A cinquecento anni dalla sua morte, il compositore franco-fiammingo attende ancora una piena consacrazione della sua grandezza, soprattutto nel nostro Paese. Ne abbiamo parlato con Walter Testolin, fondatore e direttore dell’ensemble De labyrintho che da poco ha pubblicato un disco con alcuni mottetti del musicista

Walter Testolin, fondatore e direttore dell'ensemble di musica antica De labyrintho.

Maestro Testolin, com’è nato il progetto che ha portato alla nascita dell’ensemble De labyrintho? E in una realtà come quella che stiamo vivendo, quali sono i maggiori problemi che un gruppo di musica antica deve affrontare nel nostro Paese?

De labyrintho nacque vent’anni fa con la volontà di mettere insieme un gruppo formato da cantanti specializzati nel repertorio vocale a cappella che mirasse a dare una lettura della musica rinascimentale che non si esaurisse nel dar suono al segno grafico di cui potevamo disporre, in trascrizioni o in fonti antiche, ma che andasse oltre, cercando di collocare l’arte musicale all’interno dell’ambiente artistico, spirituale e filosofico che la circondava. Un rapporto profondo, quasi radicale, con il testo cantato era l’altro elemento cardine della nostra idea. Insomma, la musica intesa come risultato quintessenziale di suono, parola, pensiero e simbolo. Nella realtà attuale, i problemi sono gli stessi di trent’anni fa, probabilmente dovuti a un certo pregiudizio da parte di molti organizzatori di concerti e Stagioni musicali. Quello che sembra essere cambiato invece è il pubblico, decisamente più conscio di ciò che viene ad ascoltare.

La vostra attitudine e il vostro amore per la musica antica vi ha portato a specializzarvi nell’opera di Josquin Desprez, di cui lei, Maestro, è anche attento e sensibile esegeta e studioso. Perché proprio questo compositore franco- fiammingo? E, in secondo luogo, allo stato attuale, in Italia la musica di Desprez gode di buona salute?

De labyrintho è nato fondamentalmente per cantare Josquin. C’è qualcosa nella musica straordinaria di questo compositore, una componente fortemente umana ma d’altrettanta forza spirituale, che lo rende assolutamente particolare. E la sua musica è di una bellezza che quasi disorienta. Credo che in quest’anno in cui si sono ricordati i cinquecento anni della morte, Josquin sia stato finalmente e giustamente celebrato, con tanti dischi, concerti, studi e pubblicazioni. Mi sono reso conto di quanto il suo nome sia ancora, anzi, sarebbe meglio dire sia finalmente conosciuto, nonostante le gravi carenze della cultura europea riguardo la musica del Rinascimento. Il 2021 contribuirà senz’altro a espanderne la conoscenza. Ma un gigante della sua caratura meriterebbe ben altro rilievo. Ancora quarant’anni dopo la morte era paragonato il Michelangelo della musica: ecco pensiamo se oggi conoscessimo solo vagamente Michelangelo o Leonardo…

Il grande compositore franco-fiammingo Josquin Desprez, di cui ricorre quest'anno il cinquecentesimo anno della sua morte.

Inversamente alla domanda precedente, quali sono secondo lei invece quegli autori, che operarono all’epoca di Desprez, la cui opera attende ancora un debito e giusto riconoscimento che finora non è stato attribuito?

Esattamente come in vita era considerato, soprattutto in Italia, il musicista di riferimento, allo stesso modo quando in Europa dalla fine del XIX secolo nacque il movimento di riscoperta del repertorio antico, e soprattutto con l’ingresso di tale repertorio nella programmazione concertistica, la musica di Josquin fu tra quelle ad avere la maggior diffusione, complice il fatto che ben due edizioni dei suoi Opera omnia vennero intraprese, la prima dal 1929 a cura di Albert Smijers, la seconda dalla metà degli anni Settanta su iniziativa e a cura di Willem Elders. Altri compositori coevi hanno avuto sorte simile, seppur con minor successo, e intendo musicisti del calibro di Compère, Isaac, De La Rue, Obrecht, Brumel o un gigante assoluto come Ockeghem. Ma di moltissimi compositori, anche di livello eccelso, si conosce pochissimo se non nulla, cito Jean Mouton, Johannes Ghiselin, Antoine Busnois, Alexander Agricola, Johannes Regis, Marbriano de Orto, Gaspar van Weerbecke, Johannes Martini, Bertrand Vaqueras, solo per fare alcuni nomi. Musicisti che meritano senz’altro maggior fortuna.

Quali sono stati i maggiori problemi, di natura esegetica e tecnica, che si sono posti quando avete deciso di incidere il disco con i mottetti di Desprez? Mi ha incuriosito la scelta del luogo dove effettuare la registrazione, ossia la Chiesa di Santa Maria e San Zenone a Zugliano. Perché questa scelta? Per questioni di aura interpretativa o per questioni meramente acustiche e di resa del suono?

In principio è uno dei primi progetti dedicati a Josquin che ho pensato per De labyrintho ancora nel 2001, senza mai, per vari motivi, poterlo realizzare. Mi attraeva l’idea di costruire una storia attraverso i suoi mottetti, in questo caso una cronologia della nascita di Cristo. In particolare ero attratto dalla sfida, davvero ciclopica, di inserire nello stesso programma le due lunghissime genealogie tratte dai vangeli di Matteo e Luca, che elencano due serie davvero vertiginose di nomi e che nelle liturgie dell’epoca aprivano e chiudevano le festività natalizie, la notte di Natale e la mattina dell’Epifania: volevo, allo stesso modo, porle agli estremi del programma. Un’impresa, quella che abbiamo portato a compimento, certo non paragonabile a quella che compì da Josquin costruendo una simile architettura musicale e creando un suono di tale sorprendente bellezza da un materiale testuale così povero, ma comunque davvero complessa. La chiesa di Zugliano è per me, come si usa dire, un luogo del cuore. La chiesa del paese dove sono nato, dove ho vissuto per trentacinque anni e dove ho cominciato da tardo adolescente a dirigere un coro. Chiesa che ha un suono particolare, che esalta talune frequenze e che riesce a reggere bene anche volumi di suono importanti, mantenendo quella trasparenza che cerco nel suono vocale. In principio è il quarto disco che registriamo lì.

Walter Testolin con i componenti dell'ensemble De labyrintho.

Oltre al CD In principio, come ensemble avete alle spalle già una consolidata discografia. Avete già deciso le vostre prossime registrazioni? Continueranno a proporre opere di Desprez o punterete la vostra attenzione su un altro autore rinascimentale? E quali saranno i vostri prossimi impegni a livello concertistico?

Il prossimo disco sarà ancora dedicato a Josquin, e avrà come cardine la grande messa L’homme arme Super voce musicales, composta durante la permanenza romana del musicista. Altra registrazione che stiamo per affrontare riguarda un autore italiano della metà del Cinquecento, tra coloro appunto che meritano di essere più conosciuti, e verterà sulle stupende Lamentationes Hieremiae prophetae di Fabrizio Dentice, che in qualche modo anticipano la scrittura cromatica di Carlo Gesualdo e che realizzeremo in concorso con la Fondazione Pietà dei Turchini di Napoli. Poi Palestrina, mi auguro presto Ockeghem, e Victoria del quale stiamo eseguendo l’Officium Hebdomadae di anno in anno presso la cattedrale di Lugano. Poi vorrei dedicarmi a un altro musicista scoprire, Marbriano de Orto.

Andrea Bedetti