Abbiamo intervistato l'affermata imprenditrice d'origine siciliana, che ha fatto della sua passione per la musica un preciso impegno anche a livello economico e manageriale. Fiore all'occhiello della sua attività è l'impresa culturale creativa Le Dimore del Quartetto, con la quale ha dato vita a un interessantissimo progetto, The String Circle, che coinvolge in prima battuta mastri liutai da una parte e giovani concertisti dall'altra. Ecco che cosa ci ha detto
Francesca Moncada, anni fa un noto uomo politico italiano ed economista di vaglia affermò, provocando una serie di polemiche, che la cultura, soprattutto nel nostro Paese, non crea lavoro, insomma non dà da mangiare. Lei è un’imprenditrice che lavora nel mondo della cultura e, in tal senso, un’opinione in materia se la sarà fatta. Quindi, è vero che in Italia chi fa cultura è destinato a fare la fame?
È strano che si possa pensare una cosa del genere in un Paese che è riconosciuto nel mondo come punto di riferimento artistico e culturale. Non dimentichiamo che l'Italia fu meta d’elezione del Grand Tour, ossia il viaggio di istruzione e formazione che tra Sette e Ottocento era parte essenziale dell’educazione per giovani e intellettuali. Quindi, non solo non sono d’accordo, ma sono convinta che la cultura possa essere attivatore dei territori più sperduti portando un beneficio economico diffuso e omogeneo nel nostro Paese.
Lei ha deciso e voluto fondare, divenendone poi Presidentessa, Le Dimore del Quartetto. Da dove nasce, non come imprenditrice ma come appassionata, l’amore per la musica e, in particolar modo, per quella cameristica?
La mia passione arriva da lontano, da un’eccentrica quanto straordinaria insegnante di pianoforte ebrea-russa, Sonia Krikunetz, allieva di Alfred Cortot e amica di Horowitz. Lei, prima ancora di insegnarmi a suonare, mi ha insegnato ad ascoltare. Molti anni dopo un altro incontro significativo, con Adriana Verchiani Farulli cofondatrice della Scuola di Musica di Fiesole, ha portato al centro del mio interesse il quartetto d’archi, un nuovo mondo straordinario da scoprire. Quello che mi affascina del quartetto è che più che un ensemble musicale è una filosofia di vita. Si tratta della formazione musicale più paritetica che si possa immaginare, è un luogo di esperienza profonda dove si può essere a volte unici e a volte multipli, dove si cercano la fusione e la personalizzazione. Un luogo di scambio con possibilità infinite che stimola continuamente il gruppo a raggiungere obiettivi sempre più alti. Mi piace seguire l’evoluzione di questi musicisti che vedono la diversità come ricchezza, la pariteticità come parametro assoluto, la passione come guida e di nuovo l’ascolto come qualità imprescindibile che ci permette di restare in contatto con l’altro riconoscendo il suo pensiero.
Il progetto The String Circle vede coinvolte da un lato la categoria dei mastri liutai, italiani e stranieri, dall’altro quella degli artisti, dei giovani interpreti che si affacciano sull’affascinante e difficile mondo del concertismo. Ma tra i liutai e gli interpreti chi si è fatto sentire con più insistenza e interesse nell’auspicare la nascita di questa realtà artistica ed economica?
Le Dimore del Quartetto è un'impresa culturale creativa nata per sostenere la nuova generazione di ensemble di musica da camera e allo stesso tempo per valorizzare il patrimonio artistico. Con un team di progettiste giovani e appassionate, cerchiamo di intercettare i bisogni per rispondere con soluzioni innovative e sviluppare nuove progettualità con la finalità di rendere la filiera della musica da camera sana e interconnessa attraverso un sistema di economia circolare. La liuteria è sicuramente parte di questa equazione e la scelta di avviare questo progetto è stata naturale perché si tratta di un tassello fondamentale che completa un sistema volto alla sostenibilità dell’intero settore. I musicisti sono sempre alla ricerca di strumenti di qualità, soprattutto al debutto della carriera, ma anche gli artigiani più bravi spesso hanno bisogno di maggiore visibilità. In realtà, tutti gli attori coinvolti nel progetto The String Circle ne beneficiano.
Finora sono undici i mastri liutai, a livello internazionale, che hanno deciso di aderire a questo progetto. Ciò rappresenta un numero sufficiente oppure, in nome di quell’economia circolare contemplata ne The String Circle, la presenza di coloro che operano in questa categoria artigianale dovrà necessariamente crescere?
Quando abbiamo mosso i primi passi con l’attività di residenze nelle dimore storiche la rete era composta da cinque case e una manciata di quartetti. In soli sei anni abbiamo creato una rete di circa trecento dimore in Europa e novanta fra i migliori giovani ensemble del mondo. Tutto ciò è stato possibile grazie all’intesa assoluta con una direzione artistica d’eccellenza, Simone Gramaglia, viola del Quartetto di Cremona e prezioso amico. Se proponi qualcosa di innovativo e originale devi lasciare il tempo alle persone di capire, di sviluppare un sentimento di fiducia. L'importante è tenere molto alta la qualità, essere selettivi e includere solo artigiani davvero meritevoli, solo così potremo proporre una collezione diffusa di strumenti in modo che diventi un riferimento mondiale per musicisti e collezionisti. The String Circle ha un potenziale davvero interessante ed è per questo che abbiamo sentito la necessità di creare un sito dedicato, un potenziale già riconosciuto da importanti istituzioni di riferimento come la Fondazione Museo del Violino e la Fondazione Cologni che hanno da subito condiviso gli obiettivi e sostenuto l’iniziativa.
In un prossimo futuro pensa che il progetto de The String Circle si possa allargare anche ad altri settori dell’attività organaria, coinvolgendo di conseguenza anche il mondo di coloro che producono strumenti a tastiera e a fiato, in modo che giovani clavicembalisti, pianisti e specialisti dei legni possano trarne vantaggio?
Quando si mettono le basi per un nuovo progetto, secondo me è molto importante darsi dei parametri precisi, delineare dei perimetri riconoscibili per occupare uno spazio definito. Una volta consolidati i primi obiettivi la direzione da prendere si manifesta quasi da sola, se si impara a riconoscere i bisogni senza farsi influenzare da ciò che già esiste. Per questo non poniamo limiti futuri al progetto ma come per Le Dimore del Quartetto cerchiamo di muoverci con coerenza e rigore per conquistare la fiducia anche dei più scettici.
Andrea Bedetti