La violinista Laura Marzadori, il direttore orchestrale Alberto Zanardi, il baritono Leonardo Galeazzi e l'attrice Anna Safroncik, oltre al direttore artistico della rassegna ampezzana Edoardo Bottacin, sono alcuni dei nomi più importanti che si esibiranno nel corso della quarta edizione estiva dell’importante manifestazione culturale montana. Abbiamo rivolto loro delle domande su come si preparano a questo evento. Ecco che cosa ci hanno detto

Edoardo Bottacin, direttore artistico di CortinAteatro.

Maestro Bottacin, l’avventura di CortinAteatro continua, e ciò è un buon segno rispetto ai tempi cupi che stiamo vivendo e affrontando. A suo parere, che cosa differenzia a livello di qualità e di quantità la rassegna di quest’anno da quelle che l’hanno preceduta finora? E poi, come si riesce a mediare i bisogni del pubblico, che a volte risultano del tutto evasivi, con il desiderio di proporre qualcosa di maggiormente educativo ed “impegnativo”?

CortinAteatro torna anche quest’anno con nuove proposte e nuovi sforzi per trovare la dimensione che più risponde alle esigenze e richieste del nostro pubblico. La stagione estiva è caratterizzata da un programma di ampio respiro che si sviluppa fuori dalla tradizionale sede teatrale e abbraccia virtualmente tutto il territorio cortinese. Dalle albe ai tramonti in musica passando per la danza acrobatica sullo Schuss delle Tofane e L’elisir d’amore con ambientazione ampezzana, la stagione 2022 mette in rete tutte le principali realtà territoriali di ospitalità e servizi oltre che i maggiori attori culturali del Veneto, una sinergia unitaria per la località montana simbolo della nostra regione e dell’Italia intera. Il programma musicale nel dettaglio dà spazio, come da tradizione, alle eccellenze internazionali e ai giovani più promettenti, in un dialogo costruttivo e proficuo per entrambi senza mai perdere di vista l’obbiettivo qualitativo: si veda ad esempio il cast di Elisir o il concerto con Laura Marzadori, naturalmente senza voler dimenticare gli altri appuntamenti.

La giovane violinista Laura Marzadori (© Marco Cambiaghi).

Maestro Marzadori, a venticinque anni lei è diventata primo violino di spalla dell’Orchestra del Teatro alla Scala, ossia di una delle più prestigiose compagini orchestrali al mondo. Ma questo ambito riconoscimento è stato raggiunto con sofferenze, problematiche, conflitti, come testimonia il libro L’altra metà delle note che ha scritto e pubblicato l’anno scorso per la HarperCollins, in cui finzione e realtà si mischiano e dal quale emerge chiara una sorta di confessione personale, un sentiero irto di ostacoli, alla fine del quale, però, si riesce a vedere la luce. Ma mi domando, quanta luce c’è adesso, e che cosa resta delle tenebre interiori?

Attraverso il mio romanzo ho potuto descrivere, ho potuto parlare di tante cose belle che la musica mi ha portato e anche di momenti sicuramente difficili, che però non imputerei alla stessa o comunque al percorso musicale in sé, quanto al fatto che si era complicato, si era un po’ guastato quello che era il mio di vivere le cose; quindi, il modo della protagonista di vivere certe cose: era subentrata una paura, un disagio, che non le faceva vivere bene il proprio percorso. Penso che questo possa essere un rischio per tutte le professioni che ci mettono un po’ alla prova, non si tratta di un rischio esclusivamente della musica: pensiamo al mondo dello sport, pensiamo anche a tutti gli ambienti e mondi che sono più competitivi, nei quali c’è una sorta di ansia da aspettativa. Sicuramente delle luci e delle ombre rimangono tuttora nel mio percorso e nel mio rapporto con la musica (e sarebbe strano se non fosse così), io però sicuramente mi sento maturata e sento di aver risolto tante questioni. Credo, però, di aver soprattutto imparato ad accogliere quelli che sono i momenti bui, che possono essere le paure o le sofferenze, e non a cercare di scacciarli. Ecco, sicuramente questo è un punto di forza che ho adesso rispetto a quando ero più giovane e avevo l’età della protagonista del romanzo.

Maestro Marzadori, per ciò che riguarda la sua partecipazione a CortinAteatro 2022, lei si esibirà il 4 settembre in un concerto solistico sulla terrazza panoramica del Rifugio Scoiattoli, alle Cinque Torri (a 2255 metri), alle ore 6.30. Prima di tutto, che cosa interpreterà e poi, tenendo conto che suonerà in un momento in cui la natura si risveglia, che cosa significa per un artista non solo offrire musica con il proprio strumento, ma farlo cercando di entrare in armonia con l’elemento naturale, unendo il suono al silenzio circostante?

