L’ultima produzione discografica del pianista e organista aretino Andrea Trovato è un sentito e appassionato omaggio verso l’arte compositiva di Fryderyk Chopin. Lo fa proponendo una silloge, intitolata Reflets de l’âme e pubblicata dalla Da Vinci Classics, che presenta sei Notturni (n. 2 op. 9, n. 2 op. 27, n. 1 op. 48, quello in do minore B. 108, quello in mi minore op. post. 72 e quello in do diesis minore B. 49), una Polacca, l’immancabile Heroique op. 53, due Studi (n. 1 op. 25 & n. 12 op. 25), una Ballata, la n. 2 op. 38, un Valzer, il n. 1 op. 34, un Preludio, il n. 15 op. 28 e, per concludere, la Fantasia-Improvviso op. post.
Solitamente, una silloge del genere serve all’interprete per ostentare il suo virtuosismo, la sua capacità di entrare nel tessuto chopiniano con il chiaro intento di domarlo, di padroneggiarlo. Cosa che indubbiamente Trovato sa fare, anche se il suo intento, almeno per quanto possa a mia volta interpretarlo, non è per dare dimostrazione di un virtuosismo fine a se stesso. Trovo, invece, che il programma qui presentato abbia ben altre finalità, più profonde e articolate. A cominciare da quella che le pagine che Andrea Trovato esegue sono in buona parte il frutto dell’attento e ammirato studio che Chopin fece sulle opere di Bach, a cominciare da Das Wohltemperierte Klavier. E questo vale soprattutto per i ventisei Preludi che compose in un decennio, tra il 1831 e il 1841. Quello che Trovato presenta è il Preludio in re bemolle maggiore, uno dei più famosi, in cui è condensata la visione del mondo chopiniana, sempre permeata dalla visione della morte. La lettura del pianista aretino trasuda un’immagine di lutto, radicata nel corale centrale, ma è capace anche di tramutarsi in una languida radura sonora soprattutto nel ripresentarsi del tema iniziale, reso ancor più struggente e melanconico.
Ma attenzione, abbiamo citato Bach e il suo indubbio influsso sulla poetica pianistica del compositore polacco; questo significa che in linea generale tutta la lettura fatta da Andrea Trovato in questa registrazione è riconducibile a un’estrema pulizia, che significa prima di tutto chiarezza di esposizione, lucidità timbrica, poiché il pianismo di Chopin è rigore formale (la grande lezione dei classici e del Kantor) che si tramuta in una cattedrale fatata. Ecco, sovente dimentichiamo questo procedimento prodigiosamente alchemico che riesce a trasformare il rigore della forma, della struttura, l’accanimento armonico a cui Chopin costringe le sue pagine pianistiche, poiché si resta avvinti, incatenati dal risultato della volatizzazione poetica che irradia a livello di ascolto. Al contrario, la ricostruzione interpretativa di Trovato vuole, a mio avviso, richiamare l’attenzione dell’ascoltatore proprio sull’intero processo alchemico in questione, forma solida che si rende volatile, impalpabile sotto la spinta di una poetica unica in tutta la storia della letteratura pianistica. E una dimostrazione immediata l’abbiamo dalla proposta dei due Studi, il n. 1 op. 25 & il n. 12 op. 25, il cui risultato presenta un equilibrio quasi ideale tra il connotato reiterativo e l’emanazione cristallina data dal suono, perché solo dominando la forma, la sua connotazione tecnica, e questo si avverte maggiormente nel secondo, la potenza dell’articolazione riesce a sgranare il miracolo timbrico dato dal sorgere della linea melodica, la quale, però, non può mai sganciarsi compiutamente dal rigore dell’intelaiatura armonica che la sovrintende (pensateci bene, qui si sta intravedendo quello che sarà poi raggiunto da uno Skrjabin al termine di un sentiero iniziato da Scarlatti).
Ma è nel genere del Notturno che Chopin, seguendo il principio rigore formale/libertà poetica, raggiunge i risultati più eclatanti ed entusiasmanti, ed ecco perché Trovato ne esegue qui ben sei, dimostrando sempre una precisa nitidezza nell’esporre i piani sonori, con una scansione metronomica che non strozza mai la dimensione della poesia liquida che li ammanta (il n. 2 op. 9 assume sotto le sue dita una dimensione danzante, un valzer dilatato nel tempo e nello spazio, destinato a continuare a risuonare nel nostro animo), così come il non estremizzare gli slanci che si annidano, come nella linea melodica portante del n. 2 op. 27, in cui Trovato non indugia mai nel sovradimensionarne l’eterea cristallinità. E che dire del Notturno in do minore B. 108, la cui forza d’impatto dev’essere dato da un affluire centellinato della patina malinconica che lo intride? Anche qui, il pianista aretino riesce a dipanarlo sapientemente, grazie a una pulizia totale, in cui i chiaroscuri sono debitamente restituiti da una lucidità interpretativa scevra da sdolcinerie senza senso.
E che Andrea Trovato riesca ad evitare di impantanarsi in pericolose paludi esecutive lo dimostra nella resa della Polacca Heroique op. 53, opera tra le più bistrattate, usate, scimmiottate della storia della musica colta occidentale. Ebbene, se cercate una versione “effettistica” rivolgetevi altrove, perché qui, fortunati noi, alberga solo un sovrano rigore, capace di prosciugare il liquame che molte letture purtroppo fanno affiorare indebitamente dalla partitura. Trovato, invece, restituisce l’indispensabile asciuttezza che la contraddistingue, senza però che il suo pianismo risulti secco, inaridito, poiché dalle pieghe della pagina si creano squarci di nostalgia, di mestizia, senza che diventino un oceano di melassa. E poi la tecnica (ascoltate il modulare cesellato della mano sinistra nella parte centrale del brano) che il nostro pianista espone senza ostentazione, ma solo con commovente esattezza. Una registrazione per palati fini e che intendono finalmente disintossicarsi dagli sforzi inani dei cosiddetti chopiniani d’accatto.
Valter Neri si è occupato della presa del suono, con risultati ottimi. C’era da restituire adeguatamente il timbro esplosivo e delicato dello Steinway D-274 utilizzato da Andrea Trovato, obiettivo centrato, visto che se la dinamica risulta energica, compiutamente veloce e priva di enfasi indesiderate, la microdinamica è in grado di offrire sfumature a dir poco indispensabili, soprattutto alla luce della lettura fatta dal pianista aretino. La ricostruzione del palcoscenico sonoro presenta lo strumento posto a una distanza ravvicinata, ma senza risultare scorretto e innaturale, al centro dei diffusori. Anche l’equilibrio tonale e il dettaglio risultano essere efficaci. Il primo non mostra sbavature nel restituire il registro acuto e quello medio-grave, mentre il secondo è ricco di matericità, merito del tanto nero che scontorna il pianoforte.
Andrea Bedetti
Frédéric Chopin – Reflets de l’âme
Andrea Trovato (pianoforte)
CD Da Vinci Classics C00407
Giudizio artistico 4,5/5
Giudizio tecnico 4/5