L’opera musicale del compositore, chitarrista e liutista contemporaneo tedesco Hans-Jürgen Gerung rappresenta un mirabile esempio di come l’attuale arte dei suoni possa e debba essere elemento di congiunzione, di collante creativo, con la potenza dell’arte pittorica e con la forza dell’arte letteraria. Un elemento che viene riproposto dall’artista nelle sue ultime due produzioni discografiche, il compact disc Thou single wilt prove none - Music for countertenor and lute, con la presenza del controtenore Daniel Gloger e lo stesso Gerung al liuto e allo ʿūd, e il singolo Tombeau für Manfred Ambrosch - Contemporary music for guitar, con il compositore tedesco alla chitarra.
Come sempre, l’ascolto di composizioni di questo autore impone, a posteriori, una serie di riflessioni, le quali inevitabilmente coinvolgono per l’appunto la letteratura e l’arte (non per nulla, Hans-Jürgen Gerung è anche grafico, pittore e saggista), dando così luogo a una maxima moralia in cui il ricorso del termine di Gesamtkunstwerk di wagneriana memoria non risulta essere esagerato o fuori posto. Questo perché la concezione estetica di Gerung è un luogo d’appuntamento, una Lichtung heideggeriana, nel quale si danno convegno suoni, parole, linee, colori, veicolati dal ricorso di un logos che sorge dal mirabile edificio bachiano (non dimentichiamo l’assiduo e costante studio che l’autore tedesco ha sempre fatto dell’opera, non solo liutistica, del sommo Kantor).
Citare Bach e il mirabile universo della costruzione tonale ci porta a ricordare anche un altro aspetto imprescindibile dell’opera di Gerung, ossia il bilanciamento, il lenimento, il richiamo incessante che la sua musica rivolge alla classicità del passato, al punto che il compositore tedesco continua a dirci che la sua contemporaneità non sarebbe nulla senza la “solida roccia” di quanto fatto nei secoli passati, fissati in un perfetto ordine nel quale suono, linea, prospettiva, parola riuscivano a formare idealmente un tutto, quel Gesamt- a cui la speculazione intellettuale e artistica di Gerung incessantemente guarda come un lost paradise, trasformatosi ormai ai nostri giorni in un waste land.
Ecco, allora, che il ricorso di classici come Shakespeare e Dante che infarciscono il tessuto creativo di Thou single wilt prove none (verso tratto dall’ottavo sonetto del bardo inglese) vuole essere un ulteriore richiamo, un ennesimo invito alla contemplazione del tutto che l’espressione artistica, qualunque essa sia, riesce miracolosamente ancora a offrire, perché Hans-Jürgen Gerung è orgogliosamente un classico che ama esprimersi attraverso la sua contemporaneità che l’attuale non-presente odierno cerca di osteggiare in ogni modo.
La potenza evocativa e simbolica del titolo di questo disco, prodotto dalla casa discografica dello stesso compositore, prende spunto da come Shakespeare inviti i lettori (e Gerung gli ascoltatori/lettori/osservatori) a considerare l’arte musicale come un’armonia composta da diversi elementi unificatori, così come una famiglia felice è composta armoniosamente dalla figura paterna, materna e filiale. Da qui, una sorta di desco intorno al quale chiunque, affamato e assetato di arte, possa sedersi e cibarsi a volontà grazie al mistero del suono, alla potenza dell’immagine e alla forza della parola. La “classicità” di Gerung arriva a un punto tale da trasformare Thou single wilt prove none in una parodia (nel senso nobile del termine) di un dialogo platoniano al quale prendono parte musicisti e poeti di diverse epoche e di differenti paesi, con i primi rappresentati dalla giapponese Mai Fukasawa, dall’italo-americana Maria Antonietta Guccione, da Carlo Gesualdo, da John Dowland e Sigismondo d’India, oltre che dallo stesso Gerung, e i secondi dal poeta siriano-tedesco Fouad El-Auwad, da William Shakespeare, da Dante Alighieri, lo stesso Dowland, Ottavio Rinuccini e da un anonimo, un Divano occidentale-orientale di goethiana memoria che rimanda a un fascinoso e “inattuale” Parnaso in cui il Gesamtkunstwerk possa avere luogo, affinché per il tempo che le è permesso la waste land torni a essere ancora un lost paradise.
Questa “opera d’arte totale” prende vita quindi tra passato e presente, quando i versi di Shakespeare e la Divina commedia dantesca vengono rivisti attraverso la “lente di ingrandimento-collaborazione” tra le musiciste Fukasawa e Guccione da una parte e Gerung dall’altra, quando autori e liutisti eccelsi come Dowland e Sigismondo d’India vengono ri-proposti sotto tale ottica, quando un poeta attuale come El-Auwad si fa latore di una ideale continuità in cui la parola può e dev’essere ancora al servizio del suono musicale, quando, insomma, poesia e musica s’incontrano nuovamente, assumendo quasi una valenza “trovadorica” rivista e attuata all’“adesso” odierno.
