Se le mie informazioni non sono fallaci, questo dovrebbe essere il primo disco registrato da solista da parte della pianista siciliana Guendalina Consoli, la quale per l’etichetta TRP Music ha voluto eseguire, come debutto, un programma che più classico non si può, ossia brani che appartengono al repertorio romantico. Non per nulla, il titolo di questa silloge pianistica è Gocce di romanticismo ed è stata imbastita dalla Consoli sulla base delle motivazioni che la stessa pianista ha voluto delineare nelle note di accompagnamento al disco. Ecco che cosa scrive Guendalina Consoli come incipit al suo testo: «Nell’Universo regna un principio di “non località”, grazie al quale in varia misura ogni cosa è in diretto ed istantaneo contatto e comunicazione con ogni altra, indipendentemente dallo spazio fisico che le separa. Oggi, tuttavia, non abbiamo contezza di ciò né di quanto profonda la “connessione” con qualunque essere di questo pianeta a prescindere dai confini, dalle distanze, dalle differenze che ci caratterizzano e ci contraddistinguono. Le gocce dal mio punto di vista costituiscono l’elemento naturale che più si addice a tale principio in quanto simboleggiano le piccole entità che si arricchiscono vicendevolmente contribuendo alla realizzazione di qualcosa di grande. In questo album, pertanto, ogni singolo compositore personifica la goccia, così come ogni singolo brano proposto. Ritengo che le forme che meglio esprimono questi concetti siano quelle libere da eccessivi condizionamenti formali e che vengono definite “piccole forme” così come le parti estrapolate da forme più grandi».
Così, in nome di queste “correspondances” di baudelairiana memoria, di queste identificazioni capaci di superare le barriere dello spazio e del tempo, l’artista siciliana ha confezionato un programma che vede la presenza di nove compositori, ossia Fanny Mendelssohn, Fryderyk Chopin, Michail Glinka, Nicanor Abelardo, Franz Liszt, Johannes Brahms, Jules Massenet, Claude Debussy e Isaac Albéniz. Se proprio dobbiamo fare i precisini, i nomi di Claude Debussy e, soprattutto, del filippino Nicalor Abelardo, mi stanno un po’ stretti in chiave romantica, anche se Guendalina Consoli del primo sforna il consueto Clair de lune, oltre alla Rêverie e al primo dei due Arabesques, mentre considero a dir poco originale il fatto di accostare il compositore del Sud-est asiatico al romanticismo musicale, anche se il brano preso in oggetto, il Notturno in do diesis minore, risale al 1921, influenzato dal tipico genere della canzone filippina, il kundiman, e con un autore che, semmai, è stato influenzato soprattutto dall’armonia hindemithiana e dagli esponenti della Seconda scuola viennese, che propriamente romantica non può considerata. Allo stesso tempo, però, mi rendo perfettamente conto che la volontà da parte dell’interprete di inserire questi due autori che per scontati motivi anagrafici e temporali non possono appartenere al romanticismo tout court, e questo vale per Nicalor Abelardo, e che per precise scelte compositive andarono oltre il romanticismo stesso, e qui mi riferisco chiaramente a Claude Debussy, risiede nel fatto di allargare il significato semantico relativo al contesto puramente storico del fenomeno artistico in sè.
Ad ogni modo, sottigliezze musicologiche a parte, è il caso di analizzare la visione pianistica dell’artista siciliana attraverso questo programma che presenta pagine anche di grande impatto e difficoltà espressiva, oltre che tecnica. Non rispettando l’ordine dato dalla playlist, cominciamo proprio dai due suddetti autori. Il First Nocturne in do diesis minore del compositore filippino non è certo un brano irrinunciabile, anche alquanto elementare, e la sola caratteristica sulla quale fare attenzione è la resa espressiva della sua melodia, cosa che Guendalina Consoli riesce a fare esaltando l’aura nostalgica e intrisa di delicata mestizia che lo impregna. Il denominatore che accomuna le tre pagine di Debussy, ossia l’iperinflazionato Clair de lune, la Rêverie e l’Arabesque n. 1, è dato dalla ricerca di un suono bello, affascinante, votato a un fraseggio che ricerca instancabilmente l’esaltazione della melodiosità e di quella sensazione irrinunciabile di proiezione trasognata.
