Nessun compositore, prima di Felix Mendelssohn, era riuscito ad esprimere l’aspetto gioioso ed elegante del Romanticismo tedesco. Questo soprattutto durante la sua attività giovanile (non si dimentichi che Mendelssohn fu artisticamente un bambino prodigio), quando scrisse tra l’altro concerti e sinfonie, spesso considerati a torto capolavori minori e quindi meno ascoltati rispetto ai più importanti lavori creati negli anni della maturità. In realtà, queste opere giovanili mettono in mostra un’indubbia eleganza melodica, oltre a vantare innegabili influenze mozartiane.
Tali caratteristiche sono presenti nel Concerto in re minore per pianoforte, violino e orchestra d’archi composto da Mendelssohn nel 1823, ossia quando il genio amburghese aveva solo quattordici anni; un’eleganza che si abbina alla freschezza con cui espone i due temi nel primo movimento, il quale manifesta un’instancabile propensione al virtuosismo del pianoforte rispetto al ruolo del violino, con gli archi preposti a introdurre i temi principali dell’Allegro.
Sempre gli archi, poi, aprono l’Adagio, il cui tema cantabile è poi ripreso dal pianoforte e subito dopo dal violino. L’apporto dato dagli stessi archi si massimizza nel finale del tempo centrale, dando vita a una sorta di dialogo trilaterale con i solisti. Con una forte animazione è il pianoforte, in un dialogo con il violino, ad aprire il terzo movimento, in cui ancora una volta è nettamente marcato il confronto tra i due solisti, mentre l’orchestra assume un ruolo di discreto accompagnamento dal sapore decisamente cameristico. Questo confronto tra i due strumenti solisti si focalizza soprattutto nel finale del secondo tema, con un’esposizione cantabile del violino accompagnato dagli arpeggi (altra testimonianza dell’eleganza del giovane Mendelssohn!) del pianoforte.
Sempre nel novero delle composizioni giovanili del musicista di Amburgo è la Sinfonia n. 10 in si minore per archi, una delle dodici sinfonie per archi scritte in un lasso di tempo che va dal 1821 al 1823 e destinate ad essere eseguite in ambito domestico a casa Mendelssohn e pubblicate solo dopo la morte dell’autore. Questa pagina sinfonica è molto concisa, di breve durata e in un singolo movimento quasi in forma sonata, introdotta da un Adagio cantabile. Per quanto breve, è notevole come allo stesso tempo sia anche densa, espressiva, chiara e scorrevole. L’Allegro è sorprendentemente deciso e sicuro, in netta contrapposizione con la pagina introduttiva.
Ora, queste due pagine giovanili sono state registrate dalla Decca con un duo d’eccezione, il violinista e compositore israeliano Shlomo Mintz e il pianista Roberto Prosseda, il quale nel corso del tempo ha focalizzato buona parte della sua sensibilità interpretativa a favore delle opere mendelssohniane, che si è concretizzata nella registrazione di tutto il corpus pianistico (tra cui rarità e vere e pagine inedite) del compositore amburghese e che continua appunto con questo ulteriore tassello. Un duo di interpreti che si è avvalso dell’accompagnamento orchestrale della Flanders Symphony Orchestra, una delle più importanti e rinomate orchestre belghe, diretta dall'inglese Jan Latham-Koenig. Mintz, inoltre, è il protagonista anche di un’altra pagina giovanile di Mendelssohn, il Concerto per violino (MWV O 3) che risale al 1822 e che aprirà la via al ben più celebre Concerto per violino op. 64, scritto ventidue anni dopo.
Il Concerto in re minore per pianoforte, violino e orchestra d’archi (MWV O 4) è stato registrato nella versione con fiati e timpani e presenta una fluida apertura dell’orchestra e un eccellente ingresso del pianoforte, seguita da un’eccellente ripresa da parte del violino. L’impeccabile comunicazione tra i solisti, sempre ben coesi e con un dialogo quasi “cameristico”, risulta essere determinante nell'evidenziare il carattere giovanile del compositore e quell’eleganza di cui si è già detto. Brillante l’accompagnamento orchestrale, mai ridondante, con il tempo della sezione grave degli archi ben tenuto e costante. Semmai, un piccolo appunto può essere circoscritto al legame tra i violini e il pianoforte nell’Allegro, rapidamente recuperato (minuto 3:40). Nettamente migliore il pianoforte quando si esprime da solista, contraddistinto da un timbro potente, pieno, ma mai preponderante sull'altro solista.
