Anche il musicofilo meno sofisticato è in grado di associare al nome di Gounod a due sue composizioni, l’opera lirica Faust e l’aria Ave Maria, il che ci fa comprendere come nel mondo dell’arte il diavolo e l’acqua santa possano convivere tranquillamente. Ma, a parte ciò, la maggior parte del catalogo del musicista francese è ancor oggi materia che riguarda quasi sempre studiosi e appassionati, mentre resta quasi del tutto ignoto al grande pubblico, anche se il suo apporto sinfonico, cameristico e sacro vanta pagine assai notevoli. Se dovessimo indagare sui motivi che hanno portato il nome di Gounod e la sua opera ai margini della grande storia musicale, potremmo dire che una delle possibili cause risiede nello stesso uomo Gounod, un artista complesso, introverso, restio nello stabilire rapporti umani, al punto che rientrato in patria dopo il soggiorno romano nel 1839, precipitò in una depressione dalla quale uscì solo grazie al conforto dato dalla religione (non per nulla, il compositore francese accarezzò a lungo l’idea di prendere gli ordini sacerdotali, anche se non lo fece mai).
La Francia nella quale Gounod iniziò la sua attività fu quella del Secondo Impero, in un’epoca nella quale i gusti musicali erano assai radicati e votati su una linea decisamente conservatrice, come lo stesso Berlioz ebbe modi di ricordare, lamentandosi, visto che gli fu impossibile imporre la maggior parte delle sue opere all’attenzione del pubblico parigino. Una realtà musicale attenta alla produzione teatrale, ma allo stesso tempo sensibile anche a quella strumentale, sia nel genere cameristico, sia in quello sinfonico. Anche Gounod, quindi, non rinunciò a comporre per l’orchestra, tanto è vero che la sua produzione comprende due sinfonie e una Petite Symphonie per strumenti a fiato in quattro movimenti di carattere gioioso e solare.
Delle due sinfonie, entrambe pubblicate nel 1855, solo la prima gode di qualche notorietà, visto che fu presa a modello da Georges Bizet per la sinfonia in do maggiore, l’unica nel catalogo dell’allievo più famoso di Gounod. La sinfonia n. 1 in re maggiore, sulla quale Gounod probabilmente cominciò a lavorare sin dal 1843, si apre con un Allegro vivo frizzante e pieno di ottimismo, strutturato secondo una ben strutturata forma-sonata, una pagina brillante nella quale si sente sin dalla parte introduttiva l’influenza di Mozart che impregna il primo tema, mentre il secondo, affidato al flauto, è di carattere lirico, ma non proprio in contrapposizione con il precedente come vuole la classica forma sonata, anche se il resto del primo tempo mantiene comunque la vitalità dell’introduzione. L’allegro moderato del secondo movimento assomiglia a un intermezzo di sapore mendelssohniano, in cui spicca l’episodio fugato centrale, basato sul tema di apertura di tipo imitativo che dà poi luogo a una ripresa del tema con una linea di note staccate a contrappunto. Nel terzo movimento Gounod inserisce uno Scherzo marcato non troppo presto, dal sapore piuttosto popolare, forse dedotto dalle sinfonie di Haydn, ma che in realtà è un elegante minuetto, mentre il finale è una pagina brillante nella quale il compositore francese fa sfoggio della sua abilità come orchestratore.
Di struttura analoga è la Sinfonia n. 2 in mi bemolle maggiore nella quale l’Allegro con cui si apre è chiaramente ispirato allo stile beethoveniano e sotto parecchi aspetti sembra evocare il corrispondente movimento iniziale dell’Eroica. Al contrario, il carattere pastorale del secondo tempo morbido ed elastico, con il delicato uso dei legni, offre ulteriore colore e consistenza al suono dell’orchestra, apportando al tutto un aspetto trasparente e limpido. Lo Scherzo, fragoroso e greve, dopo questi due movimenti così raffinati, sembrerebbe fuori posto, ma grazie al suo carattere melodioso è certamente un punto alto della sinfonia. Il finale risulta essere molto più leggero dello scherzo e mostra una diversa tessitura, mostrando speranza, gioia, emozioni.
Impeccabile la direzione del francese Yan Pascal Tortelier (figlio del leggendario violoncellista Paul), che con i componenti della Iceland Symphony Orchestra dà una lettura di straordinaria precisione e musicalità delle due sinfonie. Tortelier riesce sempre a non esorbitare le sonorità, a non farsi prendere dall’entusiasmo, ma restituendo le arcate di queste pagine con una corretta disciplina formale, al cui interno però divampa il fuoco di una timbrica accesa, resa assai bene dalla compagine orchestrale islandese. Come sempre, la Chandos arricchisce le sue registrazioni con una presa del suono a dir poco efficace. La dinamica di questo SACD è sontuosa, velocissima e straordinariamente esplosiva. Preciso il palcoscenico sonoro, capace di esaltare le varie sezioni (e in ciò gioca un ruolo sostanziale anche l’equilibrio tonale, semplicemente ideale), così come il dettaglio, ottimamente materico.
Claudio Rigon
Charles Gounod – Symphonies
Iceland Symphony Orchestra – Yan Pascal Tortelier (direzione)
SACD Chandos CHAN 5231
Giudizio Artistico 5/5
Giudizio Tecnico 5/5