Intervista al pianista e musicologo americano James W. Iman, del quale abbiamo recensito il suo CD, in cui parla del rapporto tra Arnold Schönberg e Pierre Boulez, due giganti della musica del Novecento, la cui visione artistica fu il risultato delle loro speculazioni e riflessioni filosofiche
Maestro Iman, perché ha deciso di dedicare la sua prima registrazione a opere pianistiche di Schönberg, Boulez, Webern e alla Sonata di Gilbert Amy?
Sono stato avvicinato dalla casa discografica ZeD Classics per registrare la Terza Sonata per pianoforte di Boulez, un lavoro che ho suonato e spiegato spesso nel corso degli ultimi cinque anni – con il compito di dare vita a un programma intorno a quest’opera. Nonostante Boulez abbia “differenze creative” con Schönberg, non aveva meno senso affiancarli, tenuto conto che i Tre Pezzi per pianoforte Op. 11 di Schönberg, in particolare, hanno influenzato l’approccio di Boulez alla scrittura per pianoforte. Inoltre, era naturale includere le Variazioni di Webern Op. 27, a causa dell’influenza creativa che questo suo lavoro aveva avuto sui compositori postbellici, in particolare sullo stesso Boulez. Oltre alla “parentela creativa” che questi due compositori condividono, c’è anche una notevole similitudine tra i passaggi delle sezioni dei “Punti” (inserite nella terza parte, o “formante”, che porta il titolo di “Constellation-Miroir”, ndr.) nella Terza Sonata di Boulez e, in particolare, del terzo movimento nelle Variazioni di Webern. A seconda del modo in cui si vuole confrontare queste due opere, esistono anche analogie nell’utilizzo della struttura simmetrica, che è chiaramente articolata nella Sonata di Boulez, nonostante le sue opzioni formali.
La decisione di includere la Sonate pour Piano di Gilbert Amy è stata altrettanto naturale. Amy aveva composto il primo movimento con i consigli e le indicazioni di Boulez (quest’ultimo era così impressionato dai giovani compositori più talentuosi che aveva commissionato ad Amy la scrittura di un lavoro per orchestra!) e, dopo aver sentito Boulez eseguire la propria Terza Sonata a Darmstadt, aveva deciso di espandere il materiale in una sonata pianistica su larga scala. La scelta è stata dunque del tutto naturale a causa dell’inevitabile influenza, della somiglianza degli obiettivi estetici e della forza del lavoro: una vera e propria ambiziosa azione compositiva!
È interessante vedere come nella stessa registrazione lei abbia inserito opere pianistiche di Schönberg e Boulez. Questo perché nel 1952 Boulez scrisse su “The Score” il famoso articolo intitolato “Schönberg è morto”, accusando il compositore austriaco di essere stato ancora un “romantico”. Tornando alla registrazione, lei pensa che esista un filo sotterraneo che lega questi due compositori? E, allo stesso tempo, a suo avviso c’è la possibilità che in un prossimo futuro qualcuno potrà scrivere un articolo con il titolo “Boulez è morto”?
Una delle cose che trovo notevoli riguardo Boulez è come il suo lavoro di compositore mi sembri una realizzazione, una concretizzazione di idee filosofiche. Egli ha scritto molto sulle ragioni che lo hanno spinto a comporre la sua Terza Sonata e offre non solo un’idea compositiva interessante, ma anche una giustificazione filosofica più che adeguata che motiva la creazione di un tale lavoro. E questa è una costante nella sua produzione visto che, scrivendo un saggio nel quale discuteva di qualche idea estetica in seguito, a un certo punto (Boulez lavorava abbastanza lentamente), pubblicava puntualmente una composizione che rappresentava l’incarnazione di quell’idea estetica.
Penso che questo sia il punto cruciale del suo disaccordo creativo con Schönberg. Boulez ha parlato molto delle opere atonali di Schönberg ed era veramente convinto che fossero monumenti della storia della musica. La sua polemica con il compositore austriaco è in realtà puramente filosofica, questo perché Schönberg non aveva pienamente compreso le implicazioni del metodo che aveva scoperto. Secondo le parole di Boulez «non era riuscito a capire il dominio seriale nel suo insieme». Inoltre, non credo che ci sia alcuna connessione “sotterranea”. Quale tipo di influenza Schönberg abbia avuto su Boulez è risaputo chiaramente. Penso, però, che sia un errore credere che Boulez abbia in qualche modo offeso Schönberg.
Per quanto riguarda la seconda parte della sua domanda, credo che sia difficile dirlo. L’enfasi che Boulez ha posto sulla ricerca e sulla pedagogia nell’ultima parte della sua carriera evidenzia il fatto che si era sempre interessato dove potesse andare la musica futura (non che questo non sia presente anche in Schönberg!), ma mi sembra che sia alquanto facile per qualcuno puntare il dito, a bocce ferme, contro i difetti o le manchevolezze intellettuali di un’altra persona.
Quando registrerà un nuovo disco e con quali brani pianistici?
Sono stati discussi alcuni progetti futuri, ma attualmente non è stata proposta alcuna scadenza. Sono affascinato da molto tempo dalla musica di Sylvano Bussotti e ho in mente di registrare qualche cosa in un prossimo futuro. Anche il musicista americano Donald Martino vanta alcune brillanti opere che mi piacerebbe prendere in considerazione in un futuro progetto discografico.
Essendo non solo un musicista ma anche uno studioso, un musicologo, qual è il suo pensiero sul futuro della musica, sempre che la musica possa avere ancora un futuro? E, soprattutto, quale potrà essere il suo rapporto con gli uomini e con il pubblico?
Questa è veramente una domanda alla quale è praticamente impossibile rispondere! Naturalmente ci sono dei progressi che si realizzano nel campo della musica. E ci sono così tante e diverse tendenze in quest’epoca che sarebbe impossibile sapere quali potranno avere uno sbocco futuro e quali invece resteranno al palo. Mi sembra evidente che la ricerca sull’acustica abbia reso l’esplorazione dei colori strumentali e dei suoni una parte integrante delle prossime composizioni, tanto da essere utilizzata sia da compositori epigoni dello spettralismo, sia da coloro che non appartengono a questa corrente musicale. Vedo anche una crescente tendenza verso una musica che sia parte di un genere multimediale, non per nulla c’è un repertorio sempre più vasto di opere audiovisive, di musica che è componente dell’arte delle installazioni e così via. E qui penso che l’ostacolo più grande sarà rappresentato da come le altre componenti multimediali possano diventare obsolete in un prossimo futuro. Per ciò che ne vale la pena, questo è lo scenario più ipotizzabile che posso prevedere!
Andrea Bedetti