Il Prof. Andrea Mosconi per più di quarant’anni è stato conservatore presso il Museo del Violino di Cremona e tra i compiti che prevedeva il suo incarico c’è stato anche quello di “collaudare” quotidianamente i favolosi strumenti ad arco della collezione, preziosissimi esemplari di Amati, Stradivari e Guarneri
A Cremona c’è un uomo che per decenni ha svolto un lavoro delicatissimo e bellissimo, quello di suonare quotidianamente dei violini dall’inestimabile valore per poi riporli nelle loro bacheche. Quest’uomo è il professor Andrea Mosconi, attualmente conservatore emerito del Museo del Violino, ospitato nel Palazzo dell’Arte della città lombarda, nel quale sono conservati alcuni dei violini più preziosi al mondo, tra cui tre Stradivari. Questo raffinato e sensibile violinista e studioso ci ha voluto raccontare che cosa si prova a fare questo lavoro, che saltuariamente svolge tuttora, con le soddisfazioni, le responsabilità e la magia che nasce quando l’archetto si appoggia sulle corde di strumenti capaci di esprimere un suono unico e irripetibile.
Professor Mosconi, per quanti anni lei è stato conservatore ufficiale del Museo del Violino di Cremona e in che cosa consisteva esattamente il suo lavoro?
Ho iniziato alla fine degli anni Sessanta e ho cessato di essere conservatore ufficiale nell’estate 2013 per raggiunti limiti di età. Ma non per questo ho smesso questa attività, visto che sono attualmente conservatore emerito. Durante il mio incarico, ogni giorno ho prelevato dalle bacheche che si trovano nell’apposita sala del museo i violini della collezione per suonarli. Questi capolavori della liuteria cremonese, infatti, per esprimersi al meglio, per conservare la loro elasticità, il loro meraviglioso timbro, devono essere suonati a rotazione per un po’ di tempo. Ogni giorno ne suonavo due o tre, spesso di fronte a uomini della cultura, della politica, gruppi di scolaresche, affinché tutti potessero ascoltare la magia del loro suono. Senza contare che in passato, come oggi, diversi grandi interpreti a livello internazionale, chiedono il permesso di poter suonare e di esibirsi in pubblico con gli strumenti qui conservati.
Ci faccia qualche nome di questi grandi interpreti.
Salvatore Accardo, Uto Ughi, Bruno Giuranna, Rocco Filippini, Franco Petracchi.
Quali strumenti della grande scuola cremonese sono attualmente conservati nel Museo del Violino?
Beh, prima di tutto ci sono dei gioielli creati dalla famiglia Amati, a cominciare dal violino denominato “Carlo IX” che fu costruito dal capostipite, Andrea Amati, intorno al 1566, per poi proseguire con la viola “Stauffer”, risalente al 1615, frutto del lavoro di uno dei due figli di Andrea, Girolamo Amati. Del figlio di quest’ultimo, Nicolò Amati, il Museo conserva un meraviglioso strumento, il violino “Hammerle” del 1658 circa. E poi abbiamo tre violini di Antonio Stradivari, il “Clisbee” del 1669, il celeberrimo “Cremonese” del 1715 e il “Vesuvius” del 1727, oltre a un suo violoncello, lo “Stauffer – ex Cristiani”, del 1700. Senza dimenticare il violino “Quarestani” di Giuseppe Giovanni Battista Guarneri, risalente al 1689, e il violino “Stauffer” del figlio di quest’ultimo, Bartolomeo Giuseppe Guarneri del Gesù, del 1734. Ovviamente, il loro valore è del tutto indescrivibile e incalcolabile.
Per quale motivo, a suo avviso, tutti questi grandi liutai, la famiglia Amati e la famiglia Guarneri, Antonio Stradivari e altri seppero creare scuole di liuteria che sono uniche in tutta la storia della musica?
Si sono dette tante cose a tale proposito, ma ci si dimentica spesso che alla base di queste realtà e di queste tradizioni c’è prima di tutto la città di Cremona, la quale, a differenza di altri centri, seppe investire sulla musica, riconoscendone la sua importanza non solo a livello artistico, ma anche in quello sociale ed economico. È da questa constatazione che nasce la grande tradizione liutaia cremonese, con personaggi, come Stradivari e i Guarneri che seppero indubbiamente proseguire l’attività portata avanti dagli Amati, senza dimenticare, però, che seppero trovare e approfittare di un ambiente ideale come quello che la città aveva riservato allo sviluppo delle loro scuole. Ecco perché Cremona rappresenta un caso unico al mondo, in fatto di scuole e botteghe liutaie.
In tutti gli anni in cui lei ha suonato, provato e accudito questi straordinari strumenti, le è mai capitato che uno di essi le sfuggisse di mano e si rovinasse?
No, non è mai successo, per fortuna!
Dall’ottobre 2013 lei è conservatore emerito. Ma l’idea della pensione, di un meritato riposo non la sfiora?
Per nulla! Anche se non vengo ogni giorno, come un tempo, al Museo del Violino, sono ben felice di essere conservatore emerito e di fornire il mio contributo di consulente e di esperto in materia. Non solo, ma a 84 anni, continuo a studiare e ad applicarmi sul violino ogni giorno. Perché nella musica non si finisce mai di imparare.
Andrea Bedetti