Si resta attoniti, commossi, quando ci si rende conto che alcuni dei capolavori che Johann Sebastian Bach compose per i suoi adorati strumenti a tastiera li considerava dei semplici Übungen, ossia degli “esercizi”, diversi dei quali furono poi usati dai suoi figli e dai suoi allievi per fare pratica sul clavicembalo e sull’organo. Tanto per intenderci, il sommo Kantor fece tra l’altro rientrare in questi “esercizi” gemme quali le Sei Partite per clavicembalo BWV 825-830, il Concerto Italiano BWV 971, diversi Preludi Corali e, soprattutto, le splendide Variazioni Goldberg, ossia veri e propri pilastri portanti dell’arte musicale occidentale, pagine ineludibili che seppe trasformare in ponti agganciati al futuro, i quali permisero ai compositori che vennero dopo di lui prendere spunto dal sistema tonale teorizzato e messo in pratica dal genio di Eisenach, portandolo a livelli di sublime bellezza. Va da sé che queste pagine rappresentano un bastione fondamentale per quegli interpreti che si accostano alla musica bachiana, con lo scopo non solo di eseguirle, nella speranza di intravedere e carpire, nella loro lettura, quell’insondabile mistero che risiede in esse, un mistero intriso di incommensurabile perfezione formale, cattedrali gotiche che con le loro mirabili strutture architettoniche si innalzano verso il cielo, perché ascoltare Bach significa anche volgere gli occhi in alto, per contemplare quell’infinito che coincide con la sua musica. Il pianista tedesco Burkard Schleissmann (che di recente ci ha rilasciato un’intervista) ha dedicato alle composizioni del Kantor due dischi, il primo proprio alle Goldberg Variationen e il secondo che vede la Partita n. 2 in do minore, il Concerto Italiano, la Fantasia e Fuga in la minore, la Fantasia, Adagio e Fuga in do minore e la Fantasia Cromatica e Fuga in re minore.
Un duplice sforzo interpretivo attraverso il quale il pianista bavarese ha voluto delineare il suo approccio bachiano, anche attraverso una serie di speculazioni teoriche esposte diffusamente nei libretti di accompagnamento ai dischi. Per quanto riguarda la sua lettura è indubbio che, pur prendendo spunto da quelli che sono stati i moderni punti di partenza dell’universo bachiano, ossia Rosalyn Tureck e Glenn Gould, Burkard Schliessmann ha voluto proporre una lettura personale del tutto disincantata e oltremodo “razionale”, evitando il facile richiamo delle sirene pseudodoromantiche di un certo pianismo, e puntando il dito, invece, sulla materia sonora in quanto tale, cercando di dare atto a un’esecuzione nella quale tale materia fosse sempre rapportata a una determinata proporzione stilistica, ossia di esaltare la forma perché attraverso di essa si può giungere a scorgere, a materializzare quel mistero di cui si è accennato prima. Così, sia il disco dedicato alle Variazioni Goldberg, sia quello alle altre composizioni bachiane, presentano un pianismo che non dimentica mai “razionalmente” la loro origine clavicembalistica (o, meglio ancora, clavicordista), poiché nel rispetto delle forme, delle proporzioni, della logica compositiva non solo si può trovare Dio, come ripeteva spesso Bach, ma anche la magia della musica del Kantor.
In entrambe le registrazioni la presa del suono è stata a dir poco ottimale, con la possibilità di godere pienamente la meraviglia della timbrica dello Steinway D-274, la cui cristallinità sembra richiamare fuggevolmente il suono di quei clavicembali e clavicordi sui quali si applicò Bach.
Andrea Bedetti
Giudizio artistico: 4/5
Giudizio tecnico: 5/5
Johann Sebastian Bach – “Goldberg Variations”
Burkard Schliessmann (pianoforte)
2 SACD Bayer Records BR 100 326
Giudizio artistico: 5/5
Giudizio tecnico: 5/5
Johann Sebastian Bach – “Italian Concerto – Partita No. 2 – Fantasias and Fugues”
Burkard Schliessmann (pianoforte)
SACD divine art ddc 25751