Il concetto di divertimento nella musica rappresenta un’esemplare cartina al tornasole attraverso la quale poter valutare le varie prerogative in campo estetico nel corso delle epoche. Un’estetica che andò a sondare nel corso dei secoli il tema di quell'espressività musicale destinata a rappresentare e a incarnare la convivialità, l’elemento associativo nel contesto della socialità, musica quindi incarnante il concetto di passa-tempo più che quello di tempo, come fu per l’appunto esposto dal pensiero romantico, attraverso le speculazioni e le riflessioni di Wackenroder e di Schopenhauer, che considerò in modo negativo quei suoni legati a un utilitarismo sociale, quindi artisticamente inferiori rispetto a opere destinate a generare il concetto di tempo e non quello di mero ed effimero passatempo.
Eppure, l’effimero passatempo prodotto, a detta dei teorici romantici, dal genere del Divertimento musicale (termine utilizzato per la prima volta da Carlo Grossi per una sua composizione vocale dal titolo Il Divertimento di Grandi, musiche da camera, o per servizio di tavola, pubblicata a Venezia nel 1681) non dev’essere sottovalutato e non tanto per il fatto che compositori come Mozart e Haydn ne scrissero diversi, trentatré il primo (anche se cinque sono di dubbia attribuzione) e ben cento sessantadue il secondo, quanto per avere contribuito a far sì che la figura del musicista, alla fine del XVIII secolo, potesse svincolarsi dal restrittivo rapporto che poteva avere con i suoi datori di lavoro e con i suoi committenti, permettendogli di dare vita a pagine musicali da pubblicare e smerciare più facilmente, con un indubbio beneficio del lato economico.
Certo, dura lex sed lex, nel senso che una maggiore diffusione significava di per sé una maggiore fruizione, ossia una maggiore facilità di intenti stilistici e contenutistici che sono già insiti nel Divertimento (e nel quale rientrano a pieno diritto anche i generi della serenata, cassazione, trattenimento, la Tafelmusik di telemanniana memoria, l’Amusement e la Nachtmusik), contraddistinto da una costruzione priva di una forma prestabilita, di carattere squisitamente brillante in cui risaltano la semplicità ed essenzialità armonica e un’indispensabile piacevolezza e immediatezza della linea melodica, anche se tali aspetti, almeno nei casi di conclamata qualità artistica, non dovevano mai rinunciare a una dignità del concetto stesso di Divertimento. Insomma, allietare va bene, degradare o svilire il concetto stesso di musica, sebbene rappresentato da quella che si potrebbe definire un’easy listening ante litteram, no. Ne fa fede quanto poi fecero alcuni compositori del secolo scorso che, dopo il periodo “buio” del Romanticismo, ripresero e nobilitarono il genere del Divertimento instillando in esso uno spessore, una profondità di intenti, un apporto costruttivo nell’uso di un linguaggio più complesso e articolato, tale da permettere la nascita di autentici capolavori come l’op. 6 per cinque strumenti a fiato e pianoforte di Albert Roussel, l’op. 52 per flauto e orchestra di Ferruccio Busoni, l’op. 43 per orchestra di Sergej Prokof’ev e quella pagina semplicemente geniale che è il Divertimento per archi di Béla Bartók.
Ma è indubbio che quando noi pensiamo al Divertimento musicale, non possiamo non attenerci all’epoca nel quale trovò il maggior concepimento in rapporto al suo “utilizzo” sociale e culturale, ossia l’Età dei Lumi, il periodo cosiddetto galante, uno degli approdi ultimi del Barocco, incarnato mirabilmente anche da opere letterarie che portano la firma di Madame de Sévigné, di La Rochefoucauld, di Jean de la Fontaine, oltre naturalmente a quella di Pierre-Ambroise-François Choderlos de Laclos, in campo francese e di Johann Gottfried Schnabel, Christian Fürchtegott Gellert e Sophie von La Roche in quello tedesco, e dalle opere pittoriche di Watteau e Fragonard, così come da alcune peculiarità insite nell'arte inglese degli ultimi decenni del Settecento in autori come Gainsborough e Hogarth. Così, l’arte dei suoni, delle parole e delle immagini confezionarono uno stile, ma sarebbe più corretto definirlo côté, nel quale confluirono una frivolezza che ebbe la velleità di assurgere a visione del mondo, una rappresentazione dei sentimenti amorosi visti come schermaglia dialogica (l’irruzione del romanzo epistolare ne è una diretta conseguenza) e una concezione del tempo da rendere musicalmente, per l’appunto, con il suo opposto, ossia il passa-tempo, rappresentato dal genere del Divertimento.
