Dopo aver ascoltato questa registrazione e aver letto le interessanti notazioni del libretto di accompagnamento, mi è tornato in mente quanto asserì una volta Wilhelm Backhaus. Il sommo pianista tedesco spiegò che la sua giornata al pianoforte, fatta di studio, di prove, di continue analisi delle opere da lui affrontate, iniziava sempre con l’esecuzione di brani di Bach, incentrati non sui lavori maggiormente conosciuti, ma sulle piccole pagine, quelle nate e composte per l’ambito domestico, insomma il Bach visto dal cortile e non dalla facciata. Questo perché Backhaus, che considerava il Kantor investito del ruolo di “custode della musica”, riteneva che Bach fosse colui che doveva allegoricamente aprire le porte della sua musica quotidiana proprio con le note di piccoli pezzi, facendo ciò non solo, come asseriva egli stesso, “per sciogliere le dita”, ma anche per il fatto, e ne sono fermamente convinto per ciò che Backhaus voleva far intendere, che il ruolo di ogni custode che si rispetti non è solo quello di sorvegliare, ma di “proteggere”, ossia di mantenere-integro-qualcosa-di-già-acquisito. E se riflettiamo, ci rendiamo conto che la figura di Bach, in rapporto all’evoluzione musicale in Occidente, è quella di mantenere un bagaglio di acquisizioni, di conquiste, di prese di posizioni estetico-spirituali senza le quali la musica non sarebbe ciò che è, ciò che è stata e ciò che sarà.
Sandro Ivo Bartoli in questa registrazione ha voluto quindi chiamare in causa il “Bach custode” proponendo, al di là della monumentale Chromatische Fantasie und Fuge, una serie di brani che appartengono al Kantor squisitamente intimo e domestico, quelli che Backhaus suonava all’inizio delle sue giornate per “sciogliere le dita”, così come l’artista toscano le esegue anche e soprattutto per “sciogliere gli animi”, per restituire in nome di Bach un principio di linearità, di ordine nel quale trova rifugio (come se fosse una custod-ia) il sentimento. Questi brani provengono in parte dal leggendario Piccolo libro di Anna Magdalena Bach (o ciò che si conserva di esso), dov’erano custod-iti (come il Minuetto in sol maggiore, BWV 841) e da quello destinato al primogenito del Kantor, ossia Wilhelm Friedemann Bach. Si ergono pagine mirabili come il Präludium – Fantasie in do minore BWV 921 e quello in la minore BWV 922, così come i Zwölf kleine Präludien, tra cui i sette espressamente composti a livello di “esercizio” (i poliedrici Übungen!) per il primogenito, che vanno dal BWV 924 al 930. Mi piace pensare che Sandro Ivo Bartoli abbia voluto scegliere questo programma in nome di un minimalismo che procede esattamente in maniera opposta rispetto a quello definito tale di Philip Glass, Michael Nyman e Steve Reich, tenuto conto che se quest’ultimo utilizza un minimo numero di note reiterate (una sorta di “arte povera” musicale), quello di Bach è il risultato di una condensazione assoluta, di un incedere armonico e melodico in cui ogni singolo accordo è il logaritmo di una dimensione strutturale e affettiva ben più vasta, un procedimento che verrà ripreso solo due secoli più tardi da Anton Webern, le cui composizioni sono dei buchi neri astronomici, la cui densità è talmente grande da trattenere perfino la luce.
Ecco, Bartoli in questa ricerca dei Minima moralia bachiani ha voluto in un certo senso esplorare tali profondità, dando una lettura di queste opere come un continuo dipanarsi, sciogliendo i nodi (oltre che le dita), giungendo al cuore privo di peli di ognuna di esse, riportandole, ma sarebbe meglio dire, elevandole, a un rango in cui la ristrettezza dimensionale nulla ha a che fare con la limitatezza spaziale del loro ingombro esecutivo. E, alla fine, si coglie quasi un senso di liberazione da parte sua, nel “riveder le stelle”, quando affronta la Fantasia cromatica, con il sopraggiungere, dopo tanta verticalità, di un senso di orizzontalità tale da provocare le vertigini.
Ogni interprete, musicalmente parlando, è un agnostico che a volte è tentato dal voler essere un credente e qui Sandro Ivo Bartoli, attraverso questa registrazione, si è scoperto custode di un credo del quale si è sentito felice e commosso per averlo evocato.
La presa del suono restituisce magnificamente il suono dello Steinway D gran coda, grazie a una dinamica (e microdinamica) che per velocità e precisione porta a un corretto decadimento degli armonici. Lo strumento è scolpito al centro tra i diffusori, in modo leggermente avanzato ma non artificioso. Il dettaglio, infine, è un concentrato di matericità capace riprodurre la fisicità timbrica della tastiera.
Andrea Bedetti
Johann Sebastian Bach – Preludes, Fantasias and Minuets
Sandro Ivo Bartoli (pianoforte)
CD Solaire Records SOL1006
Giudizio artistico: 5
Giudizio tecnico: 5