Questa registrazione effettuata dal pianista e musicologo americano James Iman, con musiche di Schönberg, Webern, Boulez e Amy, è anche l’occasione per cercare di fissare alcuni punti che concernono, per l’appunto, la musica contemporanea. Rispetto alla musica del passato, che si poneva l’obiettivo di esprimere attraverso i suoni, quella che nasce con l’avvento delle avanguardie storiche, agli inizi del Novecento e, in particolar modo, con l’instaurarsi di un nuovo linguaggio, quello dodecafonico o seriale di Schönberg e degli appartenenti alla Seconda Scuola di Vienna, tende non più ad esprimere, ma soprattutto ad esplorare. Da qui, ed è una conseguenza ineludibile e ineluttabile, il progressivo distacco di un certo tipo di pubblico da una musica che metteva sullo stesso piano di valori il rumore e il suono, in quanto il pubblico stesso faceva, e fa tuttora, fatica ad accettare l’idea e l’importanza estetica del rumore inserite in tale contesto. Quindi, il cammino verso la “nuova musica”, tanto per utilizzare una famosa immagine di Anton Webern, ha comportato un sacrificio non indifferente, alienandosi di fatto una fetta sostanziosa di ascolto. Ciò ha rappresentato quasi un ritorno a un passato le cui radici affondano nel corso del passaggio tra il periodo medievale e quello rinascimentale, quando la musica profana prese ad esplorare in modo del tutto nuovo il mondo sonoro.

Musica come esplorazione, dunque, come manifestazione di un tentativo più o meno compiuto, come testimoniato, appunto, in questa interessante registrazione che mette a confronto quattro compositori, con altrettante composizioni, Arnold Schönberg, con i suoi Drei Klavierstücke Op. 11, Pierre Boulez con la Troisème Sonate pour Piano, Anton Webern con le Variationen für Klavier Op. 27 e Gilbert Amy con la sua Sonate pour Piano. Non è esagerato affermare che è proprio con i Tre pezzi per pianoforte di Schönberg, che risalgono al 1909, che prende avvio quella dimensione creativa, espressione non solo di distacco dal passato, anche quello più recente (rappresentato dagli ultimi lavori brahmsiani), ma soprattutto di trasformazione del pianoforte in uno strumento-laboratorio attraverso il quale “esplorare nuove vie”. La scelta di inserire subito dopo questi pezzi del compositore austriaco, la Terza Sonata di Boulez, il quale nel 1952, a un anno appena dalla morte dello stesso Schönberg, scrisse quel famoso e iconoclasta articolo intitolato “Schönberg è morto”, in cui lo accusava di essere stato fondamentalmente l’ultimo dei romantici e di non aver avuto il coraggio estremo, dimostrato invece da uno dei suoi allievi prediletti, Anton Webern, di seguire e proseguire coerentemente quanto enunciato nei suoi scritti teorici, rappresenta, in un certo senso, una “frattura nella frattura”. Non per nulla, essendo la più estrema delle tre Sonate bouleziane (la cui composizione prende avvio nel 1955 per essere ultimata otto anni più tardi), è anche quella in cui la dimensione esplorativo/sperimentale la rende praticamente senza soluzione di continuità, in nome di quella struttura basata sulle leggi della musica aleatoria alle quali si riferisce. E le radici ideali e teoriche di questa composizione del musicista francese si ritrovano proprio nelle Variazioni pianistiche (che risalgono al 1936) di Webern, in cui il linguaggio dodecafonico del suo maestro Schönberg viene “esplorato” fino agli estremi delle sue possibilità. Da ultimo la Sonata pianistica di un altro compositore francese, tuttora vivente, Gilbert Amy, il quale nel 1957 la compose sotto i consigli e le indicazioni dello stesso Boulez e la cui organizzazione strutturale dei suoni rimanda, anch’essa, alle Variazioni weberniane.

Di fronte all’indubbia e inquietante difficoltà di questi pezzi, la lettura di James Iman è davvero rimarchevole: precisione, senso dell’equilibrio, eloquio strutturale, rigore programmatico, queste sono le “parole d’ordine” della sua esecuzione, la cui vetta è rappresentata, a mio modo di vedere, proprio dalla Sonata bouleziana, che la pone tra le versioni di riferimento. Di notevole fattura anche la presa del suono, capace di restituire fin nei minimi dettagli, grazie a una dinamica (e a una microdinamica), ogni passaggio pianistico. Il pianoforte è scolpito al centro della scena sonora e si apprezza anche il parametro del dettaglio, che rende magnificamente la timbrica dello strumento.

Andrea Bedetti

Giudizio artistico: 5/5

Giudizio tecnico: 5/5

Schoenberg – Boulez – Webern – Amy – “Piano Works”

James W. Iman (pianoforte)

CD ZeD Classics ZED17001