La forza propulsiva dell’immagine nelle pellicole cinematografiche risulta essere nell’immaginario collettivo ben superiore a quella data dalla parola letta e dal suono ascoltato. Ecco perché spesso quando un’opera narrativa viene trasposta cinematograficamente e la pellicola ottiene un considerevole o grande successo solo in un secondo momento si va poi a scoprire la forma originaria che ha dato vita a quel film; basterà ricordare quel mediocre film che è Shine, il quale narra le vicende del pianista australiano David Helfgott e che ha fatto scoprire a chi non conosce la musica classica il Terzo concerto per pianoforte di Rachmaninov, che rappresenta il perno attorno al quale gira tutta la vicenda, e quella bellissima pellicola cinematografica del regista francese Alain Corneau, Tutte le mattine del mondo, con Gerard Depardieu e Jean-Pierre Marielle, tratto dall’omonimo romanzo di Pascal Quignard.

Proprio questo romanzo, pubblicato in Francia nel 1991 e apparso nella traduzione italiana per Frassinelli l’anno successivo (anche grazie al successo della pellicola di Corneau uscito nello stesso anno del libro in Francia), è stato riedito, con la nuova traduzione di Graziella Cillario, dalla casa editrice astigiana Analogon, che ha in corso d’opera la pubblicazione di tutte le opere di Pascal Quignard.

E, sinceramente, visto che l’edizione della Frassinelli è ormai fuori catalogo da tempo, la nuova versione proposta, editorialmente in modo ineccepibile, dalla Analogon è a dir poco benemerita, in quanto mette a disposizione del lettore italiano uno dei romanzi più belli dedicata al mondo della musica, più specificatamente quello della musica barocca francese, incarnata nella storia raccontata del romanzo da due figure leggendarie: Marin Marais, grande virtuoso della viola da gamba, e Monsieur de Sainte Colombe, che fu per breve tempo il suo maestro. La figura di quest’ultimo è tuttora avvolta nel mistero, tenuto conto che ancora nella seconda metà dello scorso secolo la sua musica era del tutto sconosciuta e solo il ritrovamento del manoscritto dei suoi 65 Concerts à deux violes esgales, concepiti per due bassi di viola e viola sola, e di altri due manoscritti scoperti a Edimburgo, ha permesso di ricostruire almeno in parte la sua importanza.

Marais, secondo quanto affermò nel 1732 Titon du Tillet nel suo Parnasse François, avrebbe ben presto rotto con il suo maestro, in quanto quest’ultimo lo avrebbe scoperto mentre lo spiava sotto il capanno nel quale Monsieur de Sainte Colombe si ritirava, lontano dal mondo e da orecchie indiscrete, per comporre le sue opere per sola viola da gamba. Questo episodio che storicamente è ancora da accertare fa da nucleo portante del romanzo di Pascal Quignard, il quale, oltre ad essere uno dei maggiori narratori francesi contemporanei, è anche un raffinato ed erudito musicologo, profondo conoscitore dell’epoca musicale storica e della figura di Marin Marais, la quale con Monsieur de Sainte Colombe ripropone nelle pagine di Tutte le mattine del mondo l’annoso rapporto tra maestro e allievo. Con loro si muovono anche le due figlie di Monsieur de Sainte Colombe, la primogenita Madeleine e Toinette (nella realtà si chiamarono Françoise e Brigitte, anch’esse valentissime interpreti della viola da gamba), entrambe innamorate e sedotte dal giovane Marin.

Al di là della trama, che è estremamente scarna a livello di eventi, ciò che importa è la scrittura di Pascal Quignard, capace di dare vita a un romanzo squisitamente metafisico, rarefatto, la cui densità è distillata in ogni parola, in ogni immagine, in ogni possibile allegoria (il Seicento, d’altronde, è il secolo delle allegorie); una scrittura che ha anche un suo ritmo interiore, musicale, frutto di proposizioni quasi sempre essenziali, assai brevi (un aspetto questo che si può notare anche in altri romanzi di Quignard), tali da assumere una cadenza lessicale capace di trasformarsi in una sorta di “poesia prosaica”.

E se Marin Marais, nella sua evoluzione di musicista, assume i contorni di un artista votato all’edonismo e alla vita di corte (diventerà nel 1679 joueur de viole de la musique de la Chambre di Luigi XIV a Versailles), tradendo la fiducia del suo maestro, da parte sua Monsieur de Sainte Colombe, il vero protagonista del romanzo, incarna la figura dell’artista disposto a rinunciare a tutto pur di perpetuare la testimonianza di un’arte che non è a servizio di nessuno, se non della propria anima e di coloro, come nel caso della sua adorata consorte, che non ci sono più. Musica come evocazione nostalgica di un’assenza che resta presenza in chi sopravvive, musica come strumento per scavarsi nel cuore, per permettere a quell’infido animale chiamato uomo di assurgere a qualcosa di più alto e di più nobile; una concezione estetica e spirituale che Marin Marais apprenderà solo diversi anni più tardi, chiedendo e ottenendo un ultimo colloquio con il proprio maestro, ormai quasi in punto di morte. Lo stesso titolo prende spunto da una frasi finali del romanzo, quella che apre il XXVI capitolo e che recita testualmente: “Tutte le mattine del mondo sono senza ritorno”, una frase che ci fa comprendere come il passare del tempo rappresenti per Quignard un atto di crudeltà, al quale si può opporre sono la bellezza incontaminata della Musica.

Il romanzo, nella versione italiana, è ulteriormente impreziosito dalla delicata e pregnante traduzione effettuata da Graziella Cillario, che ha saputo restituire tutta la musicalità della scrittura dell’autore, una musicalità lessicale che risalta nella lingua francese, ma che in questo caso “canta” anche in quella italiana.

Andrea Bedetti

 

Pascal Quignard – Tutte le mattine del mondo

Analogon Edizioni, 2017, pagg. 126

 

Giudizio artistico 5/5