Abbiamo rivolto qualche domanda alle due celebri pianiste che hanno deciso di affrontare e registrare diverse pagine di questo particolare repertorio pianistico per la Da Vinci Classics, andando alla ricerca di opere e di autori, come nel caso di Giulio Ricordi, che meritano maggiore conoscenza e diffusione

Il duo pianistico Gilda Buttà & Victoria Terekiev.

Maestro Buttà, con il disco Postcards from Italy, pubblicato da Da Vinci Classics, lei e il Maestro Terekiev avete dato inizio a un percorso esplorativo che prende in esame il repertorio del pianoforte a quattro mani della scuola musicale italiana dalla fine dell'Ottocento fino ai primi decenni del Novecento. I primi autori presi in esame sono stati Malipiero, Martucci e Respighi. Quali sono stati i motivi, gli stimoli, gli obiettivi per iniziare questo sentiero musicale così poco battuto?

Il disco che io e Victoria abbiamo pubblicato per Da Vinci Classics è stato il casuale arrivo di un percorso che già separatamente avevamo intrapreso e dove la parola curiosità e ricerca erano state sempre di primaria e vitale importanza nel nostro lavoro sia concertistico che discografico. Personalmente avevo già “curiosato” nel periodo fine Ottocento e primo Novecento Italiano con la Scarlattiana di Casella, il concerto di Respighi e tantissimo altro repertorio. Quando Victoria ed io abbiamo deciso e ci siamo scelte per intraprendere questa strada insieme, eravamo già accomunate dalle stesse idee e dalla voglia di dare una nostra lettura di opere a volte sottovalutate ma con un denominatore comune: l’italianità. Inoltre, più sono andata avanti nello studio e nel lavoro insieme e più mi/ci siamo rese conto che questo percorso era fatto di memorie e di suoni che già avevamo frequentato in passato. Io sono stata allieva di Carlo Vidusso che inevitabilmente mi ha inculcato la curiosità del nuovo (alla fine degli anni Sessanta, nella sua classe la frequentazione di autori come Petrassi, Casella, Mompou, Milhaud e altri ancora, era la normalità).

l'editore e compositore milanese Giulio Ricordi.

Maestro Terekiev, ora vi accingete a proseguire questo tragitto interpretativo con un altro disco, sempre pubblicato dalla Da Vinci Classics, nel quale registrate, oltre a un classico come i respighiani Pini di Roma, una pagina del tutto rara e “dimenticata”, vale a dire la piccola suite Carnaval Venitien di Giulio Ricordi, la cui veste di storico editore mette quasi sempre in ombra quella di compositore. Tale scelta è caduta per dare alla suite per quattro mani in questione un giusto tributo o per ricordare l'imprenditore musicale milanese in una dimensione che pochi conoscono e apprezzano?

In nome di questa normalità, come ha già spiegato Gilda, si è affacciata in noi la scelta di andare avanti e di proseguire il nostro percorso italiano registrando nel prossimo disco sempre per DaVinci Classics, opere di Giulio Ricordi. Già un paio di anni fa avevamo suonato qualcosa e ci aveva stupito la freschezza e l’apparente semplicità della sua scrittura, quasi salottiera, che faceva da contrapposizione alla scrittura orchestrale di Respighi. Inoltre, la sua storicità da editore di tutti i compositori che stiamo trattando nelle nostre Postcards chiudeva davvero il cerchio. Ma il nostro repertorio e la nostra ricerca non si fermeranno qui. È nostra intenzione e volontà continuare a scavare in noi stesse e proseguire anche su strade diverse.

Da sinistra, Alfredo Casella, Manuel De Falla e Gian Francesco Malipiero a Venezia negli anni Trenta.

Maestro Terekiev, quali sono a suo giudizio le cause che hanno portato la musica italiana per pianoforte a quattro mani, quella della leggendaria Generazione dell'Ottanta, ad essere messa da parte, quasi confinata in un’apartheid culturale? Può valere il fatto che buona parte di questo repertorio è figlio di trascrizioni e che, come tale, non merita di essere preso in esame e conosciuto come invece possono esserlo le rispettive composizioni originali?

Personalmente non credo che la musica a quattro mani della Generazione dell’80 sia stata confinata, posso dire che è stata poco eseguita anche per una certa difficoltà a reperire gli spartiti. Sicuramente il fatto che sia Malipiero sia Respighi abbiano trascritto loro opere per quattro mani e per altri strumenti è stata una scelta astuta per farle conoscere in svariate situazioni e meritano eccome di essere suonate! Per rispondere alla domanda già rivolta a Gilda, posso dire che il mio percorso “italiano” è iniziato tanto tempo fa quando incontrai il mio maestro Alfons Kontarski che, con il fratello Aloys, creò un duo pianistico formidabile anche nel repertorio del ‘900. Grazie a lui intrapresi l’avventura malipierana registrando alcune raccolte e poi altro ‘900 non solo italiano. Una curiosità: per Postcards from Italy sono riuscita a trovare la trascrizione di Armenia di Malipiero da un rigattiere olandese…

Andrea Bedetti