La sera del 15 settembre 1945 a Mittersill, nei pressi di Salisburgo, un uomo uscì dalla propria casa per finire di fumare un sigaro che gli era stato regalato. Si appoggiò allo stipite della porta d’ingresso della villetta, ma la brace del sigaro mise in allarme un soldato americano che si trovava nei pressi dell’abitazione. Il militare, senza nemmeno mettere sull’avviso quell’uomo, prese la mira e sparò tre colpi in rapida successione: l’uomo, colpito in pieno petto, fece appena in tempo a rientrare in casa e ad accasciarsi sul pavimento. Da lì a pochi minuti, morì tra le braccia della moglie. Quell’uomo era Anton Webern, uno dei più grandi compositori della storia e padre riconosciuto della musica contemporanea, di quella Neue Musik il cui sentiero iniziale ha dato vita agli ultimi approdi del mondo dei suoni.
Questa morte a dir poco assurda è al centro, come se si trattasse di uno di quei cold case di cui si occupano film e serie polizieschi, di un appassionante libro scritto dal musicologo e storico della musica Dario Oliveri intitolato emblematicamente Il caso Webern. Ricostruzione di un delitto, pubblicato dalle Edizioni Curci. Dario Oliveri, insieme con il critico Piero Violante, è stato a metà anni Novanta lo sceneggiatore di un breve documentario del regista Roberto Andò dedicato proprio a Webern e alla sua morte, Per Webern 1883-1945: vivere è difendere una forma, il cui video può essere facilmente scaricato da YouTube. Partendo da quella sceneggiatura, Oliveri ha poi allargato il tiro e ha dato alle stampe questo libro che, e questo è il mio suggerimento, dovrebbe essere letto dopo aver visto il documentario di Andò. Questo perché le atmosfere rarefatte, essenziali, asciutte del documentario rappresentano un ideale passaggio all’altrettanta scarna, essenziale scrittura che Dario Oliveri utilizza nel suo saggio, come se si trattasse di una relazione autoptica diluita e resa in forma letteraria.
La suprema essenzialità, nella quale si cela il tutto, governa tutta la musica weberniana e trovo che la scelta stilistica sia nel documentario di Andò, sia nel saggio-inchiesta di Oliveri risulti a dir poco ideale per cercare di fornire, se non proprio delle risposte, almeno delle ipotesi, delle tesi che possano quantomeno allentare la morsa di un silenzio altrettanto assurdo nel quale è stato confinato per più di mezzo secolo questo vero e proprio cold case. Attraverso una serie di testimonianze, di un’indagine condotta sul campo, utilizzando testi e lettere dell’epoca, Oliveri ricostruisce efficacemente le linee portanti della vicenda, i tanti punti oscuri, le diverse domande che sono rimaste senza una risposta. Conosciamo il nome del soldato americano che sparò, Raymond Bell, il quale non subì mai nessun processo per omicidio, visto che l’intera faccenda fu subito messa a tacere dalle autorità statunitensi, sebbene Anton Webern fosse uno dei più eminenti musicisti dell’epoca, la cui fama finalmente stava cominciando a varcare i confini dei pochi gruppi di musicisti e appassionati che da anni seguivano con passione e ammirazione il sentiero artistico intrapreso dall’allievo di Schönberg.
Non è il caso che sveli altro, in modo da permettere al lettore di addentrarsi nell’incalzante indagine compiuta dall’autore, affinché sia lui stesso a conoscere, pagina dopo pagina, gli sviluppi di questa ricerca, il cui punto di inizio, a livello di un possibile colpevole, sebbene involontario, parte dal genero di Webern, Benno Mattel, marito della figlia Christine, un ex-milite delle SS austriache, ridotto a praticare il mercato nero e il traffico di valuta una volta finita la guerra. Personaggio meschino, squallido, al quale il cuoco Bell e il sergente maggiore Andrew Murray, quella sera del 15 settembre 1945, decisero di dare una lezione e di arrestarlo, e il cui risultato finale fu la tragedia della morte assurda di Webern. Quest’ultimo, dopo essere sfollato da Vienna con la moglie Wilhelmine Mörtel e aver raggiunto le figlie a Mittersill, viveva in assoluta povertà, dedito solo allo studio e alla composizione, un uomo che pesava meno di cinquanta chili e che dimostrava più dei suoi sessantadue anni.
Ma Oliveri non si è limitato solo a svolgere un’indagine su questo cold case, su questo brutale omicidio che la giustizia ha gettato nel dimenticatoio della storia, ma ha voluto, in un certo senso, aggiornare lo stato dell’arte dell’universo weberniano; per questo, ha voluto dedicare una parte del suo libro prima di tutto al racconto della nascita della fortuna weberniana, su come divenne il “sacerdote della nuova musica”, dando così vita a una sorta di culto da parte delle nuove generazioni e alla Scuola di Darmstadt; inoltre, gli ultimi capitoli sono dedicati all’albero genealogico della famiglia Webern, alla cronologia della vita del compositore e al catalogo delle opere, senza dimenticare un’utilissima nota discografica e una bibliografica, entrambe aggiornate alle ultime acquisizioni.
Andrea Bedetti
Dario Oliveri – Il caso Webern. Ricostruzione di un delitto
Edizioni Curci, 2021, pagg. 208
Giudizio artistico 4/5