Nell’arte tastieristica della musica italiana tra il rivoluzionario Girolamo Frescobaldi e il sommo Domenico Scarlatti non vi fu un vuoto, visto che alcuni grandi musicisti seppero mantenere il solco della tradizione su livelli di altissima raffinatezza e brillantezza compositive. Se Frescobaldi muore a Roma nel marzo del 1643 e Scarlatti nasce a Napoli nell’ottobre del 1685, in questa “terra di mezzo”, che si viene a creare temporalmente, visse e operò un altro importantissimo musicista, il pistoiese (nacque a Massa e Cozzile, ad essere precisi) Bernardo Pasquini, che la regina Cristina di Svezia soprannominò il “Principe della Musica”, tanto per chiarire la fama e il prestigio di cui questo artista godette tra i contemporanei. Nato nel 1637 e morto a Roma nel 1710, Pasquini può essere considerato, per l’importanza del suo contributo artistico, l’ideale anello di congiunzione in materia tastieristica, soprattutto clavicembalistica, tra Frescobaldi (è bene ricordare che nel 1653, a Ferrara, Pasquini fu organista all’Accademia della Morte, posto già occupato in precedenza da Luzzasco Luzzaschi e dallo stesso Frescobaldi) e Scarlatti.

La cover del CD Urania Records dedicato a brani clavicembalistici di Bernardo Pasquini.

L’attività artistica di Pasquini si concentrò nella Roma della seconda metà del Seicento e dei primissimi anni del secolo successivo, ossia nel corso di uno dei periodi più straordinari e prolifici per le arti dell’urbe eterna. Nella città dei papi, il musicista toscano ben presto assunse un ruolo centrale, preminente nella vita musicale romana, ammirato interprete clavicembalistico in concerti ospitati nelle magioni di famiglie aristocratiche come quelle dei Borghese, Chigi e Ottoboni, oltre a ricevere continue committenze per opere vocali destinate all’opera lirica e al genere sacro degli oratori. Inoltre, fu un seguitissimo didatta, visto che a Roma, pur di seguire le sue lezioni, accorsero musicisti come Georg Muffat, Johann Philipp Krieger, Johann Georg Christian Störl e Franz Jakob Horneck, mentre tra i suoi allievi ci furono anche Giuseppe Fabbrini, Francesco Maria Ricci, Floriano Arresti e Tommaso Bernardo Gaffi.

Tornando alla musica clavicembalistica di Pasquini colpisce il fatto che quasi tutte le pagine che seppe creare nel corso del tempo rimasero allo stadio di manoscritto, senza che il loro autore si preoccupasse di farle stampare, anche se a quel tempo questo tipo di scelta non era di certo un’eccezione. Il fatto è che il musicista pistoiese divenne famoso, in campo tastieristico, quale eccezionale improvvisatore, capace di coinvolgere e affascinare gli ascoltatori con le sue raffinate elaborazioni all’organo e al clavicembalo. Inoltre, i manoscritti delle sue opere per tastiera riguardano quasi esclusivamente la sua attività di didatta, veri e propri Übungen di bachiana memoria, dedicati principalmente ad uso del nipote Felice Bernardo Ricordati (1678-1727), che visse in casa del compositore a Roma a partire dal 1691. Questi manoscritti sono tuttora conservati nella Staatsbibliothekdi Berlino (manoscritti Landsberg 214 e 215) e alla British Library di Londra (Additional Manuscript 31501), fonti che sono servite al clavicembalista e organista parmense Andrea Chezzi a dare vita a un programma confluito in una registrazione discografica della Urania Records, che presenta per l’appunto diciotto brani per clavicembalo di Bernardo Pasquini.

Bernardo Pasquini nel celebre ritratto fatto da Pasquini Andrea Pozzo.

I brani scelti da Chezzi rappresentano in nuce quanto ci è stato tramandato da questi manoscritti “didattici”, i quali avevano ovviamente lo scopo di fornire agli allievi una formazione completa su quello che era il panorama dei generi affrontati dal clavicembalo e dall’organo nel XVII secolo nel nostro Paese, rientranti nel vasto alveo della concezione toccatistica-improvvisativa, del contrappunto in stile antico, della variazione e delle danze, ossia quegli ambiti compositivi su cui Bernardo Pasquini aveva costruito la sua fama di musicista e interprete. Il genere toccatistico-improvvisativo, nel programma discografico in questione, viene rappresentato dai brani Toccata Ottava, Tastata. Per Milone. Napoli luglio 98, Tastata Quarta. Per Francia e Tastata. 4 dicembre 1708, in cui viene esaltata la capacità nel musicista pistoiese di dare pieno sfoggio della sua arte inventiva, padroneggiando al meglio la materia musicale. Il genere delle variazioni viene esemplificato da altri quattro brani, per l’esattezza le Partite diverse di Follia, le Variazioni. Per Francia, i Passagagli e le Partite del Saltarello, in cui la piacevolezza del suono, tale da mettere in rilievo la tipica brillantezza e la cristallinità dei clavicembali di scuola italiana, si unisce al rigore didattico dato dall’impiego della mano che l’allievo doveva affrontare, in modo da abituarlo alle varie difficoltà tecniche che avrebbe incontrato eseguendo il repertorio tastieristico dell’epoca.

