Dopo l’uscita del primo disco, continua il viaggio dedicato alla musica di Ennio Morricone da parte di Luca Pincini al violoncello, Gilda Buttà al pianoforte e Paolo Zampini al flauto con il loro progetto discografico Absolutely: Ennio Morricone pubblicato dalla Da Vinci Classics. L’intelligenza e l’onestà intellettuale di tale progetto risiedono nella volontà dei tre interpreti di non presentare unicamente attraverso l’utilizzo dei loro strumenti una retrospettiva “cameristica” della sterminata produzione della musica per cinema del compositore romano, ma inserendo anche pagine di quella che Morricone definiva, a ragione, la sua vera essenza compositiva, dedicata al filone colto e per certi versi sperimentale della musica contemporanea, tenuto conto che il nostro autore fu un appartenente tout court, e non un semplice “fiancheggiatore”, di quella straordinaria scuola che porta il nome di Nuova Consonanza.

Così, in questo secondo disco, il trio presenta nove brani di cui uno, Cadenza per flauto e nastro magnetico, rientra a pieno titolo nella produzione colta morriconiana, mentre Rag in frantumi per solo pianoforte intende essere un esempio lampante della capacità di Morricone di saper decostruire il costrutto musicale in un esito che sa di raffinato divertissement. Un altro brano particolare è Romanza (for S. Fuller) per violoncello e pianoforte (del quale andrò a scriverne in seguito), così come Fragmenta of Mission, scritto non da Morricone, ma da Luca Pincini per solo violoncello. Tutti gli altri brani, che fanno parte di questo secondo disco, appartengono al filone della musica per film, ma assemblati, trascritti, condensati in modo assai sorprendente ed efficace.

La cover del secondo CD della Da Vinci Classics dedicato al progetto discografico di alcune opere di Ennio Morricone.

Se nel primo disco dedicato a questo progetto, un “classico” come il tema principale di Nuovo Cinema Paradiso era stato presentato nella trascrizione per violoncello e pianoforte, in questo secondo CD è la sola Gilda Buttà a interpretarlo sul solco di quel denominatore comune che attraversa tutta la registrazione, ossia quello di far comprendere l’essenzialità del suono creato da Ennio Morricone, mettendo così in maggior rilievo il dato armonico rispetto a quello melodico. La caratura di questa (illuminante) scelta è data dalla trascrizione per violoncello e pianoforte della Leone Suite in cui sono condensati quattro temi cinematografici, tre dei quali appartengono a C’era una volta in America e il quarto dedicato all’ultimo capitolo della Trilogia del dollaro, ossia Il buono, il brutto e il cattivo, con il celeberrimo tema de L’estasi dell’oro. Nella leggendaria scena di quest’ultimo film, il “brutto” e straordinario Eli Wallach, nel ruolo del bandito Tuco Ramírez, corre sacrilegamente tra le tombe del cimitero dove si trova il tesoro in oro e la sua corsa bramosa viene resa in modo mirabile dal tema incalzante del brano in cui i vocalizzi della voce femminile, scanditi dalla sezione dei fiati e dal rintocco implacabile delle campane tubolari, detta il tempo di una suprema nullità esistenziale, accecata dalla nebbia dell’ingordigia assoluta. La versione per violoncello e pianoforte, prosciugata dall’opulento timbro orchestrale, restituisce chiaramente la matrice armonica che si sviluppa sia quando i due strumenti imbastiscono un dialogo, sia quando si esprimono singolarmente, esaltando il dato ritmico su cui si regge il brano in questione, unitamente a uno sfruttamento, al limite delle sue proprietà fisiche e acustiche, del violoncello, al quale spetta un ruolo incredibilmente virtuosistico.

Il Gruppo Improvvisazione di Nuova Consonanza in una foto di Lello Masotti. Da sinistra, Giancarlo Schiaffini, Antonello Neri, Giovanni Piazza, Ennio Morricone, Egisto Macchi e Franco Evangelisti.

Il binomio flauto e pianoforte si presente in due occasioni, trascrizioni di altrettante celebri colonne sonore. La prima riguarda il film Metti, una sera a cena di Giuseppe Patroni Griffi, di cui viene presentato il tema dei titoli di testa, la cui sottile e quasi impalpabile amarezza di fondo sintetizza perfettamente il risultato d’instabilità esistenziale che si venne a creare nel clima sessantottino nel nostro Paese, espressa nel lungometraggio nel particolare e scandaloso, almeno per l’epoca (il film è proprio del 1968), rapporto erotico che si viene a creare tra due coppie tipicamente borghesi e uno studente contestatore. La conflittualità latente e poi manifesta si sviluppa, e la contrapposizione tra lo strumento a fiato e il pianoforte la rende benissimo, attraverso una regolarità del costrutto nel quale intervengono elementi fratturanti che destabilizzano la “borghesità” espressa principalmente dal flauto. Il secondo brano riguarda il main theme del film Bugsy diretto nel 1991 da Barry Levinson con Warren Beatty, un gangster movie ambientato negli anni Trenta, ma che non ha nulla a che vedere, soprattutto per ciò che riguarda la caratura artistica, con C’era una volta in America. Resta la bellezza del tema musicale, le cui linee melodiche del flauto si riallacciano idealmente con quelle enunciate in Nuovo Cinema Paradiso, che precede di tre anni il film del regista americano.

