Compositore assai fecondo, Britten è considerato giustamente il maggior autore inglese del secolo scorso, capace di dare vita a un linguaggio autonomo in grado di assorbire genialmente il concentrato che gli veniva dalle esperienze musicali dei musicisti europei da Hindemith a Stravinskij e Bartók. Inoltre, ha saputo fondere le esperienze più diverse in una concezione compositiva eterogenea che ha personalizzato gradualmente grazie a un forte istinto e a una profonda coscienza della necessità di valorizzare la ricca tradizione musicale inglese. I lavori più riusciti sono sicuramente quelli teatrali, anche se ha composto molta musica sinfonica, corale e da camera. Tra questi ultimi, i quartetti d’archi costituiscono una pietra miliare significativa nella carriera compositiva di Britten. Il quartetto n. 1 gli fu commissionato dalla patrona delle arti Elizabeth Sprague Coolidge durante l’estate del 1941 mentre Britten viveva in California e rappresenta un brano piuttosto speciale che merita una posizione più alta nella produzione cameristica di Britten. Il primo movimento inizia con un Andante sostenuto che colpisce per le sue sonorità luminose, con i violini e la viola che sono sostenuti dal violoncello pizzicato, le cui figurazioni di arpeggio prestano inizialmente un supporto armonico. Solo dopo il ritorno di queste fantasticherie timbriche, attraverso un brusco passaggio, diventa chiaro che il movimento Allegro vivo si basa sulla giusta opposizione di audaci contrasti di tempo e umore che alternativamente leniscono e rinvigoriscono. Ritmi incisivi, e preponderanza di terzine e trilli caratterizzano invece il secondo breve movimento (Allegretto con slancio), ma è nei ritmi del terzo movimento (Andante calmo) che Britten esprime la sua vera personalità musicale. Dopo una lenta prima sezione, ogni strumento sembra volersi liberare dalla malinconia del movimento, trasformato in un’estasi tranquilla ma inconcludente nelle battute finali. Quasi a scartare ogni dubbio, il quartetto si conclude con un finale esuberante e arguto, contrassegnato dall’indicazione Molto Vivace.
I Three Divertimenti (Tre Divertimenti) sono, come suggerisce il titolo, un insieme di tre pezzi di singoli personaggi intesi come “piacevole intrattenimento” senza necessariamente alcuna seria importanza o considerazioni formali più vaste che potrebbero essere implicite da parte di un quartetto d’archi a più movimenti. I ritmi difficili, i glissandi e le armonie colorate del primo pezzo March si collocano in termini di stile nell’alveo della musica del Novecento storico, ma come nella maggior parte delle composizioni di Britten, è contrassegnato da una concezione tonale, accessibile e ampiamente attraente. Il secondo movimento Waltz è un po’ più addomesticato tecnicamente con trame suggestive e dialoghi cameristici tradizionali con un tocco di carattere pastorale. L’ultimo pezzo intitolato Burlesque riprende l’inconfondibile vivacità dei ritmi, delle tecniche e delle sonorità del Ventesimo secolo in un mini-capolavoro di colori e contrasto dinamico. Questi tre piccoli pezzi fecero da apripista ai tre quartetti che Britten scrisse rispettivamente nel 1941, nel 1945 e nel 1975.
Il Quartetto n. 3, composizione che appartiene dunque all’ultimo periodo creativo di Britten (fu scritto un anno prima della morte del compositore) è in cinque movimenti indipendenti. I tre tempi dispari sono più lenti, mentre i due movimenti pari sono quelli veloci e con ciascuno di essi che ha un titolo descrittivo. I Duetti di apertura con movimento moderato sono costruiti su una serie di abbinamenti di strumenti in combinazioni diverse, a cominciare dal duetto pulsante e violento enunciato dal secondo violino e dalla viola. Il movimento, in forma ternaria, offre un episodio centrale più animato, con un Ostinato, contrassegnato “molto veloce”, che scorre lungo un terreno costruito su una sequenza di settime e con il movimento che alla fine giunge a una conclusione equilibrata. Il titolo del terzo movimento, Solo, si riferisce al ruolo centrale del primo violino, che ha qui un’attrazione melodica, spesso sopra l’accompagnamento delle altre tre voci. In netto contrasto, la Burlesque, contiene un movimento fugato in cui si diffonde un clima di vivacità travolgente. Il finale, il più lungo dei tempi, ha anche una struttura più insolita. Comincia con un Recitativo che richiama alcuni temi dell’opera lirica Morte a Venezia e, dopo questi intensi richiami, la musica si assesta in un’intensa e commossa partecipazione lirica, con il primo violino che enuncia il dolce tema della Passacaglia.
Il secondo CD inizia con le Fantasie di Henry Purcell, compositore del primo Barocco inglese che seppe fondere l’imperante gusto italiano con quello grandioso e un po’ esteriore dei francesi, appoggiandosi però su un terreno saldamente inglese. Tra le composizioni strumentali di Purcell spiccano diversi importanti raccolte cameristiche, tra cui appunto le deliziose Fantasie, una serie di pezzi per soli archi (sono complessivamente quindici) da tre a sette voci, tutte caratterizzate da una grande dolcezza melodica e da un colore tutto interiore e quasi preromantico. La forma è estremamente libera e costituiscono uno dei lavori più personali e originali che Purcell abbia dato alla musica.
Dopo Purcell si torna a Britten con il Quartetto n. 2 in do maggiore, un’opera di sorprendente originalità, sicuramente una delle pagine più importanti del Ventesimo secolo per ciò che riguarda questo genere cameristico. Il movimento di apertura risulta subito allettante per il materiale tematico spazioso e suggestivo. Il movimento di mezzo è uno scherzo dietro al quale si cela però una connotazione alquanto inquietante. Ancora una volta, la musica spazia tra potenti unità e delicate trame contrappuntistiche con sonorità speciali. La sezione del trio vede il primo violino primeggiare su un tappeto timbrico dato dagli altri tre strumenti. L’esplicito omaggio a Purcell è dato dal finale attraverso un tema espansivo che Britten intitolò Chacony, contrassegnato da ventuno variazioni, organizzate in quattro serie delimitate da singole cadenze dal violoncello, dalla viola e dal primo violino.
Anche questa volta il Doric String Quartet è protagonista di una lettura straordinaria di queste opere, incise per l’etichetta britannica Chandos, mettendo in evidenza quelle peculiarità che le sono proverbiali: intonazione superba, uso del vibrato studiato e utilizzo degli elementi contrastanti presenti nella musica.
Non è da meno la presa del suono effettuata da Jonathan Cooper, capace di restituire una dinamica mozzafiato per velocità e naturalezza (gli armonici dei quattro strumenti sono a dir poco corretti nella loro fase di decadenza); il palcoscenico sonoro ripropone nello spazio sonoro i quattro interpreti scolpiti al centro dei diffusori anche se leggermente troppo avanzati. Infine, anche il dettaglio (dalla filigrana finissima) e l’equilibrio tonale non tradiscono a livello audiofilo.
Claudio Rigon
Henry Purcell-Benjamin Britten – String Fantasias in Four Parts-String Quartets 1-3 Three Divertimenti
Doric String Quartet
CD Chandos CHAN 20124
Giudizio Artistico 5/5
Giudizio Tecnico 5/5