Le cantate e le sonate a tre di Georg Philipp Telemann
Se non ci fosse stato quel gigante assoluto di Johann Sebastian Bach, in che modo avremmo potuto considerare oggi l’opera e l’importanza musicale di Georg Philipp Telemann? Probabilmente, nello stesso modo in cui fu considerata ai suoi tempi, quando il compositore di Magdeburgo venne giudicato superiore perfino al sublime Kantor. Con ciò, naturalmente, non voglio affermare che la statura di Telemann sia superiore a quella di Bach, ma è altrettanto vero che il prezzo che il musicista sassone ha dovuto pagare progressivamente nei confronti di quello turingiano è stato alquanto salato, se si tiene conto che Telemann, il quale fu un autodidatta (un particolare che non deve mai sfuggirci di mente), fu capace di portare avanti un’incredibilmente lunga parabola creativa (che ammonta a quasi settant’anni di fruttuosa e proficua attività), un aspetto questo che gli permise di attraversare in modo prodigioso dapprima il periodo del pieno Barocco, in seguito lo Stile galante, poi il cosiddetto Empfindsamer Stil fino a giungere alle soglie del Classicismo (la sua morte risale al giugno del 1767, ossia quando Mozart aveva già undici anni e Haydn trentacinque), sempre affrontandoli con una geniale capacità di “adattamento” stilistico e una produzione musicale che proseguì oltre gli ottantacinque anni di vita.
Ciò significa che se Bach ha saputo incarnare un’epoca, fissandola e oltrepassandola con il suo incommensurabile genio, Telemann è stato capace di rappresentare e condensare musicalmente più epoche, come testimonia d’altronde il suo sterminato catalogo. E se ogni volta, ascoltando il Kantor, non possiamo fare a meno di commuoverci, quando lo facciamo con il genio di Magdeburgo non possiamo esimerci dallo stupirci. Uno stupore che non viene meno anche di fronte a questa registrazione che presenta pagine di due generi nei quali Telemann seppe eccellere come pochissimi, vale a dire quello della Cantata e quello della Sonata a tre. Protagonisti di questa incisione della Da Vinci Classics sono il direttore, violoncellista e flautista Giorgio Matteoli, dal soprano Rosita Frisani e dall’Ensemble Festa Rustica, composto da Carlo Lazzaroni al violino, Marcello Scandelli al violoncello e Walter Mammarella Giordano al clavicembalo, che hanno presentato un programma con tre Cantate tratte dalle settantadue facenti parte di quelle pubblicate ad Amburgo tra il 1725 e il 1726 e recanti il titolo di Harmonischer Gottesdienst oder geistliche Cantaten zum allgemeinen Gebrauche, per la precisione Du bist verflucht, o Schrekensstimme TWV 1:385, Seele, lerne dich erkennen! TWV 1:1258 (su testi dell’ammirato poeta e librettista Matthäus Arnold Wilkens) e Auf ehernen Mauern TWV 1:96 (su testo dell’erudito e poeta Michael Richey), oltre alle Sonate a tre che fanno parte della numerazione TWV42, esattamente la 42:A1 in la minore, la 42:F8 in fa maggiore e la 42:G9 in sol minore, con le prime due destinate a un organico composto da flauto dolce, violino e basso continuo e la terza che qui viene presentata con lo stesso tipo di strumenti, ma che Telemann originariamente previde con la presenza, al posto del violino, di un raro strumento ad arco, la pardessus de viole, ossia la viola soprano da gamba.
Uno degli aspetti più evidenti della capacità compositiva del musicista di Magdeburgo fu sicuramente quella di saper utilizzare e sfruttare al meglio le potenzialità e le qualità degli strumenti, dote che derivò dall’essere egli stesso un valente polistrumentista. Una qualità che si evidenzia idealmente nel genere della Sonata a tre, della quale Telemann fu un autentico e incontrastato maestro. E le tre Sonate a tre inserite nel programma di questa registrazione mostrano un’ulteriore dimostrazione del genio telemanniano, quella di saper usare uno o più strumenti musicali a guisa della voce, sostituendola o imitandola, come avviene in questo caso con il flauto diritto, del quale il compositore sassone fu un virtuoso. In questo caso, il supporto fornito dal violino e dal clavicembalo ha la funzione di esaltare, sorreggere, dialogare con lo strumento-guida, il quale è modulato alla stregua di una voce; d’altronde Telemann appartiene ancora a un’epoca in cui lo strumento musicale non si è ancora svincolato del tutto dalla precipua funzione della voce umana, ne sente più o meno inconsciamente la mancanza e psicoanaliticamente non è azzardato affermare che la maggior parte della musica strumentale tardo-rinascimentale, così come parte di quella barocca ha in sé un’“elaborazione del lutto” in corso, con la ricerca lenitiva di individuare strumenti capaci di incarnare e parodiare strutturalmente la voce, quasi si volesse restituire al soggetto musicale una piena dignità perduta, esorcizzando lo smarrimento armonico e melodico scaturito dalla scomparsa di un elemento indissolubilmente archetipo.
