L’Ottocento è stato un formidabile bacino di sperimentazione e di esplorazione strumentale, anche se questo aspetto ai più sfugge, presi come sono dalle imponenti architetture romantiche date dal teatro lirico (soprattutto nel nostro Paese, incatenato alla dura legge del cosiddetto “bel canto”) da una parte e dallo sviluppo delle forme in chiave cameristico-pianistico e in quello sinfonico dall’altra. Ma è indubbio che tali sviluppi avrebbero potuto restare lettera morta se non ci fosse stato appunto parallelamente un’evoluzione in seno all’organologia dell’epoca, grazie a un affinamento e miglioramento degli strumenti musicali tali da permettere un maggiore sfruttamento delle loro tecniche e peculiarità timbriche e stilistiche.
E tra gli strumenti che furono al centro delle maggiori modifiche e miglioramenti ci furono quelli a fiato e la sezione degli ottoni. E tra questi ultimi un capitolo importante va dato sicuramente alla cornetta, che molti confondono erroneamente con la tromba. In realtà, la cornetta nacque con l’aggiunta dei pistoni sul più prosaico corno postale (da qui il suo nome) nei primi decenni dell’Ottocento. Le valvole, infatti, permisero di utilizzare melodicamente lo strumento, sfruttando tutto il suo registro. Senza entrare nel tecnico e nello specifico, a questo strumento furono fin da subito riservate parti più melodiche e virtuosistiche, mentre alla tromba fu dato risalto nelle parti di fanfara, anche perché questo strumento fu più lento nell’adottare la rivoluzionaria tecnologia delle valvole.
Fautore dello sviluppo dello strumento fu il compositore francese Jean-Baptiste Arban, che attraversò buona parte del XIX secolo essendo nato a Lione nel 1825 per morire a Parigi nel 1889, virtuoso sia della tromba sia della cornetta, tra l’altro autore di un testo fondamentale, Grande Méthode complète pour cornet à pistons et saxhorn (pubblicato nel 1864) che rappresenta ancora oggi uno dei metodi basilari per l’apprendimento della tromba e della cornetta. Arban fu anche autore di 14 Fantasie sulle opere di Verdi, di cui le prime sei pubblicate individualmente tra il 1869 e il 1870, le quali ottennero subito un grande successo tale da convincere l’autore a pubblicarne altre sei, alle quali se ne aggiunsero altre due, per un totale di quattordici pezzi per cornetta e pianoforte.
Con questi brani cameristici Arban ottenne almeno due risultati: il primo di mostrare le peculiarità virtuosistiche della cornetta, facendo in modo che questo strumento si sostituisse al canto (non per nulla i brani prendono in considerazione le riduzioni di celebri arie da opere come il Rigoletto, La traviata, Il trovatore, Don Carlos, Ernani, La forza del destino, Luisa Miller e altri capolavori che gli appassionati verdiani riconosceranno d’acchito) proprio per esaltare la tessitura, il fraseggio, il timbro; il secondo, invece, sulla falsariga delle riduzioni, delle parafrasi, delle trascrizioni di arie e ouverture di opere liriche tra le più conosciute dell’epoca, di permettere a chi non era in grado di assistere alle rappresentazioni liriche di poter ascoltare queste arie “intonate” dalla cornetta in chiave domestica o cameristica (oltre a rappresentare una forma di guadagno grazie alle centinaia di spartiti stampati e venduti dagli editori).
Queste quattordici Fantasie sono state recentemente registrate, per la prima volta in forma integrale, da un giovane duo italiano, con Angelo Cavallo alla cornetta e Michele Fontana al pianoforte, due artisti che hanno dimostrato fin da subito, come dimostra il loro debutto discografico dal titolo Images, in cui hanno presentato pezzi rari per lo stesso tipo di repertorio cameristico, di voler battere sentieri musicali e programmatici poco frequentati. Già questo tipo di scelta è meritoria, cui si va a sommare ora l’indubbia qualità esecutiva di questo doppio CD, dove se il peso virtuosistico pende inevitabilmente a favore dell’ottone e a discapito del pianoforte, è anche vero che in termini di equilibrio il compito più delicato va proprio allo strumento a tastiera che non solo deve saper “accompagnare”, ma anche dettare e indicare gli aspetti psicologici, i cambiamenti emotivi, i passaggi in chiaroscuro.
Ecco, proprio in questa duplice valenza, Angelo Cavallo e Michele Fontana riescono a rendere non solo in “modalità” cameristica, ma anche in quella “microteatrale” la ragion d’essere di queste composizioni, che se da un lato risultano gradevoli nella loro dimensione squisitamente melodico-orecchiabile, dall’altro, alla lunga, potrebbero risultare alquanto stucchevoli se venissero a mancare i presupposti di sensibilità interpretativa e di prassi esecutiva espressi dai due giovani artisti.
La presa del suono è stata effettuata nella Casa Museo Barezzi in quel di Busseto, luogo sacro per ogni verdiano che si rispetti, che si è dimostrata anche idonea per una registrazione discografica, con una dinamica più che accettabile (la cornetta non va in saturazione nemmeno nei picchi del registro acuto) e con uno spazio sonoro che ricostruisce adeguatamente i due strumenti, con l’ottone che non copre mai il timbro pianistico.
Andrea Bedetti
Jean-Baptiste Arban -Fantasies on Verdi Operas
Angelo Cavallo (cornetta) – Michele Fontana (pianoforte)
2 CD Dynamic CDS7784.02
Giudizio artistico: 4/5
Giudizio tecnico: 4/5