Il genere contrappuntistico in stile antico è fornito da tre brani, il Ricercare in D. sol re, la Canzona francese in f fa ut e la Fantasia in e, la, mi, e ci fa comprendere la piena padronanza della scrittura polifonica in Pasquini, una qualità che il nostro autore riversò anche nelle composizioni per organo e nel suo apporto nel genere della musica sacra vocale, oltre a far parte di quei pezzi ancora squisitamente didattici, in quanto necessari per disciplinare al meglio l’articolazione delle due mani per poter rendere l’indipendenza delle voci polifoniche. Un altro aspetto assai importante della musica tastieristica, quella riservato alle danze, viene offerto da Andrea Chezzi attraverso due allemande, due correnti e una giga; questi brani hanno il merito di evidenziare come la musica francese coeva seppe influenzare il musicista pistoiese, grazie al fatto che la Roma dell’epoca, che si avviava alla grande stagione del Barocco, era una città aperta agli influssi provenienti dalle altre culture ed espressioni artistiche, soprattutto quella spagnola e quella transalpina (senza dimenticare il viaggio che Bernardo Pasquini fece in Francia, entrando in diretto contatto con la realtà musicale di quel Paese).

Il clavicembalista e organista Andrea Chezzi.

Infine, gli ultimi due brani della tracklist, la Pastorale e la Sonata, sono assai particolari, poiché il primo, proveniente da un manoscritto conservato a Bologna, fu composto per organo, ma adattabile anche al clavicembalo, e ci permette di apprezzare la sapienza armonica di cui è dotata, unendo la semplicità data dal tema pastorale con la raffinatezza espositiva, come richiesto dalla cultura artistica arcadica del tempo, mentre la Sonata, presente nell’antologia Sonate di organo di varii autori, curata dal bolognese Giulio Cesare Arresti, è anch’essa adattata all’espressività clavicembalistica e se non si è certi che sia stata scritta dall’autore pistoiese, ma forse da un musicista appartenente alla sua cerchia, ci fornisce un ottimo esempio di come la musica violinistica corelliana abbia potuto influenzare anche approdi tastieristici (senza dimenticare l’amicizia e la proficua collaborazione che vi fu nel periodo romano tra lo stesso Pasquini e il grande artista di Fusignano).

La bellezza e la profondità della musica clavicembalista di Bernardo Pasquini sono rese assai bene dalla lettura di Andrea Chezzi, il quale si avvale di uno strumento del XVII secolo assai interessante che si trova nella Rocca di Sanvitale a Fontanellato, in provincia di Parma, di costruttore anonimo e restaurato tra il 2020 e l’anno successivo da Marco Brighenti (quest’ultimo autore, tra l’altro, di una nota esplicativa che spiega bene le peculiarità di questo clavicembalo e gli interventi fatti per preservarne il suono). Tutte le varie peculiarità stilistiche, elencate nel corso della recensione, sono debitamente messe in luce (trovo particolarmente affascinanti, ma il mio è un giudizio del tutto personale, quelle che riguardano le variazioni) grazie soprattutto all’impianto ritmico che l’artista emiliano riesce a infondere nella sua interpretazione. Proprio questo senso dato dalla ricerca ritmica permette ad Andrea Chezzi di “decodificare” di brano in brano il tessuto connettivo che lo circoscrive, fornendo così la giusta focalizzazione esecutiva. È, in fondo, una “chiave di volta” che apre lo scrigno delle meraviglie della musica tastieristica del compositore pistoiese, capace di dipanare la materia sonora, la quale è sempre sorretta da un supremo impianto armonico.

Il clavicembalo del XVII secolo di autore ignoto, che si trova nella Rocca di Sanvitale a Fontanellato, utilizzato per la registrazione.

Federico Savio è stato altrettanto bravo a “domare” l’esuberante cristallinità del timbro dato dal clavicembalo della Rocca di Sanvitale; questo grazie a una dinamica molto energica, ma anche assai disciplinata in fatto di velocità e di trasparenza. Ne consegue, a livello del parametro riguardante il palcoscenico sonoro, un’ottima focalizzazione dello strumento, scolpito al centro dei diffusori, dotato non solo di una discreta profondità, ma anche garantendo un suono che si irradia in larghezza e in altezza. Il fatto che la cristallinità dello strumento venga governata a dovere viene testimoniato dal parametro dell’equilibrio tonale, in cui il registro acuto non sovrasta mai quello medio-grave. Infine, il dettaglio è oltremodo materico, restituendo non solo la fisicità dello strumento, ma permettendo anche un ascolto sempre piacevole e mai affaticante.

Andrea Bedetti

Bernardo Pasquini – Harpsichord Music

Andrea Chezzi (clavicembalo)

CD Urania Records LDV 14106

Giudizio artistico 4,5/5
Giudizio tecnico 4/5