Quando si accenna o si fa riferimento alla Scuola musicale napoletana, quasi sempre con tale termine si definisce solo una componente artistica che la contraddistingue, ossia quella operistica, che ebbe tra i suoi migliori esponenti, tanto per fare qualche nome, i napoletani Giuseppe Porsile e Nicola Porpora, il calabrese Leonardo Vinci, e poi il casertano Niccolò Jommelli, i pugliesi Tommaso Traetta, Niccolò Piccinni, Leonardo Leo, Giovanni Paisiello, i toscani Pietro Alessandro Guglielmi e Antonio Sacchini, fino al divino jesino Giovanni Battista Pergolesi. Ma se il teatro serio e quello comico fanno la parte del leone all’interno di questa scuola, non di meno furono coltivati, con eccelsi risultati, anche il genere strumentale e quello dedicato alla musica sacra.

E visto che sono stati citati autori famosissimi quali Jommelli, Traetta, Piccinni, Paisiello, Guglielmi e Sacchini, oltre a Pergolesi, bisognerà ricordare anche chi fu il loro maestro, ossia il grande, grandissimo Francesco Durante, la cui opera di didatta è pari, per importanza, a quella dedicata alla composizione. Eppure, come diversi musicisti del passato, anche il napoletano Durante, dopo la sua morte, avvenuta nella città partenopea nel 1755, è stato progressivamente messo ai margini della notorietà insieme con le sue opere, quasi esclusivamente concentrate negli ambiti della musica sacra, anche se, a dire il vero, non mancano titoli discografici dedicati a sue composizioni e se talvolta, soprattutto nelle manifestazioni musicali consacrate alla musica barocca, ci si ricorda talvolta di inserirle nei programmi e nelle locandine. Ma resta il fatto che la grandezza e l’importanza di questo musicista dovrebbero meritare, e di ciò siamo ancora in debita attesa, un attestato e una diffusione ben maggiori.

La cover del CD della Naxos, dedicato a brani sacri di Francesco Durante e a pezzi organistici di GIovanni Salvatore.

Per nostra fortuna, però, esistono studiosi ed interpreti che, nella loro mirabile opera di rivalutazione, profondono passione e continui sforzi nel tentativo di strappare dall’oblio storico autori e opere, oltre a focalizzare meglio il loro messaggio artistico. Uno di questi studiosi e interpreti è sicuramente Giovanni Acciai e chi segue le vicende editoriali di MusicVoice sa perfettamente che parliamo spesso di lui, insieme con l’ensemble musicale che dirige, la Nova Ars Cantandi, unitamente all’insostituibile presenza dell’organista Ivana Valotti nel ruolo di accompagnamento strumentale. E se, ancora una volta, torno a parlare di loro è per un nuovo progetto discografico legato proprio a Francesco Durante, in quanto per l’etichetta Naxos del compositore campano hanno registrato in prima assoluta mondiale (è bene rimarcarlo), nove Salmi e il Magnificat a quattro, insieme con quattro brani per organo di un altro eccelso appartenente alla Scuola musicale napoletana, il beneventano Giovanni Salvatore (anch’essi mai registrati prima di adesso).

La prima annotazione da fare, che può risultare del tutto pleonastica, tenuto conto che ci troviamo di fronte a una prima registrazione mondiale, è che il compito di Giovanni Acciai e della Nova Ars Cantandi è stato quello, come stanno già facendo con il corpus compositivo di un altro grandissimo musicista, Giovanni Legrenzi, di strappare dal serbatoio della dimenticanza capolavori che non solo sono straordinariamente affascinanti nella loro bellezza e nel loro incommensurabile spessore estetico, ma a livello musicologico spiegano meglio quei meccanismi, quei procedimenti, quelle peculiarità che hanno poi fissato e costruito l’apparato costitutivo di tutta la Scuola napoletana. Se ancora oggi questa scuola continua, e scusate il bisticcio di parole, a fare scuola (così come quella veneziana a cui è legato per l’appunto il nome di Legrenzi) è perché le soluzioni armoniche e conseguentemente melodiche hanno rappresentato qualcosa di straordinario, capaci di mutare in modo incontrovertibile qualsiasi genere musicale che sono andate a toccare. Insomma, grazie a queste due scuole si può ben dire che c’è un prima e un dopo.

