Le due sorelle laziali, sebbene ancora giovani, si sono già ritagliate uno spazio importante nel mondo della musica cameristica internazionale, sancito dal terzo loro disco appena uscito per la prestigiosa etichetta tedesca ECM Records. MusicVoice le ha intervistate. Ecco che cosa ci hanno detto

 

L’ultimo vostro lavoro discografico, concepito su opere per violino e pianoforte di Ravel, Franck, Ligeti e Messiaen, in un certo senso chiude (o svilupperà ulteriormente) un filo che si collega con i due precedenti dischi pubblicati sempre da ECM, ossia un percorso che dagli ultimi sviluppi di questo iniziale XXI secolo giunge fino alla linea di demarcazione che separa il tardoromanticismo dall’avvento di quei nuovi linguaggi che fisseranno dapprima il Novecento storico e poi quello sperimentale. Quindi, questo filo a ritroso nel tempo è destinato da parte vostra a continuare, si è concluso o si avvolgerà intorno a se stesso tornando ad affrontare nuovamente una cameristica del Novecento fino ai giorni nostri?

In ogni nostra incisione per ECM Records, come anche nella scelta del repertorio che proponiamo al pubblico in occasione dei recital, la nostra attenzione è sempre volta a rintracciare linee di continuità e di dialogo tra composizioni e compositori di epoche differenti. Riteniamo, infatti, che, pur mutando lo stile e il linguaggio, nessuna opera nasca per caso. Nessun compositore è veramente isolato, anche se sviluppa con il tempo un suo linguaggio particolarissimo e immediatamente riconoscibile. In quest’ultimo lavoro ci siamo focalizzate sul repertorio di area francofona, con una piccola incursione nel mondo di Ligeti. Ci siamo dunque spinte nel XIX secolo, proponendo la Sonata di Franck e quella postuma di Ravel, ma ancora una volta per dare una testimonianza di come nei secoli successivi questi lavori abbiano esercitato una profonda impressione su compositori apparentemente distanti. Il breve brano di Ligeti, che abbiamo inciso in prima mondiale in questo album, ad esempio è pervaso da una pungente ironia che colpisce molto se consideriamo il periodo terribile che il compositore aveva appena vissuto. Il suo stile, che in questo caso rimanda vagamente a Bartók e alla ricerca sulla musica folkloristica, di lì a poco sarebbe andato in una direzione più personale che non poteva però prescindere dalla sua formazione di base. Citiamo Ligeti perché per motivi biografici e politici fu costretto a un forzato isolamento dalle correnti musicali del tempo fino al 1956. Crediamo che tutta l’arte sia contemporanea e di certo continueremo a esplorare il repertorio del Novecento fino ai nostri giorni, come pure a proporre grandi lavori del passato.

Non capita spesso, come invece accade nel vostro ultimo lavoro discografico appena uscito, di avvertire un dialogo tra i due strumenti che è anche riflesso di un illudente soliloquio, fonte di un disagio causato dall’irruzione di una modernità che deve fare i conti con i mezzi espressivi di quella data epoca, come se il violino e il pianoforte volessero elidere ed eludere l’altro (e mi riferisco soprattutto a quella splendida pagina che è il Thème et variations di Messiaen).

Certamente la temperie storica ha causato un evidente cambio di prospettiva e di rivoluzione nel dialogo tra i due strumenti. Esaminando attentamente la partitura di un brano così carico di suggestione come Thème et Variations appare evidente che le dinamiche del violino e del pianoforte sono fortemente contrastanti. Molto spesso “un tema” proposto dal pianoforte viene soverchiato dalle dinamiche del violino e viceversa. I mezzi espressivi e le dilatazioni dei tempi portano a toccare potenzialità estreme degli strumenti. Il dialogo tra i due strumenti persiste, ma in termini sempre più oscuri e celati. Nella nostra interpretazione abbiamo cercato, seguendo fedelmente le dinamiche e i tempi indicati da Messiaen, di rendere il più possibile evidente la coesistenza tra l’attenzione al dialogo e al tempo stesso il suo andare oltre di esso.

Un duo cameristico formato da vincoli di parentela nel mondo della musica non è certo una novità. Ma un legame di sangue può davvero aggiungere un qualcosa in più per ciò che riguarda le affinità, l’omogeneità, l’affiatamento e la visione d’insieme delle opere da affrontare e da interpretare? E poi, come nasce da parte vostra l’idea, il progetto di un repertorio da esplorare e da eseguire? Chi, tra Natascia e Raffaella, è il caso di dirlo, dà il la in ciò?

