L’etichetta discografica DaVinci Classics indubbiamente non predilige le cose facili, nel senso che se si sfoglia il suo catalogo balzerà agli occhi un numero non certo limitato di registrazioni dedicate alla musica contemporanea, ossia a quel genere considerato con stridor di denti nel panorama della ricezione musicale nostrana. Ma i suoi titoli non sono mai banali, visto che sono sempre dettati dalla capacità di offrire a un pubblico di aficionados e a chi cerca il sentiero giusto per avvicinarsi al nucleo della musica contemporanea, sia in quella del versante storico (che arriva fino alla Scuola di Darmstadt), sia in quella più vicina a noi (ossia quella che prende appunto avvio dalla lezione fondamentale e anche fuorviante di Darmstadt fino all’inizio del terzo millennio) vuoi autori poco conosciuti ma che meritano un attento ascolto, vuoi un repertorio che esce dai soliti cliché, vuoi degli interpreti, soprattutto giovani, che dimostrano di avere le carte in regola per dire la loro e non solo in ambito nazionale.
La registrazione in oggetto, in un certo senso, fa bingo, ossia presenta anche autori poco conosciuti al grande pubblico, focalizza la sua attenzione su uno strumento poco considerato in ambito solistico e fa riferimento su un giovane interprete che mette in mostra tecnica, espressività e sensibilità esecutiva da vendere. Cominciamo da quest’ultimo: il siciliano Domenico Calia è particolarmente attento e sensibile nei confronti dei nuovi linguaggi musicali e la sua specializzazione in ambito contemporaneo è confermata dalle collaborazioni che vanta con alcuni compositori attuali, alla ricerca di nuove espressioni sonore per il suo strumento.
Works for contemporary clarinet permette dunque a Calia di calarsi nei panni di un nocchiero grazie al quale l’ascoltatore (beninteso quello curioso e aperto a nuove scoperte) può seguire un ideale filo d’Arianna che gli permette di conoscere come questo strumento a fiato sia stato al centro di un interesse che segue parallelamente l’evoluzione del linguaggio musicale dalle ceneri del tardo romanticismo fino al presente. Al di là del milanese Ernesto Cavallini, definito nel secondo Ottocento il “Paganini del clarinetto” e che con un percorso contemporaneo poco ci azzecca, come avrebbe esclamato un famoso magistrato ai tempi di “Mani pulite” (basti ascoltare il suo brano più celebre, ossia “Adagio e Tarantella” per clarinetto e quintetto di clarinetti per rendersene conto), il viaggio verso la modernità parte cronologicamente da Igor Stravinskij con i suoi Tre pezzi per clarinetto solo, prosegue con Nino Rota con la deliziosa Sonata per clarinetto e pianoforte (a proposito, sarà proprio un gran bel giorno quando si smetterà di associare il nome di questo grande musicista milanese con quello di Fellini), va avanti con il poco conosciuto, almeno nel nostro Paese, Malcolm Arnold con la sua Fantasia per clarinetto, per poi approdare sulle plaghe della contemporaneità con l’ungherese Béla Kovács (Shalom Aleikhem per clarinetto e pianoforte) e gli italiani Crescenzo Langella (Eloquio), Raffaele Bellafronte (Frammenti d’Ombra e Luci), Angelo Sormani (Cygnus x-1) e Michele Mangani (Pagina d’Album).
Al di là dei brani maggiormente storici, in cui il fraseggio, la finezza psicologica e il dosaggio espressivo fanno capire di che pasta è fatto Calia, è proprio nei brani dei compositori italiani attuali che il clarinettista siciliano mostra la sua compiuta familiarità con un certo sperimentalismo (il brano di Sormani), e con la ricerca di sonorità che portano lo strumento ad essere “oltre”, “meta”, rivestendo un ruolo in cui i contorni timbrici vengono frantumati per proiettare il clarinetto in ambiti in cui il suono viene diluito in manifestazioni e percezioni che sondano lo spazio esteriore e interiore.
Per ciò che riguarda la presa del suono bisogna separare il dato tecnico tra clarinetto e accompagnamento pianistico quando quest’ultimo è presente: per ciò che riguarda il primo, la microfonatura generosa e ravvicinata permette a chi ascolta di avere l’esecutore a meno di due metri di ascolto al centro o leggermente a destra, contrassegnato da una dinamica piena, granitica, capace di esprimere compiutamente anche le più sottili sfumature microdinamiche, mentre per ciò che riguarda il pianoforte, oltre ad essere fastidiosamente “metallico”, il che mi ha riportato tristemente indietro nel tempo, all’epoca delle primissime registrazioni digitali avvenute con l’avvento del compact disc, viene fissato molto indietro rispetto allo strumento solista e sminuito da una dinamica flebile e poco precisa.

Andrea Bedetti

AA.VV. – Works for contemporary clarinet
Domenico Calia (clarinetto) – Vincenzo Culotta, Beatrice Botta, Roberto Caselli (pianoforte) – Mileo Francesco, Salvatore Spera, Maurizio Ronga, Umberto Galante, Giuseppe Bezzino (clarinetto)
CD DaVinci Classics C00025

Giudizio artistico 5/5
Giudizio tecnico 3/5

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