Ottima l’apertura di violini e fiati nel secondo tempo (Adagio); da lodare in particolare i fiati, molto melodici e coesi. Accattivante e azzeccata è la scelta dell’oboe per la parte di “basso continuo”, se così si può dire, assieme alla tastiera, con la quale instaura un perfetto dialogo.
La precisione e la lettura dei solisti raggiunge il suo apice all'inizio dell’Allegro molto, seguito da un potente e uniforme ingresso dell’orchestra, con il pianoforte che si alterna nell'esposizione del tema con il violino; pianoforte che, poche battute dopo, sviluppa una tessitura in modo quasi “pizzicato”.
Come solista troviamo Mintz nella registrazione del Concerto in re minore per pianoforte, violino e orchestra d’archi (MWV O 4) il quale fa capire fin da subito di essere perfettamente in sintonia con l’orchestra, la quale compie eccellentemente l’apertura del primo tempo. In particolare, le ben marcate arcate dei violini permettono all’esecuzione di mostrare uno stile che rimanda a un indubbio ésprit mozartiano, segno evidente di come il genio salisburghese abbia lasciato indelebile traccia nel Mendelssohn tredicenne. Ancora una volta, l’eleganza melodica viene trasmessa degnamente dal solista nell’Andante, con una perfetta riuscita del tema nel registro armonico e nell'antecedente cadenza. Da lì, senza soluzione di continuità, la partitura indica l’Attacca subito del terzo tempo, con un impeccabile ingresso solistico, seguito dalla linea dei violoncelli e dei contrabbassi. Ben marcati, anche se non perfettamente unisoni, i pizzicato degli archi, seguiti da un maestoso e travolgente finale.
Si è accennato prima alla bontà della compagine orchestrale belga che si estrinseca nella pagina dedicata alla musica sinfonica, ossia la Sinfonia n. 10 in si minore per archi. Una bontà di lettura, grazie anche alla sapiente direzione di Jan Latham-Koenig, che si mostra fin dall'apertura violinistica dell’Adagio quasi cantabile e che risulta essere di nuovo ideale nella resa da parte di violoncelli e contrabbassi, ben marcati e decisi, così come nei precisi crescendo dei violini nella seconda metà della composizione. D’obbligo menzionare la sezione degli archi più gravi, mai fuori dalle righe e che portano a un impetuoso finale, esaltato dalla marcata coesione tra gli archi.
Ottima la presa del suono, che denota sempre la grande attenzione posta dagli ingegneri del suono della Decca. La dinamica è energica, ma anche naturale, capace di mettere in evidenza le sfumature timbriche dei due strumenti solisti, così come della compagine orchestrale. Anche la ricostruzione del palcoscenico sonoro è ideale, con una corretta riproposizione di violino e pianoforte posti davanti all'orchestra e con quest’ultima situata non troppo in profondità. Anche l’equilibrio tonale è rispettoso del timbro tra i due strumenti solisti e l’orchestra; infine, il dettaglio restituisce matericità al violino e al pianoforte e nero a sufficienza tra le sezioni orchestrali.
Marco Pegoraro
Felix Mendelssohn Bartholdy - Concerto per violino e pianoforte in Re minore, MWV O 4-Concerto per violino in Re minore, MWV O 3-Sinfonia per archi n. 10 in Si minore, MWV n. 10
Shlomo Mintz (violino) - Roberto Prosseda (pianoforte) - Flanders Symphony Orchestra - Jan Latham-Koenig (direttore)
CD Decca 481 8483
Giudizio artistico 4/5
Giudizio tecnico 4/5