Alla Casa del Jazz la presentazione di “Geometrie, affetti personali”, nuovo progetto discografico dell’Alberto Giraldi Jazz Quartet

“A tavola  lascia sempre  una sedia in più, potremmo avere un ospite”, si diceva una volta nelle famiglie. E’ quello che Alberto Giraldi sembra tenere presente anche in concerto col suo ensemble. Alla Casa del Jazz arriva con un quartetto che non è un quartetto, bensì il punto di partenza “finito” per un quintetto, o più. Nelle sue composizioni, immagina lo spazio per un ospite che “arricchisca la conversazione”. E, in effetti, di conversazione si tratta: sul palco vediamo i musicisti dialogare attraverso i loro strumenti, divertirsi, comunicare tra loro e con il pubblico, sulla base di una scrittura intelligente che ha tenuto conto delle potenzialità dei musicisti (come fece, forse per primo, Duke Ellington, che componeva “su misura” per la sua orchestra).  Con questa apertura inizia  il viaggio all’interno di uno dei gruppi più interessanti della scena jazzistica italiana. La base si articola intorno ad un’idea ben solida e radicata di cubatura timbrica,  costituita da una voce solistica – il sax soprano e contralto Filiberto Palermini, in stato di grazia –  sorretta da una tradizionale sezione ritmica con piano, contrabbasso e batteria (Ettore Fioravanti, che assolutamente non si risparmia). E la sedia vuota? La riempie  una  fluida  sonorità mai uguale a se stessa, ma al tempo stesso ferocemente individuale e riconoscibile. Si tratta della tromba di Fulvio Sigurtà, a cui è affidato, in alcuni brani, il ruolo di quinto uomo, tanto durante il concerto quanto nell’album.

Il protagonista vero di questa alchimia  è però un ingrediente ormai quasi del tutto scomparso dalle tavole jazzistiche nostrane: la composizione. Giraldi, musicista a tutto tondo che spazia dal pop alle colonne sonore, dalla produzione agli arrangiamenti, mette tutte le sue esperienze ed emozioni nella scrittura, disegna musica espressamente per i colori strumentali dei suoi musicisti, tagliando su misura per loro gli abiti più belli e lussuosi. Certamente, è facilitato dal fatto che questo gruppo – come ormai raramente accade – è un gruppo stabile, che cresce e matura grazie alla condivisione e alla consuetudine del lavoro costante e partecipato. Una formazione sopra la media, musicisti fuoriclasse.  Ettore Fioravanti, uno tra i migliori batteristi jazz italiani di sempre, non ha bisogno di presentazioni. Filiberto Palermini, uno dei tesori meglio nascosti del jazz italiano, sorprenderà l’ascoltatore per una timbrica molto calda, un’inventiva debordante,  un linguaggio freschissimo e convincente a partire da una sonorità impeccabile, sontuosa, tra le migliori oggi ascoltabili in Italia (e non solo). Al giovane – ma ormai affermatissimo – Riccardo Gola, il non facile compito di sostenere una musica volatile, aerea, capace di spiccare balzi improvvisi. Gola  elabora la sua  sensibilità armonico-ritmica con una tecnica disinvolta, utilizza spesso gli armonici con la stessa facilità e padronanza che mostra con l’archetto.   Il posto vuoto, come abbiamo detto, è occupato questa sera (e nel disco) dal trombettista Fulvio Sigurtà, figura emergente del jazz europeo, caratterizzato da  una sonorità pensosa, lirica, e di un fraseggio di cristallina purezza e impressionante efficacia. A rendere, però, il quartetto/quintetto una vera anomalia nel jazz italiano è la visione compositiva di Giraldi.  Il pianista romano  è un vero artigiano della partitura, uno dei più raffinati inventori di forme e colori musicali in circolazione, che mantiene l’eleganza del tocco  anche come  pianista e improvvisatore,  che non si limita ad accumulare frasi su frasi, fini a se  stesse, ma anzi, anche durante il momento dell’invenzione estemporanea, compone. E lo fa senza mai affidarsi alla routine del fraseggio standardizzato, ragionando in tempo reale su ulteriori risorse inventive. Un far musica, il suo, poetico, a partire dalle melodie, capaci di comunicare all’ascoltatore il senso dei brani – veri e propri piccoli poemi sinfonici – e di conficcarsi nella memoria anche al primo ascolto; per proseguire con un’idea timbrica complessiva di rara distinzione, a testimoniare e confermare come il ragionamento compositivo di Giraldi sia sempre commisurato alle risorse sonore di cui dispone, combinate e mescolate con magnifica eleganza.  La musica di questo quartetto/quintetto ti rapisce, è un deja-vu che non assomiglia a nulla. Sebbene in essa si possano rintracciare le più diverse e varie influenze – dal jazz dei grandi maestri alle sperimentazioni di fusione e ibridazione, fino al pop più raffinato e alla musica classica – i tracciati melodico-armonici esprimono compiutamente una freschezza salutare, un orizzonte poetico tutto da scoprire. Il concerto termina con un brano scritto sull’emozione della tragedia del Bataclan, le note ci trasmettono un momento di tristezza, ma anche di speranza. Usciamo nel grande parco della Casa del Jazz, che fu la villa di uno dei Boss della banda della Magliana, e ancora abbiamo dentro le note del concerto, il ricordo del Bataclan, che non dovrà (speriamo) più ripetersi, il cielo stellato ci dice che la musica di qualità , come quella ascoltata questa sera, ci fa credere in un futuro sereno.

Mauro Buttinelli


ALBERTO GIRALDI JAZZ QUARTET – 15 maggio 2016 – Casa del Jazz
Alberto Giraldi – pianoforte
Ettore Fioravanti – batteria
Filiberto Palermini – sassofoni
Riccardo Gola – contrabbasso
Special guest Fulvio Sigurtà – tromba