Proprio Francesco Durante, in tal senso, rappresenta il caso di un geniale “veicolatore” nel passaggio dal prima al dopo; rari sono gli esempi, nella storia della musica colta occidentale, di musicisti che sono stati illuminati didatti e, allo stesso tempo, portentosi plasmatori, a livello compositivo, di quanto da loro insegnato e il musicista napoletano in questione rientra a pieno titolo all’interno di questa ristretta pletora artistica. Entrando nel contesto delle sue opere presentate nel presente disco, appartengono tutte a un manoscritto conservato nella Biblioteca del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, facente parte, più precisamente, del Fondo Musicale "Gustavo Adolfo Noseda" (da notare che la partitura di queste opere è disponibile in un’edizione moderna curata dallo stesso Giovanni Acciai nell’edizione pubblicata dalla Pizzicato Verlag Helvetia nel 2004).

Un ritratto di Francesco Durante.

Nelle preziose note di accompagnamento alla registrazione della Naxos, curate ovviamente da Giovanni Acciai, si può comprendere appieno l’importanza di questi nove Salmi (per la precisione, Dixit Dominus, Confitebor, Beatus vir, Laudate pueri, Laetatus sum, In convertendo, Nisi Dominus, Lauda Jerusalem, Credidi) che, con il Magnificat, descrivono esemplarmente i tratti distintivi dello stile di Durante, il quale può essere traslativamente definito quasi fosse “pittorico”, in quanto capace di penetrare e adornare la parola devozionale intonata, facendola vibrare semanticamente dall’interno, per realizzare immagini musicali che potevano suggerire il significato dei testi religiosi, proprio come faceva la pittura sacra ad uso e consumo soprattutto di coloro che, limitati dall’analfabetismo, non erano in grado di leggere le sacre scritture.

L’aspetto semantico del risultato compositivo di Durante non è da sottovalutare, poiché pochi musicisti sono stati in grado di lavorare, a livello di sfumature, colori, influssi psicologici dati dai testi sacri, come riuscì a fare l’artista campano; è stato detto, giustamente, dell’importanza che Durante diede, soprattutto in ambito didattico, al contesto armonico, ma è sufficiente ascoltare questi brani per rendersi conto come la dimensione narrante che scaturisce dai testi dei Salmi in oggetto assuma una valenza realmente teatralizzante, con i quattro cantori che divengono veri e propri “attori”, tale è ricca, profonda e complessa la tavolozza canora. E ciò avviene poiché la caratura armonica della struttura musicale non è mai statica, ma resa con una proiezione dinamica così pronunciata da stimolare ed esaltare la componente melodica; a proposito di quest’ultima, è bene rimarcare il fatto che Durante, proprio per facilitare la comprensione e il relativo coinvolgimento dell’ascolto, utilizza prevalentemente l’omofonia, andando, è qui risiede un altro aspetto del suo genio, ad arricchirla con un apparato di tensioni contrappuntistiche le quali, a loro volta, danno vita a brillanti giochi imitativi, a dialoghi di coppie di voci, oppure tra solisti (soprattutto il ruolo sopranile) e tutti, accorgimenti, questi, che trasformano la dimensione dei Salmi in una sorta di oratori minimalistici, tale è il contrapporsi continuo tra tensione e distensione, tra piani verticali e orizzontali, tra luci e penombre. E poi, il germe della modernità, basata su un accorto utilizzo delle dissonanze, o nell’avvalersi di accordi diminuiti e di cromatismi (!), così come di contrasti tematici e armonici, affinché la costruzione del tessuto musicale potesse fornire l’immagine di un flusso emotivo e psicologico in perenne trasformazione, come un sismografo capace di trasmettere con il pennino una linea continuamente frastagliata sulla carta millimetrata dell’ascolto.

