Uno dei capolavori assoluti e indiscussi della musica occidentale è, senza ombra di dubbio, la Nona sinfonia “Corale” Op.125 di Ludwig van Beethoven. Ed è proprio questo titolo immortale che l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ha presentato nel terzo appuntamento della stagione sinfonica maggio-giugno 2019 presso l’Auditorium del Parco della Musica di Roma. L’evento, con due repliche, si è visto sul palcoscenico dell’Auditorium il 4, 5 e 6 aprile scorsi riscuotendo un clamoroso successo.

La direzione dell’Orchestra e del Coro dell’Accademia è stata affidata a uno dei direttori più interessanti di questi ultimi anni, il russo naturalizzato austriaco Kirill Petrenko, futuro direttore (a partire dal 1° agosto 2019) dei Berliner Philharmoniker. Una scelta assolutamente azzeccata che ha visto Petrenko cimentarsi in una delle composizioni classiche più eseguite di tutti i tempi. Con movimenti molto ampi dati da tutto il corpo, Petrenko ha dato una lettura decisa e marcata, che poco condivide rispetto le versioni delicate o, all’opposto, appassionate che si vedono ancora frequentemente, senza mai ricadere nell’eccesso e nello sforzato. Le parti dei solisti sono state affidate a Hanna-Elisabeth Müller (soprano), Okka von der Damerau (contralto), Benjamin Bruns (tenore) e Hanno Müller-Brachmann (basso).

Il direttore Kirill Petrenko (al centro) e le voci soliste. © Musacchio, Ianniello & Pasqualini

Un inizio da manuale quello del primo movimento, con timpani e fiati perfettamente coesi e bilanciati, fiati che, però, si sono fatti troppo presenti nel diminuendo di metà movimento e nel crescendo finale. Eccellenti gli archi bassi nel pizzicato dello Scherzo, così come nel finale l’insieme orchestrale. Archi talvolta sovrastati dai fiati nell’Adagio del terzo movimento, recuperato prontamente dai flauti e dai corni per i rispettivi soli e per un ottimo finale.

Il quarto movimento è segnato da un inizio ottimo da parte di contrabbassi e timpani, ma con i violini leggermente in sordina. Molto spedito è il dialogo tra fiati e archi nel Presto triste molto assai e così anche l’Andante maestoso, seguito da un eccellente crescendo.

Molto sforzato e debole è stato il basso tedesco Müller-Brachmann, poco marcando il puntato unisono con il pizzicato di violoncelli e contrabbassi.

Un momento del concerto all’Auditorium del Parco della Musica a Roma. © Musacchio, Ianniello & Pasqualini

Eccezionalmente lungo il finale del Alla marcia, seguito da un ottimo afflato da parte del tenore, seppur a tratti soffocato dall’orchestra, nel Froh, wie seine Sonnen. Ottimo il coro nell’Allegro energico Seid umschlungen, Millionen! e ben sostenute anche il soprano e il contralto nell’insieme dei soli di Tochter aus Elysium. A proposito delle voci femminili, onorevoli, ma nulla di eccezionale, con una leggera preferenza per Hanna-Elisabeth Müller.

Ancora il direttore russo naturalizzato austriaco Kirill Petrenko. © Musacchio, Ianniello & Pasqualini

Probabilmente, è stato il maestoso finale beethoveniano ad aver marcato ancora di più l’eccellenza del direttore sul podio, a partire dai crescendi finali assolutamente eccelsi, il quale è stato perfettamente in sinergia con l’idea che ha voluto trasmettere dell’opera, donando calore, energia, attacchi taglienti come rasoi e, allo stesso tempo, donando eloquio e lirismo nel monumentale terzo tempo.

Non stupisce, quindi, il lungo e caloroso apprezzamento da parte del pubblico in sala, pienamente meritato.

Marco Pegoraro

 

Beethoven Sinfonia n. 9 “Corale”, op. 125

Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

direttore: Kirill Petrenko, soprano: Hanna-Elisabeth Müller, contralto: Okka von der Damerau, tenore: Benjamin Bruns, basso: Hanno Müller-Brachmann, maestro del coro: Ciro Visco

 

Giudizio artistico 4/5