretamente e fattivamente accertate da prove inoppugnabili, qual è l’importanza di questo musicista nel panorama musicale della seconda metà del Settecento europeo? E lei, che lo ha studiato a fondo e affrontato in sede concertistica e discografica, che idea si è fatto di Andrea Luchesi?

Sarebbe straordinario fare luce sulle ipotesi formulate da Taboga e Della Croce. Bisogna però attenersi alle notizie certe di cui possiamo disporre. Andrea Luchesi nei primi decenni dopo la metà del 1700 conquistò un’ottima fama sia come operista sia come compositore di musica sacra e sinfonica, che gli permise di essere chiamato a Bonn per succedere a Ludwig van Beethoven, nonno e omonimo del grande compositore. Ludwig junior, che allora era un ragazzo, fu sicuramente membro della Cappella dal 1782 al 1792 e allievo di Christian Gottlob Neefe – compositore e organista presso la corte di Bonn – ma di certo, anche se non è possibile stabilire in che forma, fu influenzato da Luchesi che ne era il maestro di cappella.

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Ritratto di Andrea Luchesi

Certa è anche la stima che i Mozart, padre e figlio, nutrivano per Luchesi. Dopo il loro incontro a Venezia, portarono a Salisburgo il suo Concerto in fa maggiore per tastiera e strumenti obbligati, per il quale Wolfgang, che lo suonò e lo fece suonare ai suoi allievi, compose la cadenza che il pianista Roberto Plano ha recentemente scoperto al Mozarteum e che è stata eseguita in prima esecuzione in tempi moderni nel concerto fatto insieme con l’orchestra Busoni al Museo Revoltella nel 2013.

L’importanza della sua figura potrà essere stabilita solamente dopo aver accertato la paternità di tutta la sua opera. Di gran parte della sua produzione, a partire da quella che risale dal 1771, anno in cui si recò a Bonn, purtroppo non c’è più traccia e questo fatto ha naturalmente alimentato le voci di sottrazioni da parte di altri compositori e false attribuzioni, anche perché, all’epoca, in alcune cappelle musicali vigeva l’anonimato per cui il nome del compositore poteva essere reso noto solo alla fine del suo incarico o alla sua morte.

Eppure, ancora oggi, la figura e l’opera di Andrea Luchesi sono criticate e non considerate con la dovuta attenzione, tenuto conto che negli stessi ambienti musicali, come sovente mi è capitato di sentire, le sue composizioni sono ritenute oltremodo modeste e sopravvalutate. Per quale motivo, secondo lei, c’è ancora molta discriminazione nei suoi confronti?

Credo che l’opera di Luchesi sia ancora poco conosciuta e il suo nome non significhi quasi nulla anche per tanti musicisti e addetti ai lavori. Infatti, molte delle sue composizioni sono state da noi eseguite in prima esecuzione in tempi moderni e registrate in prima mondiale, grazie al lavoro di ricerca fatto da Agostino Granzotto e alla Fondazione Ada e Antonio Giacomini. L’ipotesi poi che alcune opere tra le più significative di alcuni mostri sacri come Mozart e Haydn, possano essere state composte da un musicista quasi sconosciuto, non fa altro che alimentare l’incredulità e la diffidenza verso questo compositore. Non so se sapremo mai quali opere siano state falsamente attribuite ma sicuramente l’opera di Luchesi dev’essere conosciuta e rivalutata.

Le opere di certa attribuzione, molte databili prima del 1771, sono molto belle e brillano di luce propria. Luchesi denota uno stile personale che in molti casi è cronologicamente in anticipo rispetto ai suoi contemporanei. Pur adottando uno schema molto classico e ben definito riesce a esprimere una fantasia straordinaria e una cantabilità tutta italiana. Altra caratteristica è che in alcuni casi tratta la parte delle viole con un’importanza del tutto inusuale per l’epoca.

Quali sono le peculiarità compositive del Luchesi “sacro” rispetto a quello “profano”?

A mio avviso Luchesi ha saputo eccellere in entrambi i generi. La fantasia, le esplosioni sonore e le diversità timbriche della musica sinfonica e la spiritualità e la nobiltà della concezione musicale delle composizioni sacre rivelano un compositore eclettico e versatile. I due concerti per tastiera e orchestra contengono una scrittura virtuosistica brillante che si alterna a momenti di straordinaria poesia, ad esempio l’Andante del Concerto in fa maggiore con la cadenza di Mozart in cui una soave melodia è accompagnata dai pizzicati dell’orchestra. Roberto Plano ne è interprete sublime e sembra che il tempo si fermi tra quelle poche note.

Anche le sue Sinfonie sono caratterizzate da una vivacità e un’energia straordinarie nei tempi veloci e una fine poesia nei tempi lenti. I tempi centrali delle Sinfonie in do maggiore e in si bemolle maggiore si caratterizzano per un motore ritmico dei secondi violini che somiglia allo scandire del tempo di una vecchia pendola su cui si staglia una melodia semplice ma elevata dei primi violini. Poche note ma di grande ispirazione. Poi si aggiungono le viole e i bassi.

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Tenuto conto che lei è ormai l’interprete di riferimento delle partiture di Luchesi a livello discografico, sono previste nuove incisioni, magari in prima assoluta, del musicista veneto?

Finora abbiamo registrato quattro CD con la musica di Luchesi e più precisamente i Concerti per tastiera e strumenti obbligati con Roberto Plano, l’integrale delle Sinfonie, le Sinfonie avanti l’opera e il CD Sacred Music che comprende Miserere, Te Deum, Kyrie di Dresda, Stabat Mater e Salve Regina. Le prossime opere che proporremo in concerto e registreremo saranno il Requiem e una bellissima Ave Maria in prima esecuzione in tempi moderni. Ciò accadrà il 18 novembre prossimo nel concerto in memoria del compositore triestino Marco Sofianopulo, che l’orchestra Busoni terrà nella Cattedrale di San Giusto a Trieste, insieme con il Coro della Cappella Civica.

L’orchestra Busoni proseguirà con la ricerca e l’incisione di altre opere sempre per l’etichetta discografica Concerto Classics che, grazie alla passione e alla lungimiranza del suo direttore Andrea Maria Panzuti, fin dall’inizio è stata la promotrice del progetto di riscoperta di questo autore che ormai fa parte della nostra vita. Sono sicuro che le sorprese non mancheranno e spero diventeranno tante le persone che vorranno scoprire la musica di questo grande autore che ha taciuto ormai per troppo tempo.

Andrea Bedetti