Abbiamo rivolto alcune domande alla violinista russa, la quale con il pianista milanese Stefano Ligoratti ha registrato per la Da Vinci Classics l'integrale delle Sonate beethoveniane. Ecco quanto ci ha risposto

La violinista russa Yulia Berinskaya.

Maestro Berinskaya, quali sono state le motivazioni, gli impulsi, i desideri che hanno portato lei e il Maestro Ligoratti a progettare e a a registrare l'integrale delle Sonate per violino e pianoforte di Ludwig an Beethoven? E poi, sulla base di ciò, che cosa significa esplorare composizioni che vantano già una discografia più che cospicua, con letture che hanno fatto la storia della loro interpretazione.

Grazie per questa domanda che presenta dei concetti importanti, necessari, in quanto in una decisione del genere ci dev'essere sempre quell'“impulso”, ossia quella parte dell'artista, anche incosciente, che si innamora di una musica, di un progetto e vede in questo una propria evoluzione, un'alta vetta per misurarsi in ogni senso professionale ed artistico. Il desiderio di “esplorare” una partitura eccelsa, nella quale generazioni di grandi interpreti hanno già lasciato il segno nella storia discografica, personalmente per me ha rappresentato la possibilità di fare, come amo definirla, una “ricerca del Nuovo”. Ovvero una sfida per trovare una chiave di lettura strumentale e filosofica diversa, autentica, ben riconoscibile all'orecchio. Con una dose di coraggio, ricerca, grande studio e tempo dedicati - altrimenti non avrebbe avuto senso affrontare una simile registrazione.

Stefano Ligoratti con Yulia Berinskaya all'inizio della loro collaborazione professionale.

Questa registrazione integrale non rappresenta la prima collaborazione tra lei e il pianista milanese, ma era già consolidata, sia a livello discografico, sia a quello concertistico. Quali sono gli ingredienti interpretativi e umani che presiedono e che si rendono necessari per instaurare un fecondo rapporto collaborativo in ambito cameristico? E detto in soldoni, che cosa l'ha spinta a privilegiare la collaborazione con il Maestro Ligoratti, sia nella sfera musicale che in quella umana?

Dunque, in verità potrei parafrasare un concetto espresso da Pedro Almodóvar, ossia «Ho sempre confidato nella bontà degli sconosciuti». Ligoratti mi fu presentato come prodigio milanese e se devo essere sincera la cosa non mi colpì particolarmente, in quanto non è la qualità che personalmente prediligo in un musicista. Ma poi ho scoperto in questo giovane pianista un grande studioso della musica, un musicista a 360 gradi pluridiplomato in diversi settori dell'arte musicale. Ora, proprio quest'ultima qualità di apertura mentale, multidisciplinare, di un artista sempre in evoluzione che ascolta e osserva per arricchire il proprio orizzonte credo ha fatto sì che ci potesse accomunare. Nonostante la differenza di età è stato ciò a creare quel forte collante che ci ha permesso di affrontare diverse sfide concertistiche e discografiche.

Ancora Yulia Berinskaya con il suo inseparabile Giovanni Battista Guadagnini del 1745.

Quali sono i panorami musicali che intende affrontare prossimamente in ambito cameristico? Dopo quella di Beethoven, sono all'orizzonte nuove integrali, magari sempre nell'ottica dell'Ottocento tedesco e austriaco?

È appena uscito il CD Inventio per l'etichetta Brilliant Classics con un programma assai particolare, visto che sono presenti le Invenzioni di Bach e il trio di Taneev, il tutto con un complesso cameristico ancora più inusuale, ossia un trio d'archi formato da due violini e viola. In serbo c'è anche una prossima, ambitissima integrale nel repertorio di violino e pianoforte, ma per scaramanzia per ora non vorrei rivelarla. Mi auguro solo di avere abbastanza forza e fantasia per realizzare ciò, visto che rappresenta l'apice della carriera di un'artista violinista. Di più non posso dire.

Andrea Bedetti