Si è detto che il Barocco, soprattutto quello di matrice francese, sia stato il periodo artistico e culturale maggiormente legato al concetto dell’eleganza e, allo stesso tempo, a quello del rimpianto. Due aspetti, questi, che contrariamente a ciò che si possa credere, possono essere legati l’uno all’altro. Se l’eleganza si manifesta e si riconosce come tale per il suo distaccarsi da quanto è grossolano e filisteo, il rimpianto affiora quando vuole staccarsi dal vischioso collante del presente per catapultare chi ne è vittima nel regno dei ricordi, delle immagini, delle sensazioni e delle emozioni provate addietro nel tempo. E se il rimpianto è già manifestazione di eleganza, a volte l’eleganza, attraverso lo stile, ha il potere di evocare un soffuso senso di rimpianto, di cose sopite ma mai svanite.
In tal senso, i Concerts Royaux, con il corpus clavicembalistico al quale appartengono, rappresentano il capolavoro di François Couperin e un’esemplare proiezione barocca di che cosa sia l’eleganza che si trasmuta in rimpianto. Questi quattro concerti furono creati tra il 1714 e il 1715 e poi pubblicati nel 1722, quando furono inclusi dal compositore francese come supplemento alla terza raccolta di pezzi di clavicembalo e anche se furono scritti su due righi, adatti quindi per essere eseguiti per clavicembalo, sappiamo che Couperin li immaginò anche come brani da suonare per un ensemble formato da diversi strumenti. Ed è così che furono eseguiti durante i concerti domenicali di Versailles organizzati da Madame de Maintenon per Luigi XIV per allietarne la triste vecchiaia, un sovrano che, dopo i disastri della Guerra di Successione Spagnola, aveva ormai ben poco in comune con il brillante monarca di mezzo secolo prima.
Ebbene, la principale caratteristica dei Concerts Royaux è data da una sottile e raffinata malinconia, che traspare in ognuno dei tempi, soprattutto in quelli veloci, nei quali non manca mai una velata nota struggente, di dolce rimpianto nel quale trovano rifugio quei ricordi che attanagliavano e perseguitavano Le Roi Soleil. Concerti che risultano quindi “toccanti” e che rientrano, in un certo senso, nell’alveo dell’Affektenlehre dell’epoca (non per nulla, la frase di preferita di Couperin era J’aime beaucoup mieux ce qui me touche que ce qui me surprend), in cui il verbo toucher, ossia toccare, aveva una duplice valenza, quella del gesto che andava a premere sui tasti del clavicembalo (esemplificato in quel trattato che Couperin scrisse tra il 1716 e il 1717 e che porta il titolo de L’Art de Toucher le Clavecin), sia il riflesso emotivo causato dal tocco stesso e che andava quindi a toccare l’animo dell’ascoltatore.
In questa registrazione, i quattro Concerts Royaux vengono proposti dall’ensemble I Fiori Musicali, con Maria Giovanna Fiorentino al flauto traverso e al flauto dolce soprano, Paolo Tognon al fagotto, Rosita Ippolito alla viola da gamba e Maria Luisa Baldassari al clavicembalo. Un’interpretazione, la loro, che al di là del rigore filologico, nulla toglie alla proiezione di un raffinato eloquio musicale in cui l’eleganza della forma si coniuga con un impalpabile senso di velato pudore, di trattenuto respiro, tale da mantenere sospesa la tessitura d’insieme, in nome di quello struggente rimpianto che fece inumidire probabilmente gli occhi di Luigi XIV quando li ascoltò per la prima volta nella reggia di Versailles.
La presa del suono evidenzia una dinamica che risulta naturale e veloce, con i quattro interpreti raccolti correttamente nello spazio scenico al centro del soundstage. L’equilibrio tonale permette di cogliere distintamente la timbrica di ogni strumento, mentre il dettaglio restituisce la debita fisicità del loro suono.
Andrea Bedetti
François Couperin – Les Concert Royaux
I Fiori Musicali
CD Urania Records LDV 14031
Giudizio artistico: 4
Giudizio tecnico: 5