Il trittico dedicato a Chopin, con i primi due Notturni dell’op. 9 e con il secondo Valzer dell’op. 64, vede la pianista siciliana lavorare soprattutto sull’agogica, in modo da poter sfruttare con maggiore efficacia sulle sfumature timbriche (cosa che avviene principalmente nel secondo Notturno), mentre il Valzer viene espresso con quella necessaria dose di struggente fascino dato dalla triste brillantezza che lo contraddistingue, senza per questo tradire il tempo richiesto. Seguono, poi, i sei pezzi singoli tratti da altrettanti compositori; il Tango, tratto da España op. 165 di Albéniz, gioca sulle sottili nuances seduttive che impregnano questo brano, mentre la capacità di saper far cantare il pianoforte da parte della nostra interprete torna con la “Meditation” da Thaïs di Massenet, in cui il lato drammatico viene sapientemente stemperato timbricamente in quello più elegiaco del pezzo. Passando al dio Johannes Brahms, Guendalina Consoli affronta l’Intermezzo in la maggiore op. 118, n. 2 con il dovuto senso di ricerca intimistica, senza farsi trascinare da un languido sentimentalismo che sarebbe del tutto fuori posto, e soprattutto senza dimenticare l’origine di questo afflato, che proviene direttamente da Robert Schumann.
Certo che scegliendo certi brani la nostra pianista rischia l’ovvietà, ma per fortuna la sua caratura di lettura le permette di sottrarsi dal mantra della banalità esecutiva, come avviene nella terza delle Consolations, S. 172 di Liszt, in cui riesce a trasmettere un senso di sospensione atemporale, di distacco assoluto dal mondo fisico delle cose, senza disgiungere un atto pianistico capace di donare una continua cristallinità al timbro, andando ulteriormente a impreziosire la sua interpretazione. Di notevole interesse il Notturno in fa minore La separation di Michail Glinka, in quanto, nonostante la sua bellezza e la nobiltà che riesce a esprimere, resta ancora oggi pagina rara da ascoltare. E la nobiltà, unita a quel senso di tipica tristezza larvata che emana da buona parte della musica russa, nella lettura della pianista siciliana non manca, oltre a un sottile substrato di drammaticità che fa capolino dal tessuto melodico del brano.
Infine, il tributo dato alla creazione musicale femminile, in questo caso il Notturno in sol minore di Fanny Mendelssohn, che la musicista tedesca scrisse nel 1838, prima di intraprendere il suo viaggio in terra italiana. Non essendo ancora stata a Venezia, la sorella di Felix Mendelssohn decise di comporre questo Notturno nello stile di una barcarola, tanto è vero che questa pagina presenta delle somiglianze con il Gondelieder di suo fratello, il quale all’epoca aveva già visitato la città lagunare e condiviso le sue impressioni con la sorella, che attendeva con ansia la possibilità di visitarla. Quindi, sogno, trasfigurazione, sfrenata immaginazione ed entusiasmo futuro traspaiono dal Notturno di Fanny Mendelssohn, tutti elementi che la lettura dell’artista siciliana riesce a instillare e a rendere manifesti.
Sulla base di ciò che Guendalina Consoli ha presentato in questa silloge romantica, capiamo di avere di avere a che fare con una pianista che ha indubbiamente qualità e senso espressivo, qualità che però, a mio modestissimo avviso, la nostra interprete deve sfruttare a vantaggio di progetti discografici, sempre che abbia intenzione di proseguire su questo sentiero in un prossimo futuro, maggiormente circonstanziati e focalizzati, magari andando a presentare brani e autori meno scontati.
La presa del suono, effettuata da Riccardo Samperi, è complessivamente positiva, anche se il timbro del pianoforte che ricostruisce, tende ad essere leggermente troppo “squillante”, nel senso che sul registro acuto si può notare, ma ciò avviene solo su impianti audio di alta fascia, un sentore di “metallicità” che alla lunga rende faticosa la piacevolezza dell’ascolto. A livello di parametro del palcoscenico sonoro, lo strumento viene riproposto al centro dei diffusori, con una discreta capacità di irradiare il suono in altezza e in ampiezza. Anche il dettaglio è più che sufficiente, visto che la matericità e il senso fisico del pianoforte sono di buona fattura.
Andrea Bedetti
AA.VV. – Gocce di Romanticismo
Guendalina Consoli (pianoforte)
CD TRP Music TRP-CD007
Giudizio artistico 4/5
Giudizio tecnico 3,5/5