La figura e l’opera dell’organista e compositore piemontese Arturo Sacchetti, secondo gli stilemi di una storiografia musicale nostrana deplorevolmente distorta, non sono state ancora affrontate e sceverate per come invece meriterebbero a causa di un annoso vizio di forma e di sostanza che si annida da sempre in coloro che devono esaminare storicamente e biograficamente un dato autore quando quest’ultimo è tuttora vivo e non appartiene così al regno del passato, ma ancora a quello del presente. Come se la nostra storiografia, e non solo quella musicale, soffrisse di una fastidiosa forma di necrofilia intellettuale che le impedisce di prendere in considerazione ciò che non è ancora ultimato e che quindi non ha ancora oltrepassato il confine escatologico delle cose.
Fortunatamente, però, ci sono, come in questo caso, studiosi e appassionati che si fanno un baffo di questa pratica deviata e deviante e decidono di investire il loro interesse nei confronti di personaggi, artisti, musicisti che, pur essendo ancora in attività, hanno già lasciato un segno indelebile del loro passaggio con la loro opera. Proprio come nel caso di Arturo Sacchetti, al quale un altro musicista e raffinato musicologo, Adriano Bassi, ha voluto dedicare una ponderosa e poderosa biografia edita dalla casa editrice ginevrina BAM, intitolata Arturo Sacchetti: la musica è la mia vita, titolo che a buon diritto può accomunare sia l’organista piemontese sia il musicista milanese, in quanto solo chi vive la musica in modo assoluto, globale, come per l’appunto come una seconda vita, può oltrepassare le inani barriere anagrafiche, dando a Cesare ciò che è di Cesare anche prima della sua scomparsa.
E qui, dipanate in oltre seicento pagine (oltre alla presenza di un CD-ROM interattivo), Adriano Bassi dimostra che di cose da dare a Cesare ce ne sono molte, tenendo conto che ci troviamo di fronte a uno dei più grandi organisti del Novecento, il quale non è accontentato di affrontare e divulgare l’opera integrale di sommi come Bach, Buxtehude, Mozart, Telemann, Franck, Widor, Vierne, Messiaen, Liszt, Reger, Bossi, ma si è anche confrontato con la propria contemporaneità, impegnandosi a fondo, in qualità di compositore e interprete, affinché l’organo non fosse concepito e identificato come strumento legato ineluttabilmente al passato, ma al contrario sempre capace di innovare un proprio linguaggio al passo delle attuali necessità dell’arte sonora. A ciò si unisca una a dir poco capacità didattica, instancabile e foriera di consigli, indicazioni, stimoli eruditi, e la passione del ricercatore, di colui che indaga per resuscitare e offrire ai contemporanei tesori sepolti dalla dimenticanza del tempo e degli uomini (ne fa fede la straordinaria e sistematica opera nei confronti del catalogo di Lorenzo Perosi, del quale Sacchetti è il più grande studioso, oltre che insigne interprete).
Quindi, di fronte allo spessore dell’artista, del compositore, dell’interprete, dello studioso, le oltre seicento pagine del libro di Adriano Bassi non sono che il necessario e sindacabile tributo, tributo che non deve incutere timore, in quanto il suo autore, che in fatto di divulgazione musicale ha molto da dire, ha fatto in modo da permetterne una lettura che può essere affrontata a “compartimenti stagni”, nel senso che un lettore curioso potrà affrontare di volta in volta i vari capitoli non in modo sistematico, ma estrapolando singolarmente quelli che lo possono maggiormente intrigare senza che nulla si perda della globalità e della sistematicità dello studio.
Andrea Bedetti
Adriano Bassi – Arturo Sacchetti: la musica è la mia vita
BAM International, 2019, pagg. 624 + CD-ROM interattivo
Giudizio artistico 4/5