Da questo contesto non manca anche l’impatto dell’immagine sotto la chiave “immagini-fica”, e qui affiora la dimensione pittorica di Gerung, che si pone al servizio di una Erinnerung, di una memoria la cui l’azione del ricordo, della rimembranza assume i contorni barocchi, aulici di un Tombeau, sul solco già tracciato di un sentiero che partendo da Marais e Couperin arriva fino a Ravel. Non nascondo il fatto di immaginare (dato il contesto non potrebbe essere altrimenti) Gerung nelle fattezze di un novello Julien Davenne, il protagonista di quel meraviglioso film di François Truffaut che è La chambre verte, in cui un reduce della Prima guerra mondiale consacra la propria vita al ricordo delle persone care che sono morte e delle quali nessuno si prende cura del loro ricordo e di ciò che sono state. Un Tombeau cinematografico che Gerung ha saputo trasformare in una serie di Tombeaux musicali, come quelli dedicati ad artisti da lui conosciuti e frequentati, al grafico e pittore Heinz Schubert, al mecenate Fabio Boccagni, all’amico Arthur Lamka e ora al manager artistico Manfred Ambrosch, deceduto improvvisamente lo scorso anno.
Quest’ultimo Tombeau, al centro del singolo pubblicato sempre dalla Gerung-Arts&Music, è stato scritto dal compositore tedesco partendo da una melodia della Guerra dei Trent’anni, intitolata Es ist ein Schnitter, es heiβt der Tod, ossia “È un mietitore che si chiama morte”. Oltre al CD, Gerung ha voluto registrare questo nuovo brano anche su un DVD, abbinando la musica a una serie di suoi dipinti e lavori grafici, i quali devono essere necessariamente considerati un “completamento/compimento” del frutto sonoro. A tale proposito, la pittura di Gerung, le cui figure umane richiamano alla mente i ritratti di Francis Bacon e i cui animali sembrano evocare quelli di Franz Marc, uno degli artisti di punta del Blaue Reiter, vanta un’essenzialità prosciugata, una serie di linee che muoiono nei colori, e questo vale soprattutto nei suoi paesaggi, tali da evocare una desolazione assoluta, ma sempre immersa e resa pregnante dalla presenza della natura, elemento consolatorio per l’uomo. L’immagine come proiezione del ricordo, la forza della visione che ha il compito di soccorrere colui che resta e non sa quando toccherà la sua ora (Gerung nel DVD proietta una citazione dal Vangelo secondo Marco 13.32, in cui Gesù afferma: «Tuttavia, nessuno sa quando verrà quel giorno e quellʼora, non lo sanno gli angeli del cielo»), facendo poi ricorso al suo Bach, concludendo la registrazione con un passaggio dalla Johannes Passion, l’Aria per contralto n. 30 Es ist vollbracht, ossia “Tutto è compiuto” (il testo di questo stupendo brano della Passione recita testualmente: “Tutto è compiuto! O consolazione degli afflitti, contro l'attimo estremo di questa notte di morte. L'eroe della Giudea trionfa e conclude la sua battaglia. Tutto è compiuto!”). E Gerung si addentra con la sua musica, con il suo liuto forte (un’immagine che rimanda potentemente alla figura di Orfeo) nella “notte di morte” dei suoi amici, ricordandoli e facendoli sentire vivi fino a quando le corde dello strumento continuano a vibrare.
La versatilità strumentale di Hans-Jürgen Gerung si coniuga con la raffinatezza della sua espressività, nel saper rendere congruo quel timbro che appartiene ai grandi maestri del passato, come agli autori contemporanei, capacità che risiede nel sapersi immedesimare in ciò che si vuole rendere vivo; quindi, che sia un liuto, un liuto forte, una chitarra a sei o a dieci corde o uno strumento timbricamente affascinante come lo ʿūd, l’artista tedesco manifesta sempre la proprietà di saper plasmare un suono che si immedesima nel contesto che gli appartiene, senza far sì che una modernità timbrica si liquefi in un rigurgito del passato e viceversa, ma facendo in modo che la commistione, l’unità di intenti della sua musica e di quella altrui venga sempre mantenuta distinta, con il risultato che il moderno possa riecheggiare il passato così come il passato possa riconoscersi nel moderno.
Buona anche l’esecuzione del controtenore Daniel Gloger, anche se a volte tende a “teatralizzare” troppo l’emissione, ossia enfatizzando oltremodo la tessitura con il desiderio di rendere “scenica” la rappresentazione vocale, quando invece sarebbe bastato trasmettere una maggiore “asciuttezza” timbrica; ma questo non pregiudica il risultato complessivo, tenendo conto che il controtenore di Stoccarda passa disinvoltamente dai versi rinascimentali di Dowland alle prove ardue date dalle autrici contemporanee.
Buona anche la presa del suono, capace di restituire distintamente nel dettaglio e nell’equilibrio tonale la fisicità degli strumenti e della voce, merito di una dinamica adeguata e di un palcoscenico sonoro nel quale sono ricostruiti correttamente i due interpreti.
Andrea Bedetti
AA.VV. – Thou single wilt prove none - Music for countertenor and lute
Daniel Gloger (controtenore) - Hans-Jürgen Gerung (liuto & ʿūd)
CD Gerung Arts&Music
Giudizio artistico 4/5 Hans-Jürgen Gerung – Tombeau für Manfred Ambrosch - Contemporary music for guitar Hans-Jürgen Gerung (chitarra) CD Gerung Arts&Music Giudizio artistico 4,5/5
Giudizio tecnico 4/5
Giudizio tecnico 4/5