Considero, a tale proposito, congeniale che il disco si concluda proprio con il Magnificat, che può essere definito una summa ideale di tutti questi aspetti, un prodigioso concentrato di tradizione lanciata al galoppo nei verdi prati della modernità, che trova piena espressione in una tensione spasmodica che, allo stesso tempo, viene smussata da un accorto uso ritmico della materia musicale, la quale fa affiorare continuamente commoventi afflati melodici.

Il musicologo e direttore Giovanni Acciai.

Presumo che la scelta, effettuata da Giovanni Acciai, di voler inserire quattro brani organistici di Giovanni Salvatore sia dovuta dal fatto che quanto esprime il compositore di Castelvenere attraverso questo strumento sia assai simile a quanto Durante riesce a fare nei confronti della musica vocale, vale a dire sfruttare la lezione della tradizione, sulla quale poi applicare un procedimento di scrittura che punta decisamente al futuro. Se sotto alcuni aspetti la sua musica può essere assimilata a quella del grande Frescobaldi, dall’altra non si può fare a meno di constatare, già a cominciare dalla Toccata in la minore con la quale si apre il disco, come Salvatore tenda a privilegiare l’uso delle cosiddette durezze, ossia delle dissonanze, non trattandole però come semplice “artifizio”, bensì inserendole idealmente all’interno del costrutto, facendo sì che non andassero a urtare e a destabilizzare la linea melodica (è bene ricordare che anche questo musicista fu un valentissimo didatta, attività che svolse a Napoli, dapprima al Conservatorio della Pietà dei Turchini, dove insegnò dal 1662 al 1673, e poi in quello dei Poveri di Gesù Cristo, dal 1674 fino al 1688, quando probabilmente morì).

Ciò ci fa comprendere meglio il progetto di mediazione che il compositore beneventano cercò di attuare nel suo costrutto organistico (tanto per ribadire quanto espresso in precedenza, la musica vocale di questo autore dev’essere ancora studiata e divulgata ed è quindi tutt’ora in attesa di una debita rivalutazione), vale a dire giungere a un’efficace sperimentazione pur rispettando e facendo affidamento su una consolidata lezione tramandata, soprattutto da quella di Giovanni Maria Trabaci, e senza dimenticare il fondamentale apporto dato dalla scuola fiamminga.

Che cosa si può scrivere su Giovanni Acciai, su Ivana Valotti e sulla Nova Ars Cantandi rispetto a questo nuovo loro progetto discografico? Ci sarebbe il serio rischio di ripetersi, di riannodare valutazioni e considerazioni che appartengono di diritto alle precedenti registrazioni che abbiamo già trattato sulle pagine di questa rivista, poiché il livello interpretativo non muta di una virgola, ossia sempre basato su un altissimo valore espressivo, oltre che su un rigore a dir poco ammirevole. Perché su un punto dobbiamo essere oltremodo chiari: ogni nuovo loro disco non solo strappa dall’oblio autori e composizioni che non meritano assolutamente di appartenere al regno della dimenticanza, ma aggiungono, sempre in nome di un’assoluta lucidità intellettuale e musicologica, un ulteriore tassello votato a ricostruire un ineguagliabile panorama musicale, in ambito nazionale, che meriterebbe ben altra sorte, rispetto invece ad altri di cui faremmo volentieri a meno. E ogni volta il bersaglio viene sempre centrato: anche questo CD, dedicato a Durante e a Salvatore, è semplicemente esemplare nell’aprire squarci musicali, messaggi artistici di un’epoca che non può e non dev’essere accantonata, come le centinaia di partiture che giacciono (e devono essere ancora rivalutate e fatte conoscere) in quel meraviglioso scrigno che è la Biblioteca del Conservatorio di San Pietro in Majella a Napoli, la cui importanza, soprattutto per ciò che riguarda la musica barocca, non ha eguali al mondo.