Crediamo che essere sorelle certamente per noi costituisca un punto di forza. Siamo talmente affiatate da essere spesso confuse per gemelle. Abbiamo solitamente bisogno di poche parole per capire le intenzioni l’una dell’altra e, avendo da sempre un ottimo rapporto, possiamo parlarci e confrontarci con franchezza. Solitamente per la scelta del repertorio da eseguire, si tratti di una registrazione o di un recital, decidiamo di comune accordo e dopo lunga riflessione. Abbiamo un repertorio che spazia dai classici ai contemporanei ormai consolidato nel tempo e siamo sempre attente alla ricerca di nuovi lavori, siano essi di compositori viventi o del passato. Quando costruiamo il programma per un concerto teniamo conto di diversi fattori: il Paese nel quale suoneremo, l’occasione o il luogo nel quale siamo invitate a suonare, quanto possiamo spingerci nella proposta di composizioni contemporanee (problema non indifferente in alcuni Paesi). Spesso, quando abbiamo suonato in aree geografiche molto lontane dalla nostra per cultura e tradizione, abbiamo cercato musiche di compositori del luogo per rendere omaggio ai Paesi ospitanti. Siamo dedicatarie di lavori di compositori contemporanei che amiamo molto, come Valentin Silvestrov o Tõnu Kõrvits o il vietnamita Đặng Hữu Phúc, che presentiamo appena possibile al nostro pubblico. Ultimamente siamo molto fiere di aver ricevuto una composizione scritta per noi dal nostro Maestro Bruno Canino.

Natascia Gazzana.

Al di là della musica che fa parte del vostro repertorio, manifestate gli stessi gusti anche per ciò che riguarda altri generi musicali, per esempio nel campo sinfonico o in quello operistico? Inoltre, il vostro ascolto e le vostre curiosità musicali si concentrano unicamente su quella che viene definita con l’imbarazzante e grossolano termine di “musica classica” o spaziano in altri arcipelaghi e in altri universi di note?

Abbiamo spiccate affinità, ma anche gusti diversi. Ognuna di noi coltiva i propri interessi e le proprie passioni autonomamente. Parlarne e comunicarci le impressioni non fa che arricchirci reciprocamente. Amiamo ascoltare generi anche molto differenti tra loro, anche se la nostra predilezione naturalmente va alla musica classica. Ci piace molto ascoltare musica dal vivo, assistere ai concerti, anche se abbiamo una nutrita collezione di CD. Ogni volta che per concerti ci spingiamo in posti esotici o lontani, cerchiamo registrazioni dei “beniamini locali”. Ultimamente, dopo i nostri viaggi in Iran e in Argentina, siamo venute a conoscenza di nuovi universi sonori affascinanti!

Raffaella Gazzana.

A vostro giudizio, per ciò che concerne il genere cameristico legato al violino e al pianoforte, qual è il momento o il lasso di tempo in cui qualcosa è destinato a cambiare per sempre la sua evoluzione? Qual è il fantomatico punto di non ritorno in cui il dialogo/confronto tra violino e pianoforte assume un aspetto ineludibile in cui si chiude per sempre una porta e se ne apre un’altra che rimane tuttora aperta?

Pensiamo che il Novecento, nella filosofia, nel modo di concepire il mondo, sia nella musica che nelle altre forme d’Arte, abbia segnato un momento di grande cambiamento e punto di non ritorno. Il Novecento storico, che tanto ci piace percorrere, ci affascina proprio per le sue complessità, il suo eclettismo, il suo carico di novità e per il peso della tradizione che allo stesso tempo porta in sé. Affondando le radici nel passato e in una forma di scrittura musicale ormai non più pensabile per le correnti e gli stravolgimenti del tempo, ha in nuce tutti gli elementi successivamente esaltati, stravolti, a volte sviliti.

Ultima domanda per entrambe: qual è per Natascia e per Raffaella un compositore che ritenete oltremodo sopravvalutato e quale, invece, è ancora oggi a vostro giudizio ingiustamente sottovalutato?

Siamo concordi nel rispondere che purtroppo nel mondo e nel momento in cui viviamo ci siano mancanza di curiosità, massificazione e mercificazione dell’Arte. Questo porta alla conseguenza inevitabile che si ascoltino sempre lo stesso tipo di musica o gli stessi compositori. Se si tratti di sopravvalutazione o meno è difficile dirlo. Ogni film, colonna sonora o persino musica di sottofondo nei ristoranti, porta le note di compositori a noi cari quali Mozart o Bach o quelli appartenenti alla corrente minimalista. Questa mercificazione della musica genera delle vere proprie follie e la pretesa di formare il gusto del pubblico, senza fornire gli strumenti utili per un vero e proprio discernimento. È rarissimo, invece, ad esempio, poter ascoltare un concerto nel quale venga proposta musica fiamminga del Quattrocento!

Andrea Bedetti