La musica di Morricone, quella che appartiene alla sfera cinematografica, si presta a un principio di concatenazione formale, trasformando due o più brani come se fossero i tempi distinti di una composizione sinfonica o cameristica. Lo dimostrano le 4 Canzoni per pianoforte solo, in cui sono presentati i temi principali dei film Il deserto dei Tartari di Valerio Zurlini, Le due stagioni della vita di Samy Pavel, Gott mit uns di Giuliano Montaldo e di quello televisivo Gli angeli del potere di Giorgio Albertazzi, anche se sul manoscritto di della partitura di quest’ultimo Morricone invertì i sostantivi, scrivendo Il potere degli angeli. Giustamente, nelle note di accompagnamento Giovanni D’Alò mette in rilievo il fatto che il titolo che riassume questi quattro brani, la cui trascrizione segue quasi fedelmente la loro struttura originaria, ricalca non solo la dinamica melodica che li contraddistingue, ma anche e soprattutto l’idea del genere di “Canzone” in ambito rinascimentale (Morricone, come buona parte degli autori contemporanei, votati anche alla sperimentazione più ardita, fu un profondo conoscitore della musica antica, affascinato dal linguaggio modale, con il quale va a infarcire diverse delle sue composizioni).

Ancora il Gruppo Improvvisazione durante una sessione sperimentale, sempre immortalato da Lello Masotti. In primo piano, l'immancabile scacchiera, protagonista di memorabili partite tra i componenti di Nuova Consonanza, tra tutti Ennio Morricone e Franco Evangelisti.

Se il tema del film di Zurlini riprende esemplarmente il concetto di desolante e vana temporalità che è magicamente presente nel capolavoro letterario di Dino Buzzati, quello del film del regista egiziano naturalizzato belga Pavel mette in rilievo, attraversato da una linea di dolce melanconia, la fase di passaggio di un uomo da ragazzo a musicista che mette a frutto con la sua arte quanto la vita gli ha dato modo di apprendere. Ancora la linea di una struggente malinconia melodica si presenta nel tema di Gott mit uns, mentre la musica che contraddistingue Gli angeli del potere assume i contorni di una mesta ninna nanna che fa presagire il dramma che si andrà a consumare, con una celebre attrice di Praga spinta al suicidio per essersi schierata a favore dell’insurrezione avvenuta contro i sovietici nella primavera del 1968.

Brano assai particolare è Romanza (per Samuel Fuller), al punto da poter essere definito uno specchio che si riflette in un altro specchio; la Romanza per violoncello e pianoforte fu composta da Morricone nel 1984 per un film del grande Samuel Fuller, Les voleurs de la nuit, penultima pellicola del maestro statunitense, storia di un amore impossibile, quello di un giovane che sogna di diventare un violoncellista, ma che viene sconfitto dal sistema filisteo. All’inizio del film, il giovane, di nascosto dietro il palcoscenico, assiste a un concerto per violoncello e orchestra e ciò che ascolta è proprio la Romanza in questione. Ciò crea un principio di ambivalenza, poiché il pezzo assume contemporaneamente un elemento sonoro inserito nel contesto narrativo cinematografico e, allo stesso tempo, assume un valore per così dire “autonomo”, sulla falsariga di un tema appartenente alla colonna sonora.

L’ultimo brano “cinematografico” presente in questa registrazione non è di Ennio Morricone, ma di Luca Pincini, ossia Fragmenta of Mission per violoncello solo, composto nel 2007, una pagina che nella sua capacità di frammentare e riunire in modo disseminato il costrutto dei tre temi musicali presenti nel celebre film di Roland Joffé, riecheggia il côté artistico colto del compositore romano. Pincini decostruisce per poi ricostruire, annulla per poi ricostituire la materia sonora estrapolando cellule che vengono poi presentate sotto una prospettiva del tutto diversa sia in chiave armonica, sia, ove presente, in quella melodica. Anche qui vi è un totale sfruttamento delle possibilità acustiche e fisiche (cassa armonica compresa) del violoncello, al punto da rappresentare una vera e propria sfida virtuosistica.

Gli ultimi due brani del disco fanno comprendere, a tutti gli effetti, quanto la musica contemporanea non solo italiana debba ad Ennio Morricone in termini di ricerca e di risultati ottenuti. Proprio partendo dalla lezione assimilata da Luca Pincini con il suo Fragmenta of Mission, per ciò che riguarda la “filosofia del frammento”, così importante nel compositore romano, è stato inserito nella tracklist Rag in frantumi per pianoforte solo, che Morricone compose nel 1986, in cui la tipica struttura del ragtime viene esemplarmente (e ironicamente) scomposta e delegittimata nella sua ortodossia compositiva per tramutarsi nella sua applicazione squisitamente semantica data dalla traduzione letterale del termine, ossia “tempo di stracciare”. Cosa che avviene puntualmente in questo brano, visto che le figure che appartengono a questo genere musicale vengono “stracciate” e rimodellate in termini del tutto desueti e originali, dando così vita a un pezzo che presenta a livello a-temporale la temporalità consueta del ragtime, invertendo la scansione delle stesse figure e proiettandole dal nulla in un ordine del tutto casuale (John Cage avrebbe usato, in tal senso, l’intervento dell’ I Ching… ).