Ivana Valotti e Giovanni Acciai, con i membri della Nova Ars Cantandi.

Chi ama la musica antica e quella barocca, soprattutto quella sacra, non può non gioire quando questi studiosi e interpreti, come quelli presi in oggetto in tale sede, danno alle stampe una nuova registrazione. Nel caso specifico, ascoltare i nove Salmi e il Magnificat di Durante significa realmente accedere a una sfera musicale la cui grandezza lascia attoniti, anche se la caratura compositiva deve molto, moltissimo alla lettura fatta da Acciai e dalle quattro voci della Nova Ars Cantandi (permettete che questa volta un mio plauso personale vada soprattutto a quella sopranile di Alessandro Carmignani, autore di un’interpretazione che suscita semplicemente entusiasmo?), le quali riescono a restituire un afflato di purezza che probabilmente Francesco Durante riuscì solo lontanamente a immaginare e ad agognare. Il senso ritmico che riescono a imprimere alla linea melodica, andando nel contempo a saggiare e ad esplorare quella armonica, riesce a tramutare l’ascolto di questi brani in un viaggio ipnotico, trascendentale, mirante a un empireo al quale possono accedere solo pochissimi ensemble vocali. La caratura è tale che le voci in questione non si limitano a restituire la materia musicale, ma la penetrano e la setacciano a un punto tale da lasciare senza parole. E lo stesso può essere affermato, senza timore di essere smentiti, per Ivana Valotti, la cui passione e competenza nell’arte esecutiva organistica le permette di affrontare e districare, ridonandole nella loro autentica bellezza, pagine di un ricco repertorio, come in questo caso, in cui i quattro brani di Salvatore vengono dissezionati e ricuciti in modo da far comprendere la portata della loro scrittura.

Un’ultima considerazione dev’essere fatta su Giovanni Acciai: ce ne fossero nel nostro Paese di studiosi e artisti di tale pasta! La sua direzione trasmette non solo rigore, non solo gesti mutuati dall’indagine musicologica, ma soprattutto passione, amore nel trasmettere con calore ed entusiasmo un sapere sonoro che non merita di essere cancellato dal tempo e dall’indifferenza degli uomini. Ascoltando questo disco, non si può fare a meno di definire e di circoscrivere la sua direzione con due termini che la dicono lunga sulla sua missione: incalzante e totalizzante.

Jean Marie Quint si è occupato della presa del suono, avvenuta, come di consueto per questo organico, tra le volte della Basilica Palatina di Santa Barbara a Mantova. La dinamica è assai buona, così come negli altri parametri, soprattutto nella registrazione dei Salmi di Durante. Per quanto riguarda la cattura del suono dei brani per organo di Salvatore si possono cogliere dei rumori, come se fossero stati registrati durante un concerto dal vivo, anche se propendo per una presa effettuata senza il pubblico. Ad ogni modo, la ricostruzione del palcoscenico sonoro è migliore per ciò che riguarda Durante, poiché l’organo Antegnati risulta essere leggermente “intubato” rispetto all’ampiezza e all’altezza con le quali le quattro voci vengono restituite, oltre a una loro fisicità maggiormente pregnante. Buono sia l’equilibrio tonale (in Durante è davvero eccelso), sia il dettaglio, anche qui migliore, in fatto di matericità, nelle voci rispetto all’organo.

Andrea Bedetti

Francesco Durante – Psalms-Magnificat

Nova Ars Cantandi (Alessandro Carmignani, soprano - Andrea Arrivabene, contralto - Gianluca Ferrarini, tenore - Marcello Vargetto, basso) – Ivana Valotti (organo) – Giovanni Acciai (direzione)

CD Naxos 8.579131

Giudizio artistico 5/5
Giudizio tecnico 4/5