Sono felicissima di poter partecipare a questo concerto a Cortina: per me è la prima volta che suono un concerto all’alba, in un luogo così particolare, immerso nella natura. È un’emozione fortissima anche perché io ho un rapporto molto stretto con la natura, passo tanto tempo libero in mezzo agli elementi naturali; quindi, per me è veramente importante avere sempre un contatto con essa e quindi è bellissimo poter suonare in un’occasione così speciale. Il programma comprende musiche di Bach, tra cui la celeberrima Ciaccona che è un brano a cui sono molto legata e che ho sempre suonato, poi musiche di Paganini, con le Variazioni sul tema di “Nel cor più non mi sento”, un altro pezzo che ho suonato tantissimo, molto bello e molto virtuosistico. Poi ci saranno dei brani di un compositore contemporaneo, Diego Conti, un compositore con cui collaboro spesso: sono composizioni che ho eseguito io per la prima volta e quindi è un onore per me poterli suonare ancora. Infine, ci saranno due sonate: una di Ysaÿe, Ballade, e l’altra di Prokof’ev, La sonata per violino solo, uno dei suoi capolavori più importanti.

Il direttore d'orchestra Alberto Zanardi.

Maestro Zanardi, il 12 agosto lei dirigerà all’Alexander Girardi Hall L’elisir d’amore di Donizetti, nel 190° anniversario dalla prima messa in scena a Milan, in un contesto, come quello dolomitico, che appare a dir poco ideale rispetto al luogo in cui si svolge il capolavoro del compositore bergamasco. In nome di questo abbinamento ideale, quali saranno le sue preoccupazioni, le sue necessità, i suoi desideri nel rendere questa partitura? Avverte una tensione diversa rispetto a quando lei dirige in un teatro operistico? Coinvolgerà in modo differente la compagine orchestrale e i cantanti, oppure lo scenario nel quale vi esibirete non influirà più di tanto?

Sarà un piacere dirigere la partitura de L’elisir d’amore nella splendida cornice dolomitica che sicuramente ci aiuterà ad entrare nel clima bucolico (soprattutto iniziale) dell’opera. Per quanto riguarda dirigere in un teatro operistico o in altro luogo non fa differenza: l’opera è un linguaggio senza tempo e l’unica preoccupazione è quella di raccontare una storia e i sentimenti dei personaggi attraverso la musica e questa esigenza merita il massimo rispetto ovunque.

Il baritono Leonardo Galeazzi, nei panni di Belcore ne L'elisir d'amore di Gaetano Donizetti.

Maestro Galeazzi, dal Macbeth con cui si è aperta l’attuale stagione alla Scala a L’elisir d’amore. Il passo non è così semplice, visto che da Verdi si passa a Donizetti, con necessità vocali e di scena diverse. Come si affina, nel corso del tempo, la capacità di stare sul palcoscenico con l’obiettivo di sapersi sempre calare nel ruolo che si interpreta? E non mi riferisco tanto al canto, ma alla conseguente capacità di saper rendere la psicologia, il comportamento, l’essere uomo, con i suoi pregi e i suoi difetti, che si è in quel momento. Glielo chiedo anche per dare preziosi consigli a tutti quei giovani che vorranno cimentarsi in quest’arte così affascinante, ma allo stesso tempo così difficile.

Dal mio punto di vista ci sono molti fattori che entrano in gioco: c’è il vissuto personale, cioè il bagaglio di esperienze ed emozioni che ognuno di noi ha provato; c’è lo studio delle eventuali fonti cui il compositore e librettista hanno attinto e, dove presenti, le loro indicazioni in partitura; c’è una preparazione culturale di base e a 360 gradi secondo me importante, perché il Melodramma è imparentato col Teatro e col Cinema e un personaggio come Belcore, un cosiddetto “tipo", non è così diverso da un Pirgopolinice del Miles Gloriosus di Plauto, né dal Maresciallo Carotenuto di Pane, Amore e Fantasia, reso magistralmente da Vittorio de Sica.

L'attrice ucraina naturalizzata italiana Anna Safroncik.

Maestro Safroncik, lei con Sebastiano Somma e Jane Alexander darà vita, il 17 settembre sempre all’Alexander Girardi Hall, a Milk Wood, spettacolo tratto da Under Milkwood di Dylan Thomas, una delle più coinvolgenti e drammatiche opere radiofoniche dello scorso secolo, ambientata in un immaginario paesino del Galles, Llareggub, adagiato ai piedi di un bosco chiamato per l’appunto Milk Wood, “Bosco di Latte”, con i suoi abitanti che vibrano di umanità, e le cui vite sono un po’ buone e un po’ meschine. Ciò che viene fuori da quest’opera potente e immaginifica è il concetto di “compassione”, incarnata soprattutto dalla figura del reverendo Eli Jenkins. Ebbene, le domando: che cosa rimane di quella compassione evocata dal grande poeta gallese in un mondo come quello odierno, nel quale domina incontrastata la legge del profitto, dell’uomo ridotto a mero numero. C’è ancora speranza di essere un abitante di Llareggub?

Senza ombra di dubbio quello in cui viviamo oggi è un mondo difficile, lo è perché veloce, lo è perché superficiale, e la nostra difficoltà è oggi trovare in questo mondo che corre un'anima affine che abbia con la nostra una affinità elettiva. Riuscire a trovare questa ricchezza che ci possa concedere un respiro nel caos è un diritto ma anche un dono prezioso che possiamo e dobbiamo fare a noi stessi ed a chi ci è vicino, e questo è ciò che intendiamo fare con il nostro spettacolo.

Andrea Bedetti