Nel panorama variegato della musica a cavallo tra la fine del Rinascimento e la nascita del Barocco, sono molti quei compositori che, pur avendo avuto un ruolo a dir poco determinante in quell’epoca, oggi risultano invece del tutto dimenticati o messi ai margini della storia. Tra questi vi è sicuramente il milanese Ottavio Bariolla, nato probabilmente a metà del XVI secolo e morto dopo il 1619, uno dei maggiori organisti del suo tempo, che ricoprì l’incarico di organista al Duomo (dal 1570 al 1576), poi nella Chiesa di Santa Maria presso San Celso e, infine, nella Chiesa di San Marco, sempre a Milano. Le pochissime informazioni che abbiamo di lui (tanto per far capire come oggi Bariolla sia stato praticamente dimenticato, basterà ricordare che il DEUMM gli dedica una voce di appena sette righe) provengono dai contemporanei o da studiosi e colleghi del secolo successivo, come nel caso dell’abate Filippo Piccinelli, che nella sua opera L’Ateneo dei Letterati Milanesi, pubblicato a Milano nel 1670, fornisce un breve resoconto della vita del nostro organista e compositore (in un passaggio del libro l’abate scrive testualmente: «Ottavio Bariolla rappresentava l’assoluta perfezione musicale. Gli organi della [chiesa di] Madonna di San Celso sono onorati di essere passati per le mani di un così eccellente esecutore. I suoi ascoltatori si rallegravano mentre premeva i tasti e il modo originale in cui si muoveva su e giù per la tastiera forniva un’imitazione terrena dell’armonia del cielo».
Quasi sessant’anni dopo, il grande organista tedesco Johann Gottfried Walther nel suo fondamentale Musikalisches Lexicon (opera che può essere annoverata come il primo dizionario di musica nel senso moderno del termine) descrisse Bariolla con termini altrettanto ammirati: «Un eccellente compositore e organista a Milano, presso la chiesa della Madonna di San Celso, che stampò Ricercate per suonar d’Organo qui nel 1585, e nel 1594 stampò Capricci o Canzoni a 4, in 3 volumi», il che dimostra, come già accennato, come il ricordo del compositore e organista milanese fosse ancora vivo a quell’epoca, anche oltre le Alpi.
Facendo un passo indietro, bisogna annoverare anche la testimonianza dell’organista e organaro Costanzo Antegnati, figlio del leggendario Graziadio Antegnati che costruì l’organo per la Basilica di Santa Barbara a Mantova, il quale nella sua Arte Organica afferma che Ottavio Bariolla era ancora in vita nel 1608, annoverandolo tra quei diversi “illustri ed eccellentissimi compositori” che lo ispirarono a scrivere il suo trattato. È solo a partire dal 1619 che non si hanno più notizie di prima mano ed è quindi da ipotizzare che a partire da quell’anno il compositore e organista milanese possa essere morto.
L’importanza di Bariolla nella storia della musica, soprattutto nel passaggio tra Rinascimento e Barocco, è data dal fatto che in un’epoca in cui il genere del Ricercare il nostro musicista è stato uno dei primi compositori ad andare oltre lo svolgimento monotematico, proponendo invece un lessico capace di utilizzare più temi, plasmandoli ed equilibrandoli attraverso un sapiente uso della struttura melodica. Una capacità esplorativa che permise ai successori del repertorio organistico, come nel caso del lucano Giovanni Maria Trabaci, al vertice della scuola napoletana del tempo e, soprattutto, di quel gigante che è stato Girolamo Frescobaldi di sviluppare ulteriormente le capacità espressive dello strumento. Ascoltando, quindi, i Ricercari organistici di Bariolla, non si può fare a meno di notare come molti siano contrassegnati da un’interessante originalità che va a toccare non solo la ricchezza dei temi e del loro svolgimento all’interno dell’economia strutturale, ma anche la stessa trama generale, la cui densità sorprende per complessità e brillantezza.
Bene ha fatto, dunque, l’organista veronese Silva Manfrè a registrare per l’etichetta discografica Brilliant i dodici Ricercate per sonar d’Organo avvalendosi proprio del prezioso apporto dell’organo Antegnati che si trova nella Basilica di Santa Barbara a Mantova. Questa raccolta fu pubblicata a Milano nel 1585 e anche se l’originale è andato perduto, esiste ancora un’unica copia contenuta in un’intavolatura d’organo tedesca conservata attualmente presso la Biblioteca Nazionale di Torino (per l’esattezza nel Fondo Giordano 8). Questa intavolatura, databile tra il 1637 e il 1640, fu redatta da copisti che lavoravano nella Germania meridionale e rappresenta la più straordinaria fonte di manoscritti di musica per tastiera, tenuto conto che vanta qualcosa come 1770 composizioni.
La raccolta di Bariolla è un concentrato di bellezza musicale, in cui la dimensione estetica si stempera in una ricchezza timbrica che ha pochi eguali nella seconda metà del Cinquecento; necessita di quella che può essere definita una “razionale passione”, ossia la capacità di rendere idealmente le sue superbe geometrie armoniche con un impeto pienamente controllato, immanente. Cosa che Silva Manfrè riesce a fare benissimo, esprimendo sia una dolcezza tenue, altamente sfumata (come accade nei Ricercari secondo, sesto, ottavo), il cui controllo espressivo è a dir poco affascinante, sia un volume esaltante in quei Ricercari la cui potenza sonora aveva il chiaro compito di coinvolgere emotivamente l’assemblea dei fedeli (Ricercari primo, decimo, duodecimo). Ma il meglio, a mio avviso, Ottavio Bariolla e Silva Manfrè lo riservano in quei brani in cui l’equilibrio del tessuto melodico viene alimentato da un alto senso ritmico, capace di sviluppare adeguatamente i raffinati temi inseriti (Ricercari terzo, quarto, quinto, settimo) e la scelta di eseguire questi brani proprio sull’organo Antegnati, oltre che storicamente corretta, è anche azzeccata da un punto di vista del risultato sonoro. Una registrazione, questa, che farà felici tutti coloro che amano la musica organistica e, in special modo, quella del tardo Rinascimento.
La presa del suono fatta da Fabio Framba ha il merito di restituire assai bene il timbro caldo, suadente e potente del meraviglioso organo di Graziadio Antegnati; ciò è ottenuto mediante una dinamica ottimamente corposa, veloce e naturale, con lo strumento che viene ricostruito fisicamente in profondità al centro dei diffusori e senza la presenza quantomeno fastidiosa di un riverbero esagerato e prolungato. Ciò permette di avere un equilibrio tonale in cui il registro acuto e quello medio-grave sono sempre perfettamente riconoscibili senza indebite sbavature. Infine, il dettaglio è piacevolmente materico, con una più che buona messa a fuoco dell’organo.
Andrea Bedetti
Ottavio Bariolla – Ricercate for Organ
Silva Manfrè (organo)
CD Brilliant Classics 96376
Giudizio artistico 4,5/5
Giudizio tecnico 4/5