La vicenda in questione la conoscono ormai anche i sassi, ma è sempre bene rammentarla. Negli ultimi anni della sua vita, Brahms decise di non comporre più nulla; stanco, sfiduciato, amareggiato soprattutto da un punto di vista umano, anche se nel cuore di questo buio artistico sorse improvvisa una momentanea, miracolosa aurora, quella che si concentra nel repertorio cameristico, dato dai quattro cicli pianistici (opp. 116-119), e dai quattro lavori con protagonista uno strumento assai particolare, almeno con tale funzione, il clarinetto, vale a dire il Trio op. 114, il Quintetto op. 115 e le due Sonate op. 120, con le prime due opere che nacquero sotto lo stimolo dato dall’amicizia che il genio di Amburgo ebbe con il clarinettista Richard von Mühlfeld, componente dell’orchestra di Meiningen, dove Brahms si recò nel 1891. Le due Sonate per clarinetto e pianoforte furono invece create nell’estate del 1894 e rappresentano le sue ultime composizioni cameristiche (prima di morire, Brahms scrisse solo due altre pagine, i Vier ernste Gesänge per basso e pianoforte e gli Undici preludi corali per organo ispirati a Bach).
Quello delle due Sonate per clarinetto è un Brahms che è ormai supremamente malinconico, intristito, un uomo che vive il proprio tramonto e lo traduce nei pochi capolavori che è in grado ancora di dispensare. E lo fa senza farsi prendere la mano dall’intimismo, da un malcelato senso di autocompiacimento, ma con una dimensione costruttiva e formale che mostra una sorprendente lucidità artistica. E la tessitura che riesce a imbastire per il clarinetto, con il suo timbro così particolare e “crepuscolare”, come da precise indicazioni fornite dallo stesso genio amburghese, può essere resa sia dalla viola, tenuto conto delle attinenze sonore che l’accomunano con lo strumento a fiato, sia dal violino, anche se tale versione, fatta ad usum per l’amico Joseph Joachim, presenta diverse modifiche, dovute proprio dalle caratteristiche dinamiche ed espressive dello strumento ad arco.
Le due Sonate op. 120, rispettivamente in mi bemolle maggiore e in fa minore, sono al centro di una nuova registrazione dell’etichetta discografica tedesca TYXart, che vede protagonisti l’israeliano Ron Selka, primo clarinetto dell’Israel Philharmonia Orchestra, e il connazionale Aviram Reichert, uno dei maggiori pianisti israeliani in circolazione, già vincitore del terzo premio al Van Cliburn International Piano Competition, i quali hanno voluto aggiungere anche la trascrizione per clarinetto e pianoforte di cinque Lieder dello stesso Brahms, il Minnelied op. 71 n. 5, e quattro dei cinque Lieder op. 105, i quali per via del loro registro grave si adattano perfettamente al timbro dello strumento a fiato.
La lettura fatta dal duo israeliano non è all’insegna di un acceso lirismo, ma si mantiene stabilmente su una linea squisitamente oggettiva, senza per questo peccare però di freddezza o algidità; questo significa che lo sguardo gettato sulle due Sonate e sui cinque Lieder è stato quello di mettere in risalto la suprema pianificazione armonica, non indugiando invece sul risultato melodico, con il rischio di rendere fin troppo liriche pagine che già nella loro essenza espressiva vantano tale caratura. Ma quando c’era da aggiustare il tiro in chiave passionale (i due tempi finali delle Sonate) Ron Selka & Aviram Reichert non si sono di certo tirati indietro, manifestando appieno quel tardo fuoco che Brahms riesce ancora a offrire, oltre agli accenni ironici (sempre i tempi finali delle Sonate), così come il languore sentimentale dei Lieder, i quali vantano un tasso eccelso di contemplazione, di stasi riflessiva.
Il risultato finale è un quadro capace di trasmettere soprattutto le linee generali di queste opere, le loro arcate, facendo affiorare la compiutezza della forma che le racchiude, senza far venire meno il loro significato ultimo, quel senso di testimonianza che intride l’ultimo Brahms, in cui ogni accordo è un testamento capace di racchiudere la grande tradizione del passato e di prefigurare quelle inquietudini esistenziali che porteranno a gettare un ponte tra il tardoromanticismo e la modernità novecentesca.
Avi Elbaz ha curato la presa del suono con un risultato più che buono, che può essere riassunto in una dinamica generosa senza però risultare enfatica e con un ottimo bilanciamento dell’equilibrio tonale, visto che i registri dei due strumenti rimangono sempre ben distinti, sia nel medio-alto, sia in quello medio-grave. E se il palcoscenico sonoro ricostruisce correttamente lo spazio fisico nel quale sono posizionati il clarinetto e il pianoforte, il dettaglio è pregno di matericità, garantendo un ascolto piacevole e coinvolgente.
Andrea Bedetti
Johannes Brahms – Clarinet Sonatas & Five Lieder
Ron Selka (clarinetto) - Aviram Reichert (pianoforte)
CD TYXart TXA20152
Giudizio artistico 4/5
Giudizio tecnico 4/5