Un esempio di questo genere musicale, a livello discografico, è dato da una recente registrazione effettuata da tre componenti dell’ensemble Musica Elegentia, per la precisione Gian Andrea Guerra al primo violino, Mauro Righini al secondo violino e viola e Matteo Cicchitti, che ne è anche il direttore, al violone, che hanno voluto registrare, con l’esplicativo titolo di Divertimenti Viennesi, tre opere di altrettanti autori del classicismo viennese per così dire minore, ossia i Sei Trii per archi di Karl Ditters von Dittersdorf, il Divertimento in sol maggiore di Jan Křtitel Vaňhal e il Divertimento in do maggiore di Johann Michael Haydn.
Oggigiorno, questi tre musicisti godono di una fama a dir poco riflessa, ma nel corso della loro epoca furono indubbiamente in auge, a cominciare da Karl Ditters von Dittersdorf, valentissimo violinista (tanto per far capire di che pasta era fatto, basterà ricordare che era solito esibirsi in un quartetto per archi composto da Franz Joseph Haydn al primo violino, lui al secondo, Mozart alla viola e il già citato Jan Křtitel Vaňhal, altro fior di interprete, al violoncello!), mentre il ceco Vaňhal, come ricorda giustamente Giorgio Pagannone nelle note di accompagnamento, ancor prima dello stesso Mozart e di Beethoven, ha saputo incarnare il prototipo di musicista capace di emanciparsi, come si è accennato all'inizio, dallo stretto collare delle committenze per vivere delle sue composizioni e delle lezioni private. Va da sé, infine, che la figura di Johann Michael Haydn è vissuta all'ombra di quella del ben più celebre fratello maggiore Franz Joseph, con il destino che fece in modo di garantirgli una posizione sicura, soprattutto nell'ambito della musica sacra e nel ruolo di organista, proprio in quel di Salisburgo che, dopo la partenza di Mozart per Vienna, non aveva più un musicista di ottima levatura sul quale fare affidamento.
I loro Divertimenti, presenti in questa registrazione, non sono tutti dello stesso livello, in quanto i Sei Trii per archi di Karl Ditters von Dittersdorf, pubblicati nel 1767, mostrano indubbiamente una certa rigidità formale, soprattutto nel primo dei due tempi in cui sono stati composti, mentre il secondo, riservato sempre a un Minuetto, vanta una maggiore duttilità nel fraseggio e nella resa melodica. Decisamente superiori risultano il Divertimento in sol maggiore di Vaňhal e soprattutto il Divertimento in do maggiore di Haydn, i quali pur nella loro ovvia discontinuità strutturale riescono a incarnare idealmente il modus essendi della cultura galante del tardo barocco (il primo fu composto prima del 1773 in cinque tempi, mentre il secondo, in quattro tempi, tra le varie ipotesi, può essere fissato tra il 1764 e il 1770), con un sapiente uso della linea melodica che si sviluppa meglio nei movimenti più lenti, ma il cui articolarsi risulta essere meno stereotipato rispetto alle soluzioni armoniche scelte da Karl Ditters von Dittersdorf nella sua Op. 1.
Nulla da eccepire nella lettura resa dai tre interpreti della registrazione, capaci di restituire la brillantezza, il fine del loro scopo, ossia quello di allietare-senza-impegnare; se Gian Andrea Guerra al primo violino e Mauro Righini al secondo violino e alla viola (quest’ultima utilizzata nei brani di Vaňhal e di Haydn) riescono a imprimere un fraseggio che non manca mai di respiro, nemmeno di fronte alla staticità dei Sei Trii per archi, Matteo Cicchitti al violone e alla direzione rende giustizia alla sua parte, tratteggiando una linea che non si limita all'essenza del basso, ma facendo sì che si dimostri indispensabile (e questo vale per i due Divertimenti di cui si è già detto) nel ruolo di comunicazione e di fraseggio con gli altri due strumenti ad arco.
Altrettanto buona è la resa tecnica dell’incisione, curata da Giacomo Papini, in cui predomina un’indubbia correttezza dell’equilibrio tonale, con i due strumenti più acuti che non coprono mai il registro del violone, e dotata di un’ottima ricostruzione del palcoscenico sonoro, con i primi due strumenti leggermente più avanzati rispetto al violone. Buona anche la dinamica, così come il dettaglio, in grado di trasmettere una debita matericità.
Andrea Bedetti
AA.VV. – Divertimenti Viennesi
Musica Elegentia (Gian Andrea Guerra, violino I - Mauro Righini, violino II & viola - Matteo Cicchitti, violone e direzione)
2 CD Brilliant Classics 96127
Giudizio artistico 4/5
Giudizio tecnico 4/5