I protagonisti di questa registrazione: da sinistra, Luca Pincini, Gilda Buttà e Paolo Zampini.

Considero l’ultima composizione presente in questa registrazione non solo un perfetto esempio del Morricone che scrive sotto l’ala luminosa irradiata a suo tempo da Nuova Consonanza, ma soprattutto un’emblematica testimonianza di come, purtroppo, la maggior parte di coloro che ascoltano e apprezzano la sua produzione dedicata alla musica da film non possano o non vogliano ammirare la sua vera arte sonora. Cadenza per flauto e nastro magnetico, brano del 1988, è figlia diretta di un’altra composizione composta poco prima, il Secondo Concerto per flauto, violoncello e orchestra dal quale il compositore romano estrapolò il materiale solistico. Ancora una volta, la materia sonora, come da lezione della scuola musicale romana contemporanea (senza dimenticare quella veneziana di Maderna e di Nono), mira a condensare la grande tradizione antica attualizzandola alle leggi del linguaggio moderno. Così, in Cadenza la linea espressa dal flauto di Paolo Zampini viene unita e “raffrontata” con il materiale registrato sul nastro magnetico, formato sulla combinazione di tre distinti strati sonori, con la base che presenta la citazione delle prime sei note di un Ricercare cromatico di Gerolamo Frescobaldi tracciata in onde sinusoidali, mentre il secondo e il terzo strato riproducono in modo sfasato, “anarchico”, la parte che il flautista suona dal vivo. Ma il risultato è solo un’apparente realizzazione caotica, “anarchica” appunto, in quanto Morricone, come ogni grande esponente della contemporaneità musicale, disciplina, armonizza, struttura in modo preciso e implacabile la materia sonora, giungendo a irregimentarla in strutture canoniche, figlie di un’ammirevole lezione contrappuntistica (come deve averlo amato questo brano Goffredo Petrassi!).

Ancora una volta, la lettura fatta di tutti questi pezzi da parte di Gilda Buttà, Luca Pincini e Paolo Zampini va ben oltre la semplice espressione interpretativa, poiché il tutto sfocia in un atto d’amore e di struggente ammirazione nei confronti di un autore la cui vera grandezza dev’essere ancora acquisita e riconosciuta (a mio avviso, la produzione cinematografica, più che essere un viatico, un invito per apprezzare il resto del vasto catalogo di Morricone, ne rappresenta tuttora un ostacolo arduo da superare). Il dato più evidente, più eclatante da ciò che viene fuori dalle loro esecuzioni è quello di saper rendere l’impervia difficoltà che si cela in esse con un’irrisoria facilità, come bere un bicchiere d’acqua sorgiva, tale è la caratura d’immedesimazione che i tre interpreti (ma sarebbe più corretto scrivere custodi) incarnano con la loro sensibilità. Il lato espressivo, la capacità di rendere con le dovute sfumature, l’acquisizione virtuosistica, erudita, affiorano in continuazione, dando infine un quadro che è suprema lezione di musica, metabolizzata e irradiata. E alla fine, si giunge a una conclusione: un progetto discografico siffatto non dovrebbe mai avere fine.

Lo storico tecnico del suono di Ennio Morricone, Fabio Venturi, ha catturato il suono della registrazione, facendo un ottimo lavoro d’insieme, visto che i vari parametri ne escono assai bene in fase di ascolto. La dinamica è rocciosa in termini di energia e di velocità, senza penalizzare una distinta naturalezza che tiene alla larga colori artificiosi. Ne consegue un palcoscenico sonoro nel quale i tre interpreti si alternano o si presentano insieme ricostruiti in modo corretto con una discreta profondità, sempre focalizzati con i dovuti scontorni, a tutto vantaggio della spazialità sonora, generosa anche in termini di altezza e ampiezza. L’equilibrio tonale mette in rilievo il rispetto dei registri dei tre strumenti, con una leggerissima “metallicità” presente nel medio-acuto del pianoforte, senza però rappresentare un elemento penalizzante nel parametro in sé. Il dettaglio, infine, anche grazie alla dinamica, elargisce matericità a piene mani, mettendo sapientemente a fuoco i tre strumenti, conferendo loro una sensazione tattile durante la fase d’ascolto.

Andrea Bedetti

Ennio Morricone – Absolutely… Ennio Morricone II – Original Arrangements and Music for Cello, Flute and Piano

Luca Pincini (violoncello) - Gilda Buttà (pianoforte) - Paolo Zampini (flauto)

CD Da Vinci Classics C00809

Giudizio artistico 5/5
Giudizio tecnico 4,5/5

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