Un archetipo che viene rinsaldato dallo stesso Telemann nel genere della Cantata, specialmente nelle settantadue che fanno parte del corpus pubblicate ad Amburgo, tre delle quali sono prese per l’appunto in oggetto nella presente incisione, in cui la voce sopranile annulla questa “elaborazione del lutto”, restituendo al nucleo strumentale una presenza “parentale”, un rassicurante cordone ombelicale in cui la voce stessa si fonde con lo strumento obbligato, vuoi che sia il violino, il flauto traverso o diritto. Così, queste cantate, se da una parte esemplificano degnamente le capacità di Telemann nell’usare la voce-strumento, dall’altra permettono, data l’esiguità dell’accompagnamento, di sfruttare e condensare il genere della cantata in finalità che si possono identificare in quello della Sonata a tre, in cui la voce non solo si riappropria di una sua intrinseca e insostituibile dimensione, ma può essere equiparata alla funzione di uno strumento trattato alla pari, come a dire che la voce, pur essendo ancora tale, viene trasfigurata, “trasferita” in un ambito nel quale la sfera strumentale assume e mostra tutta la sua importanza.
Da qui, la scelta più che oculata, oserei dire didascalica e, per certi versi, “didattica” quella improntata da Giorgio Matteoli e dall’Ensemble Festa Rustica, in quanto questa registrazione “insegna” ad ascoltare Telemann, indicando il sentiero conoscitivo da percorrere da colui che intende approcciarsi all’universo musicale del compositore di Magdeburgo e all’intimorente vastità del suo catalogo.
Oltre ai meriti programmatici, bisogna dare atto al flautista, violoncellista e direttore d’orchestra romano e ai membri dell’ensemble di aver saputo confezionare una lettura di queste opere ben più che convincente, trasformando l’esperienza di ascolto in un’avvincente esplorazione della visione musicale telemanniana. Giorgio Matteoli riesce a restituire un’espressività, un fraseggio, una struttura portativa tale al suo flauto diritto da rendere l’idea di uno strumento-voce, facendo comprendere nelle sue tessiture, nella sua ricerca timbrica, nelle inflessioni e nei dialoghi, l’idea di una “voce-assente/presente”, incarnando una splendida “elaborazione del lutto” musicale. Da parte sua, il soprano tarantino Rosita Frisani dimostra di essere a suo agio con il canto telemanniano, soprattutto nella resa del registro medio e medio-alto, facendo sì che nelle Cantate in questione il ruolo della sua voce sia uno “strumento tra strumenti”, restituendo una linea emissiva grazie alla quale intavolare un eloquio espressivo che non deve soltanto manifestare il senso spirituale che deve trasparire da tali pagine, ma anche una drammaticità (si prenda come esempio la Cantata Du bist verflucht, o Schrekensstimme) a dir poco necessaria per trasmettere quel senso di timore/tremore di futura memoria kierkegaardiana, tale da trasmutare queste pagine in una sorta di primigenia Kammerspiel, ossia stabilendo un’intimità tra l’esecutore e lo spettatore/ascoltatore. Da parte loro, gli elementi dell’Ensemble Festa Rustica non sono da meno, proprio per il fatto di aver saputo degnamente enunciare le peculiarità esposte sopra, con una resa emotiva e “monitrice” del suono, che rimanda a quanto richiesto dai dettami dell’Empfindsamer Stil, vale a dire esprimendo un Klang che non deve solo trasmettere bellezza, ma anche una dimensione etica, formativa del suono stesso.
Rino Trasi ha effettuato un’ottima presa del suono; grazie a una dinamica più che accettabile in fatto di velocità ed energia, sia la voce, sia gli strumenti sono ricostruiti correttamente all’interno del palcoscenico sonoro, con la voce di Rosita Frisani leggermente avanzata. Di buona caratura anche l’equilibrio tonale (il registro tra voce e strumenti è sempre per delineato e gestito) e il dettaglio, materico e tridimensionale.
Andrea Bedetti
Georg Philipp Telemann – Cantatas & Trio Sonatas
Rosita Frisani (soprano) - Giorgio Matteoli (flauto diritto e direzione) - Ensemble Festa Rustica
CD Da Vinci Classics C00347