Il violoncellista e violista da gamba Antonio Fantinuoli, che fa parte dell’Ensemble Chiaroscuro, risponde alle nostre domande che vertono sul disco “Baroque enchantment”, uscito da poco per Concerto Classics, e sull’immenso e affascinante repertorio musicale del XVII e XVIII secolo
Maestro Fantinuoli, il vostro CD, “Baroque enchantment”, rappresenta un viaggio simbolico negli affascinanti meandri del Barocco, nel quale sono presenti sia autori famosi, Frescobaldi e Vivaldi, sia altri che possono risultare del tutto sconosciuti ai profani di tale genere musicale, come Cima, Castello e Raimondo. Perché avete privilegiato questo tipo di scelta?
Il principale difetto dei musicisti è di cercare spasmodicamente bella musica. Cosa sia il concetto di “bello” non è immediato da spiegare. Simmetrie, asimmetrie, inventiva, sorpresa, arditezza e molto altro portano a preferire alcuni autori, e di questi alcuni brani. Sono queste le cose che abbiamo cercato di mettere nel nostro (piacevolissimo) lavoro. La soddisfazione che abbiamo avuto nel raccogliere i commenti entusiasti da persone lontanissime dalla “musica antica”, che hanno ascoltato il cd in anteprima ci conferma la qualità della scelta fatta. Sarebbe stato molto più facile scommettere su autori conosciuti ma così è molto più appagante.
Ciò che colpisce nei brani che avete registrato è l’alta qualità stilistica ed espressiva che accomuna sia gli autori più conosciuti, anche al grande pubblico, sia quelli del tutto sconosciuti. Chi non conosce la musica barocca si potrebbe domandare, a questo punto, per quale ragione un Vivaldi (la cui scoperta risale alla prima metà del secolo scorso) o un Frescobaldi oggigiorno sono allora più famosi di altri autori. Di fronte a questa domanda, lei che cosa risponderebbe?
Mi lasci tracciare un parallelo con musiche più vicine a queste persone. Bob Dylan, i Beatles, Tom Waits e molti altri ci accompagnano da decenni e sono certo che continueranno a vivere con la loro opera anche nei decenni a venire. Chi, al contrario si ricorderà di… ? non mi va di fare nomi ma ci siamo capiti. La bellezza, sempre lei. Recentemente sono tornato a Firenze per trascorrere qualche giorno di vacanza con mia moglie. Siamo tornati con gli occhi e il cuore sopraffatti dalla maestà commovente dei capolavori che da secoli illuminano le generazioni. Se davanti a Santa Maria del Fiore a me viene in mente Dufay poco importa. Grandioso comunque. La bellezza è poi, mi lasci dire, trasversale. Tornando verso casa ho cominciato a pensare all’arrangiamento per chitarra acustica di un canto popolare sardo, No potho reposare, che ho prontamente realizzato. Un brano ascoltato molto tempo fa e recentemente riscoperto. Gran belle sensazioni anche in un brano semplice, poiché la forza della musica popolare è immensa.
Per quale motivo avete deciso di dare vita all’Ensemble Chiaroscuro? Qual è il vostro approccio filologico alla galassia barocca?
L’impulso dato alla nascita di Chiaroscuro è arrivato a me attraverso il più noto socialmedia. Il direttore artistico di Concerto Classics, Andrea Panzuti, mi ha parlato delle sonate op. 2 di Mascitti che registrammo io e Fabrizio Haim Cipriani molti anni or sono, che gli piacquero particolarmente, e mi ha proposto una collaborazione. Semplice. Con Fabrizio e con Giangiacomo Pinardi, in tempi diversi, abbiamo condiviso anni di concerti ai quattro angoli del mondo, siamo maturati e ora ci ritroviamo in questo nuovo progetto. Sirio Restani lo abbiamo frequentato di meno ma è un musicista eclettico straordinariamente bravo, inoltre è genovese come me e Cipriani ed è stato allievo del Maestro Flavio Dellepiane, organista e compositore, con il quale siamo cresciuti nella scoperta della prassi esecutiva barocca. Ognuno di noi ha poi avuto modo di confrontarsi con i migliori interpreti dei rispettivi strumenti, e rubare il mestiere. Naturalmente le nostre personalità individuali giocano un ruolo chiave, fondendosi a meraviglia nel piacere assoluto di fare musica assieme. Un sicuro punto di riferimento è stato per tutti noi il compianto Nicholaus Harnoncourt, genio indiscusso della musica che proprio quest’anno ci ha lasciati.
Quali sono quegli ambiti, quegli aspetti della musica barocca che devono essere messi ancora in debita luce, sia a livello di indagine, sia a livello interpretativo?
Domanda da un milione di dollari questa. La ricerca non si arresta, la sete di nuove fonti non è mai placata ma io aggiungerei la mia opinione sul linguaggio musicale, maturata in oltre trent’anni di attività. Così come cambia nel tempo la lingua parlata allo stesso modo muta la maniera di suonare. Sottigliezze, piccole differenze di pronuncia, sono inevitabili. Basta riascoltare vecchie registrazioni proprie o altrui per rendersene conto. Si ha la sensazione di suonare sempre allo stesso modo ma non è così. Per fortuna.
Avete già pensato a un prossimo disco e quali autori presentare?
Sicuramente un volume monografico dedicato a Michele Mascitti ma anche un disco dedicato alle musiche italiane ed europee per violoncello del Sei-Settecento, e Giangiacomo sta pensando a un cd dedicato al grande John Dowland.
Andrea Bedetti