La giovane artista moldava, della quale MusicVoice ha recensito il suo recentissimo disco Extended Soundmaps Realities, ci parla in questa intervista del suo lavoro, incentrato soprattutto sulla musica contemporanea, e del suo ruolo di didatta che svolge presso il Centro Superior Katarina Gurska a Madrid
Maestro Valeria Zorina, lei è una violinista moldava che da tempo vive e opera in Occidente, tra l’altro è docente nelle master class presso il Centro Superior Katarina Gurska a Madrid. Inoltre, ha studiato con violinisti d’eccezione, come Sir Yehudi Menuhin, oltre che confrontarsi con ensemble cameristici di assoluto valore, quali l’Alban Berg Quartett e il Tokyo String Quartet. Al di là degli aspetti tecnici ed espressivi, che cosa ha potuto apprendere dalla loro lezione?
Prima di tutto vorrei esprimere la mia profonda gratitudine a molte personalità artistiche significative che mi hanno accompagnato durante il mio primo percorso violinistico e alla mia famiglia che mi ha sostenuto in diversi modi. Credo che la nostra missione, attraverso la musica e con la musica, sia parte di una complessa partecipazione a favore di un progetto che si chiama umanità. Con la nostra crescita e attraverso il nostro sviluppo come musicisti ed esseri umani, più andiamo avanti, più ci rendiamo conto che il nostro contributo è necessario e ineludibile per costruire e rinforzare le nostre anime e le nostre visioni. E questo in tutti gli aspetti della vita.
La sua produzione discografica vede coinvolti, oltre l’ultimo disco Extended Soundmaps Realities (del quale abbiamo già scritto su MusicVoice) autori come Giovanni Battista Cirri, Reinhold Glière, Johan Halvorsen, Zoltán Kodály, Ondrej Kukal, Maurice Ravel, Erwin Schulhoff e Tim Ströble. Quindi, autori che spaziano dal Barocco fino all’attuale contemporaneità. Come si possono conciliare questi compositori in una prospettiva, qualora ci sia, unitaria?
Se guardo indietro al mio sentiero come interprete, anche per ciò che riguarda le mie registrazioni discografiche, con podcast radiofonici, dischi, registrazioni dal vivo, c’è un aspetto curioso che osservo. Ho iniziato come solista, poi sono stata profondamente attratta dal cosmo del quartetto per archi, sentendomi e vivendo come uno strumento musicale a sedici corde, sommando quelle dei due violini, della viola e del violoncello (!); questo sentiero mi ha portato a cercare sonorità e repertori che ho progressivamente scoperto e che mi hanno spinta ad approfondire opere cameristiche nelle quali erano però utilizzate “solo” otto corde (ossia il violino e il violoncello). Da qui, concentrandomi ancor di più, focalizzandomi maggiormente sulle quattro corde del mio violino, mi sono resa conto dell’immensa varietà che potevo trovare all’interno dei miei mondi sonori. Infinite profondità di virtuosismi e atmosfere di scordatura, ed ecco perché ho voluto registrare un album come Extended Soundmaps Realities, che mi hanno portato a guardare in questa direzione, ossia un ritorno alle quattro corde e, allo stesso tempo, continuando a percorrere un sentiero per scoprire ciò che vi è oltre le mie possibilità e la mia immaginazione. Una sensazione davvero meravigliosa! Un processo estremamente impegnativo e piacevole.
È indubbio, però, che lei sia particolarmente attratta da come gli autori attuali usino ed esplorino il violino. Che cosa l’affascina maggiormente della musica odierna?
Non nego che, appena mi è possibile, vedo sempre di includere brani che appartengono alla tradizione musicale contemporanea nella mia programmazione, anche perché molti compositori attuali mi dedicano le loro opere. Mi sento immensamente orgogliosa e grata per questo. La musica contemporanea è una grande dimostrazione del linguaggio e della mentalità attuali ed eseguendola siamo in grado di capire e sentire ancora di più la musica che è stata scritta nel passato. Mi aiuta davvero a farlo. Per un interprete è come se si trovasse sopra la mappa del tempo, in modo da poterla osservare meglio, con più dettagli e particolari. In questo modo, come artisti ed esseri umani, ci rendiamo maggiormente conto di quegli avvenimenti e di quei processi che ci circondano e che ci attraversano.
Da interprete a didatta. Che cosa significa per un’artista come lei esprimere ed insegnare allo stesso tempo? Dove finisce l’interprete e dove, invece, inizia l’insegnante?
C’è un punto interessante che vorrei individuare in questa fase della mia carriera, in cui sono presenti sia una vocazione, sia una missione, anche se in realtà sono due aspetti molto diversi. La professione è ciò che scegli e che dovresti fare con l’obiettivo di farlo davvero bene, in modo da poter mostrare la propria professionalità, i propri talenti. Invece, la missione è ciò che senti come il tuo scopo primario. Ed è ciò che ispira me stessa e chi, come me, cerca di esprimere qualcosa con il mondo dei suoni e che esula dalla semplice professionalità e che deve andare oltre ai propri talenti.
La pubblicazione di Extended Soundmaps Realities è recentissima. Ma ha già pensato alla sua prossima avventura discografica?
Sì, ci sto già lavorando, ma non posso dire di più, perché sarà una grossa sorpresa!
Andrea Bedetti