Un programma che andava dal romantico fino al contemporaneo, così si è aperto il terzo concerto della stagione sinfonica 2019/20 della Fondazione Teatro La Fenice di Venezia che ha avuto luogo al glorioso Teatro Malibran.
Il 9 novembre, con replica il 10, l’Orchestra del Teatro La Fenice diretta da Marco Angius ha presentato dapprima in prima assoluta Breaking Walls Down, opera del giovane, ma già affermato, compositore Maurizio Azzan, il quale ha avuto modo di studiare, tra gli altri, con personaggi del calibro di Alessandro Solbiati e Salvatore Sciarrino. Un’opera dura, la sua, quella presentata al Malibran, che parte dalla constatazione che l’attuale società ha bisogno di creare muri, di rimarcare le differenze e di dividere; lacerazioni e sradicamenti che l’autore ha voluto iniettare in una composizione dall’inizio muto, in cui affiorano suoni sordi, spasmodici armonici dei violini che poi si tramutano in spietati glissandi degli archi, tra i quali va a frugare il particolare intervento dei timpani. Una partitura, diciamolo apertamente, dalla non immediata comprensione, la cui prefazione dello stesso Azzan dev’essere più volte capita e metabolizzata per entrare non solo nella mente, ma anche nel cuore dell’ascoltatore.
Andando poi a ritroso nel tempo, ecco che dal contemporaneo si è passati al tardoromantico con l’Intermezzo in do minore per Idomeneo di Mozart di Richard Strauss, pagina rara del musicista monacense, che è stata debitamente addomesticata da Marco Angius, il quale ha tenuto in pugno il suono orchestrale fin dal deciso incipit, mettendo in luce così una buona coesione dell’orchestra, con un particolare apprezzamento per l’oboe e per il flauto solisti.
Il programma ha fatto poi un ulteriore salto indietro nel tempo, attraverso un filo rosso sotterraneo, fino all’ultima sinfonia di Wolfgang Amadeus Mozart, la K.551 in do maggiore Jupiter. Esecuzione nel complesso ottima quella proposta dall’orchestra fenicea, contrassegnata da un inizio deciso dei timpani, timbricamente ben omogenei con gli archi. Ma il meglio è coinciso con il dirompente e trascinante movimento finale, inno e struggente commiato mozartiano in nome di un contrappunto che è un commosso tributo all’arte bachiana, iniziato senza esitazioni, con archi acuti e gravi perfettamente bilanciati senza il rischio di soffocarsi vicendevolmente.
Infine, l’appuntamento sinfonico si è chiuso con uno dei capisaldi della musica sinfonica beethoveniana, la Sesta sinfonia Op.68 Pastorale. Primo movimento con un inizio tortuoso e faticoso per i violini, prontamente recuperati, mentre il secondo tempo è stato forgiato benissimo, con la magistrale esecuzione del fagotto solista. Cartellino giallo per i corni nel terzo movimento, eccessivamente soffocati e poco netti, eccellenti i violini nel colpo d’arco nel Temporale così come i pizzicati. Ma complessivamente lodevole l’orchestra nelle parti d’assieme, capace di mostrare quella necessaria omogeneità che le permettono di essere annoverata tra le compagini orchestrali più meritevoli del panorama musicale nazionale. Degna di nota la direzione di Marco Angius, il quale ha saputo cogliere adeguatamente i bilanciamenti e l’affiatamento dell’orchestra inserita nella complessa acustica del teatro veneziano.
Marco Pegoraro
Giudizio artistico 4/5
9 novembre / 10 novembre 2019
Venezia – Teatro Malibran
Maurizio Azzan
Breaking Walls Down
Commissione «Nuova musica alla Fenice»
con il sostegno della Fondazione Amici della Fenice e lo speciale contributo di Nicola Maria Giol – prima esecuzione assoluta
Richard Strauss
Intermezzo in do minore per Idomeneo di Mozart
Wolfgang Amadeus Mozart
Sinfonia n. 41 in do maggiore KV 551 Jupiter
Ludwig van Beethoven
Sinfonia n. 6 in fa maggiore op. 68 Pastorale
Orchestra del Teatro La Fenice – Marco Angius